terremoto ischiaTerremoto Ischia, Italia paese fragile dove l’unica certezza è l’urgenza della messa in sicurezza dei territori. Legambiente si unisce al dolore della comunità ischitana e ai familiari delle vittime.


“Il nostro primo pensiero è rivolto ai familiari delle vittime e alla comunità ischitana. In queste ore di dolore, seppure di fronte a una calamità naturale, la Campania “riscopre” di essere una tra le regioni più a rischio, dove la manutenzione ordinaria e la messa in sicurezza del territorio rispetto ai rischi sismico, vulcanico e idrogeologico sono la “grande opera pubblica” necessaria e più urgente di tutte. Una grande opera pubblica incompatibile con qualsiasi forma di sanatoria edilizia mascherata. Ad Ischia sono circa 600 le case abusive colpite da ordine definitivo di abbattimento e 27 mila le pratiche di condono presentate in occasione delle tre leggi nazionali sulle sanatorie edilizie.”

 

La presidente di Legambiente Rossella Muroni e il presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo si uniscono al dolore della popolazione ischitana e ribadiscono come la drammaticità dell’evento ci ricorda, ancora una volta, che l’Italia è un Paese fragile e a rischio sismico dove investire nella riqualificazione degli edifici per renderli sicuri non è più rimandabile.

 

Ischia è da sempre simbolo di abusivismo edilizio, di cementificazione disordinata e di impunità. Davanti a questa ennesima tragedia speriamo che chi in queste settimane sta cavalcando il tema dell’abusivismo di necessità, per ricercare consenso elettorale, si fermi.

 

In Campania, una legge regionale battezza di fatto l’abusivismo di Stato; in Sicilia il Sindaco di Licata viene defenestrato perché combatte il cemento illegale; in Sardegna la legge in discussione cerca di riaprire la cementificazione lungo le coste; nelle Marche la giunta regionale approva in tutta fretta una legge per snellire le procedure della ricostruzione passando sopra a regole e piani. Non è così che si guida un Paese e si fanno gli interessi dei cittadini. In un paese civile e democratico l’illegalità si combatte e non può essere autorizzata o giustificata dalla politica.

 

La risposta deve essere netta e chiara e passa attraverso l’esigenza di un cambiamento del ciclo edilizio, che partendo da un piano straordinario di abbattimenti convinca governo nazionale e regionale a porre l’attenzione concreta sulla rigenerazione dei tessuti urbani, sulla riqualificazione energetica e anti sismica del patrimonio edilizio esistente.

 

L’Italia è un paese fragile deturpato da cemento speculativo e illegale, i cui numeri sono eloquenti: nel 2016 gli abusi sono stati circa 17 mila. In dieci anni in Campania sono state realizzate circa 60mila case abusive. E non parliamo di abusi di necessità, un fenomeno terminato alla metà degli anni novanta, ma di soggetti organizzati che hanno tirato su interi quartieri, in aree dove controllano tutto. Così negli anni abbiamo consumato il 66% delle coste calabresi, oltre il 50% di quelle campane e siciliane. E se il cemento illegale avanza velocemente le demolizioni di immobili abusivi procedono con lentezza: in Italia, dal 2001 al 2011, solo il 10,6% degli immobili è effettivamente andato giù. Una percentuale che precipita al 4% nella provincia di Napoli e rasenta lo zero a Reggio Calabria e Palermo.