L’Australia si prepara a mettere in atto una proposta ambiziosa, destinata a modificare le norme relative all’accesso dei giovani alle piattaforme di social media, vietandole ai minori di 16 anni.


Sotto la guida del primo ministro laburista Anthony Albanese, il governo intende innalzare l’età minima per aprire un account sui social da 13 a 16 anni, seguendo un’iniziativa simile già avanzata in Francia.

Attualmente, le principali piattaforme social richiedono un’età minima di 13 anni per la registrazione, ma i meccanismi di accesso sono spesso vulnerabili e facilmente eludibili, specialmente per i nativi digitali. In questo contesto, numerosi esperti in psicologia hanno sottolineato l’urgenza di una regolamentazione più severa dei social media, evidenziando i potenziali danni derivanti dall’uso eccessivo di queste piattaforme.

L’Australia vieta i social ai minori di 16 anni?

Albanese ha chiarito che non è stata ancora definita un’età specifica al di sotto della quale l’uso dei social sarebbe vietato, sebbene l’obiettivo sia quello di proteggere i minori di 16 anni. Anche il leader dell’opposizione conservatrice, Peter Dutton, ha espresso il proprio sostegno a questo progetto di legge, dimostrando una certa unanimità politica su un tema così delicato.

Tuttavia, non mancano le voci critiche. Daniel Angus, docente alla Queensland University of Technology, ha definito l’iniziativa del governo come “precipitoso e miope“, sottolineando che la proposta anticipa i risultati di un’indagine parlamentare sugli effetti dei social media nella società australiana. Secondo Angus, la legge potrebbe avere conseguenze indesiderate, escludendo i giovani da un coinvolgimento sano e attivo nel panorama digitale.

Un altro esperto, Toby Murray, docente di informatica presso l’Università di Melbourne, ha espresso scetticismo riguardo all’applicabilità di un limite d’età. “Il governo sta testando una tecnologia per verificare l’età degli utenti, ma i metodi disponibili si rivelano inaffidabili e facilmente aggirabili, oltre a porre rischi per la privacy”, ha avvertito Murray.

Il dibattito è acceso, con il quotidiano The Age che ha commentato l’iniziativa, definendola lodevole ma con difficoltà di realizzazione che appaiono quasi insormontabili. La questione rimane aperta, e l’Australia si trova di fronte a un compito arduo: bilanciare la protezione dei giovani con il diritto di partecipazione attiva nel mondo digitale.