Alla fine hanno “vinto” loro. Il Grande Progetto “Interventi di difesa e ripascimento del litorale del Golfo di Salerno” ha ricevuto i finanziamenti europei tanto attesi da Provincia e Regione. Parliamo di 52 milioni di euro (sui 70 previsti) per un intervento imponente nella sua realizzazione e nella sua assurdità: 45 pennelli e 4 celle, per un totale di 1.200.000 tonnellate di massi – l’equivalente di una collinetta alta circa 300 metri – a proteggere, o meglio a soffocare, 37 km di ecosistema costiero di alto valore naturalistico, paesaggistico e storico tra Pontecagnano, Battipaglia, Eboli, Capaccio e Agropoli. Un’opera che in Italia è seconda soltanto al Mose di Venezia.
Un progetto pensato, in teoria, per fermare l’erosione della costa e l’arretramento degli arenili, lasciato colpevolmente aggravare nel corso degli anni dalla tolleranza di comportamenti illegali come l’abusivismo edilizio e il furto di milioni di metri cubi di ottima sabbia dai corsi d’acqua, naturali strumenti di ripascimento delle spiagge. Un progetto che, in realtà, continua a perseguire il modello dei “grossi progetti”, espressione di una visione di gestione del territorio datata e non più proponibile, priva di sistemicità e di prospettive, superata tra l’altro dai risultati di progetti finanziati dalla stessa Europa, come Eurosione e Beach-Med, che sconsigliano proprio le opere rigide per interventi di questo tipo.
Provincia di Salerno e Regione Campania festeggiano questo risultato come espressione della capacità di fare rete per la macroprogettazione. Legambiente, invece, da tempo impegnata nellaprotesta #notonz, lamenta la mancanza di un approccio di sistema che analizzi altri tipi di numeri, qui assenti: l’apporto detritico dei fiumi, l’occupazione abusiva del demanio e delle dune costiere, la mobilità sostenibile, la qualità dei 200.000 metri cubi di sabbie per gli inevitabili ripascimenti, l’agricoltura di eccellenza, la balneabilità, la rete dei beni culturali della Piana del Sele, della greca Poseidonia e della etrusca Pontecagnano. Il tutto, poi, in barba all’articolo 9 della Costituzione Italiana, alla Convenzione Europea per il Paesaggio, agli strumenti di Valutazione Ambientale e Strategica – inesistente – e allealternative più efficaci e sostenibili.
Nell’illusione di salvare qualche metro quadrato di spiaggia, si sacrifica di sicuro il mare e si abbandona il territorio. Quale rimedio è mai questo? Ci sono ben altri modi per tutelare le nostre coste, evitando di sprecare 70 milioni di euro in un progetto impattante, dannoso, obsoleto. Eppure, purtroppo ancora una volta, si è persa una grande occasione di pensare davvero alla tutela del nostro territorio.
FONTE: Legambiente
AUTORE: Michele Buonuomo