Opere Pubbliche ed Esproprio: la sentenza n. 19081 del 1° agosto 2017 è utile per comprendere quale sia il rapporto tra la proroga dei termini di occupazione di urgenza e gli altri termini previsti dalle procedure ablative.
Le sezioni unite (Cass., sez. un., 11 ottobre 2016, n. 20424) hanno già avuto occasione di ribadire, in relazione ad una fattispecie in tutto simile a quella odierna, che l’art. 9 del d.lgs. n. 354/99 va interpretato nel senso che, per il suo tramite, è stata disposta l’incondizionata proroga biennale dei termini di efficacia dei decreti di occupazione di urgenza, a prescindere dal fatto che l’occupazione in corso a lla sua data di entrata in vigore fosse ancora dotata del crisma della legittimità ; di modo che la proroga opera a prescindere dalla legittimità dell’occupazione al tempo della sua entrata in vigore, con l’unico limite che il procedimento espropriativo sia ancora in corso alla stessa data.
La norma, quindi, vale a restituire legittimità ad occupazioni divenute inefficaci o illegittime se l’obiettivo di recupero della procedura espropriativa, che ne costituisce la ratio, sia ancora conseguibile (Cass. 17 luglio 2014, n. 16372).
Nel caso in esame, allorquando è intervenuto l’art. 9 del d.lgs. n. 354/99, il procedimento espropriativo era ancora in corso, in quanto all’individuazione delle aree operata dal commissario straordinario del governo per le zone terremotate in Campania, che inizialmente comportava la sola dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere (art. 80, comma 4, I. n. 219 del 1981), è stata aggiunta l’idoneità a fungere da dichiarazione di pubblica utilità.
Il commissario straordinario, al quale già spettava l’adozione del provvedimento di individuazione, è stato dichiarato competente a porre in essere tutti gli atti relativi alle procedure di occupazione e di espropriazione (art. 4, comma 2, del d.I. n. 333 del 1981) e la portata di tale attribuzione è stata resa esplicita dall’art. 11, comma 7, legge n. 80 del 1984, che ha aggiunto l’art. 84- ter alla I. n. 219/81, secondo il qua le <<i poteri per l’occupazione temporanea e per l’espropriazione di pubblica utilità conferiti ai commissari straordinari hanno decorrenza dal 18 maggio 1981> > , cioè dal giorno di pubblicazione della legge n. 219 del 1981 (in termini, Cass., sez. un., 6 maggio 1998, n. 4573).
In tale contesto non coglie nel segno la critica contenuta in ricorso secondo cui l’osservanza del termine perentorio di compimento dei lavori non esclude, anzi comporta l’intempestività del decreto di espropriazione, emesso quando, appunto, i lavori erano ormai da lungo tempo cessati.
Ciò perché, così ragionando, ricorrenti finiscono col confondere il termine finale per l’esecuzione dei lavori con quello, sempre finale, per l’emanazione del decreto di espropriazione: l’art. 13 I. 25 giugno 1865 n. 2359, per evitare che si protragga indefinitamente l’incertezza sulla sorte dei beni espropriandi e, nel contempo, che si eseguano opere non più rispondenti, per il decorso del tempo, all’interesse generale, ha difatti disposto, al comma 1, che nel provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera debbano essere fissati quattro termini (e cioè quelli di inizio e di compimento e dell’espropriazione e dei lavori), dei quali, come ha correttamente osservato il giudice d’appello, solo quello finale per il compimento dei lavori ha carattere perentorio, dovendo a tutti gli altri termini attribuirsi, invece, efficacia ordinatoria (Cass., sez. un., 8 febbraio 2006, n. 2630; conf., 28 aprile 2010, n. 10216).
In definitiva, in virtù delle suddette proroghe, va esclusa la tardività del decreto di espropriazione.