olio-di-palma-greenpeace-protesta-capriata-d-orbaOlio di Palma,  Greenpeace protesta a Capriata d’Orba, in provincia di Alessandria. Attivisti si incatenano di fronte allo stabilimento della multinazionale Mondelez, dove vengono prodotti per il mercato italiano snack contenenti olio di palma.


Obiettivo della protesta pacifica, che segue altre azioni non violente promosse in Italia e in Europa nelle ultime settimane, è quello di chiedere alla multinazionale statunitense di non acquistare più olio di palma legato alla deforestazione e alla violazione dei diritti umani.

 

Mentre alcuni attivisti di Greenpeace appendevano gli striscioni con la scritta «Basta olio di palma che distrugge le foreste», altri volontari vestiti da orango, simbolo delle foreste del Sud-Est Asiatico, si aggiravano fra tronchi bruciati e barili di finto olio di palma con il logo dei famosi snack prodotti nello stabilimento di Capriata d’Orba.

 

I dati di Greenpeace sull’olio di palma

 

In un recente rapporto, intitolato emblematicamente “Final Countdown“, 24 milioni di ettari di foresta pluviale sono stati rasi al suolo tra il 1990 e il 2015. Dalla fine del 2015 altri 130.000 ettari di foresta pluviale sono stati distrutti, il 40% dei quali in Papua, una delle regioni più ricche di biodiversità del Pianeta.

 

Sono 193 le specie in grave pericolo di estinzione, minacciate e vulnerabili a causa dalla produzione indiscriminata di olio di palma. In soli 16 anni abbiamo perso la metà degli oranghi del Borneo e più di tre quarti del parco nazionale di Tesso Nilo, che ospita tigri, oranghi ed elefanti, è stato trasformato in piantagioni illegali di palme da olio.

 

Il rapporto “Final countdown” rivela anche come venticinque importanti produttori di olio di palma siano responsabili non solo di deforestazione, ampliamento illegale delle proprie piantagioni e incendi, ma anche di sfruttamento dei lavoratori.