inceneritoriIl nuovo decreto sugli incentivi alle rinnovabili non fotovoltaiche, ancora in embrione, non cessa di incassare pesanti (e giustificate) critiche. Il ministero dello Sviluppo economico rimane in attesa di un parere sul testo da parte della Conferenza Stato-Regioni, ma nella versione attuale il documento si mostra come un nuovo passo indietro nella politica ambientale ed economica dell’esecutivo.

 

In linea con la passata edizione del provvedimento, dove non mancavano tra gli altri incentivi alla termovalorizzazione – spiazzando al contempo l’industria del riciclo e quella della (vere) fonti energetiche rinnovabili – il nuovo decreto necessiterebbe ancora una volta di pesanti correttivi per poter rientrare all’interno di criteri sostenibili.

 

«Gli incentivi per il settore energetico al Governo Renzi piacciono eccome – commentano caustici Francesco Ferrante e Annalisa Corrado, esponenti di Green Italia –, ma se sono a favore dei mega impianti a biomasse e inceneritori. Al contrario i progetti di impianti di energie rinnovabili vengono messi nuovamente nel mirino, con buona pace della certezza del diritto e della salvaguardia dell’investimento. Il combinato disposto dello Sblocca Italia che ha rilanciato le trivellazioni di petrolio e gas, e il nuovo decreto sugli incentivi alle rinnovabili non fotovoltaiche che si appresta ad approdare in Conferenza Stato Regioni è un vero Black act, che svuota di significato quello verde fin qui solo annunciato».

 

Il chiaro riferimento è al Green Act del governo, annunciato dal premier Renzi per marzo, e mai presentato. Secondo il presidente della commissione Ambiente del Parlamento, Ermete Realcci, quello che ci aspetta non sarà in ogni caso un nuovo testo di legge, ma «una politica, un insieme di misure coordinate» per l’economia verde. Al di là della forma, a preoccupare rimane la sostanza, che il decreto per le rinnovabili non fotovoltaiche non contribuisce certo a rendere più verde.

 

Così com’è, il testo prevede infatti tagli fino al 40% agli incentivi per l’eolico destinati ai piccoli impianti e del 24% per il mini idroelettrico: «Le energie rinnovabili diffuse vengono penalizzate, se non addirittura annientate – precisano Ferrante e Corrado –, come nel caso dell’eolico offshore». Trivelle sì, dunque, ma pale eoliche no. Senza dimenticare gli incentivi alla termovalorizzazione, condannati senza appello anche da quegli esponenti del Pd che fanno dell’ambientalismo scientifico la loro bandiera, Realacci in testa. Una cosa è riconoscere la termovalorizzazione come elemento necessario nella corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti, tutt’altra foraggiarla a discapito del recupero di materia e degli incentivi alle fonti rinnovabili.

 

«E’ sconcertante – concludono Ferrante e Corrado – che si continui a concedere ricchi sussidi impianti che non sono alimentati da fonti rinnovabili, come gli inceneritori e i mega impianti a biomasse – addirittura per le biomasse bruciate nei vecchi zuccherifici sono previsti 135 MW di nuovi impianti con tariffe garantite per 20 anni – mentre l’autoproduzione da energie pulite per imprese e cittadini viene ostacolata». Dietro la patina degli annunci, non cambia dunque lo schizofrenico contesto generale. Prima ancora che gli incentivi per lo sviluppo della green economy, sarebbe utile depennare i sussidi che remano contro, e che certo non son pochi.