comuni_ricicloniL’impossibilità di realizzare impianti di termovalorizzazione «rimane un vero e proprio limite» all’economia circolare della carta.  Anche se sovente ignorato, esiste un ben preciso ordine di priorità (cascading principle) per la gestione dei rifiuti che – in seguito alle operazioni necessarie e possibile per la loro riduzione, praticabili però come ovvio solo prima che il rifiuto diventi tale – indica di praticare in primo luogo il riuso, poi il recupero di materia (riciclo) e infine quello di energia (come nel caso della termovalorizzazione).


 

A ricordare le cosiddette “4R” del ciclo dei rifiuti alla commissione Ambiente del Senato è stata ieri la Federazione della filiera della carta e della grafica – che rappresenta i comparti industriali di Assografici, Assocarta e Acimga –, convocata in audizione proprio nell’ambito dell’esame della comunicazione della commissione al Parlamento europeo, dedicata in particolare al ruolo della termovalorizzazione nell’economia circolare.

 

Filiera e Confindustria (anch’essa convocata) condividono e supportano obiettivi e finalità delle proposte presentate dalla Commissione sull’economia circolare, com’è emerso durante l’audizione, e sono attivamente coinvolte nella revisione della direttiva in materia di rifiuti affinché venga riconosciuto all’industria un ruolo di attore principale nella transizione in atto. Con un però.

 

«In quest’ottica – spiega il direttore di Assocarta Massimo Medugno, diffusamente intervenuto sul tema solo pochi giorni fa – l’impossibilità di realizzare impianti di termovalorizzazione per il recupero energetico dagli scarti che provengono dal riciclo rimane un vero e proprio limite all’economia circolare per una filiera che già ricicla mediamente il 60% (80% nel settore dell’imballaggio) e dove ogni minuto si riciclano ben 10 tonnellate di carta e cartone. L’impossibilità di realizzare impianti per il recupero energetico degli scarti che provengono dal riciclo pone l’industria nazionale in un forte svantaggio competitivo ed è il principale fattore limitante all’incremento del riciclo e della circolarità».

 

In Europa – documenta Assocarta – la metà dei residui dell’industria cartaria è recuperata energeticamente e solo il 4 % viene conferito in discarica mentre in Italia un quarto viene recuperato energeticamente e il restante 14 % è ancora diretto in discarica. Eppure gli scarti del riciclo della carta hanno un importante contenuto di biomassa e il loro contenuto energetico nel nostro Paese equivale a 70.000 tonnellate equivalenti di petrolio per un valore (pari a 23 milioni di dollari con un prezzo del barile a 45 dollari); un beneficio cui si dovrebbe aggiungere anche il mancato smaltimento in discarica. «Il recupero energetico non ostacola la ricerca. Il progetto Eco-Pulplast di Lucca per recuperare materia dagli scarti del riciclo della carta gode di un finanziamento LIFE finalizzato proprio a dimostrarne la fattibilità. Se la tecnologia fosse già stata disponibile sul mercato il progetto non avrebbe potuto accedere ad un LIFE!», conclude Medugno (nella foto).

 

A completare il paradosso c’è infine la storica e incomprensibile scelta del legislatore, che nel nostro Paese attribuisce incentivi economici al recupero di energia ma non al riciclo, invertendo l’ordine di priorità indicato dalla “4R”. Gli impianti di termovalorizzazione dunque in Italia ricevono incentivi ma sul territorio non si vogliono, mentre quelli di riciclo non si incentivano neanche quando sono “tollerati” – raramente apprezzati – dalle comunità locali: un’economia circolare molto all’italiana.