In materia di accise, l’uso combinato di prodotti energetici è espressamente escluso dal campo di applicazione dalla direttiva 2003/96/Ce del 27 ottobre 2003, che ha ristrutturato il quadro comunitario di tassazione dei prodotti energetici e dell’elettricità.
A tale riguardo, l’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), della citata direttiva precisa che un prodotto energetico ha un “uso combinato” quando “è utilizzato sia come combustibile per riscaldamento che per fini diversi dall’utilizzazione come carburante per motori o come combustibile per riscaldamento. L’uso dei prodotti energetici per la riduzione chimica e nei processi elettrolitici e metallurgici è considerato uso combinato”.
Con la sentenza 2 ottobre 2014, causa n. C-426/12, la Corte di giustizia ha fornito indicazioni sul corretto significato da attribuire alla nozione di “uso combinato”, nel contesto di una controversia relativa alla domanda di rimborso dell’imposta nazionale sui combustibili applicata nei Paesi Bassi sul carbone utilizzato per esigenze connesse all’attività di produzione dello zucchero.
Al riguardo, i giudici comunitari osservano preliminarmente che l’impiego del carbone nell’ambito del processo produttivo dello zucchero estratto dalle barbabietole consente di ottenere anche un sottoprodotto – chiamato “fanghi di carbonatazione” e costituito principalmente da carbonato di calcio – utilizzato nel settore agricolo come fertilizzante calcareo per mantenere e migliorare l’equilibrio del pH, nonché per migliorare la struttura dei terreni agricoli.
Secondo la società produttrice di zucchero che aveva presentato la domanda di rimborso, l’utilizzazione del carbone nell’ambito del processo di produzione dello zucchero costituirebbe un uso combinato e, come tale, non dovrebbe essere soggetto al regime di tassazione previsto per i prodotti energetici dalla direttiva 2003/96/Ce.
Di diverso avviso era stata l’Amministrazione finanziaria olandese che aveva negato il rimborso, affermando che il carbone è utilizzato dalla società unicamente quale combustibile e che la valorizzazione di un prodotto della combustione del carbone (nella fattispecie, il biossido di carbonio) non implicherebbe l’uso combinato del carbone stesso.
Ai giudici comunitari era stato quindi chiesto, in sostanza, se sussista “uso combinato” di un prodotto energetico, qualora il carbone venga utilizzato come combustibile nel processo di produzione dello zucchero e il biossido di carbonio generato nella combustione di tale prodotto energetico venga, a sua volta, utilizzato ai fini di tale processo di produzione e/o per produrre fertilizzanti chimici.
Sul punto, la Corte rileva che l’utilizzazione di un prodotto energetico sfugge alla sfera di applicazione della citata direttiva del 2003 solamente qualora il prodotto stesso, nella sua funzione di fonte energetica, venga utilizzato per fini diversi dall’utilizzazione come carburante o come combustibile. In tal senso, può sussistere un uso combinato del prodotto energetico oggetto di combustione nell’ambito di un processo di fabbricazione laddove, come nel caso di specie, tale processo non possa concludersi senza l’impiego di una sostanza di cui sia pacifico che possa essere generata unicamente dalla combustione del prodotto energetico medesimo.
Atteso che il prodotto energetico de quo – cioè, il carbone – viene impiegato come fonte di energia nel processo di fabbricazione al fine di ottenere il gas esclusivamente generato dalla combustione del prodotto energetico stesso, per la Corte è lecito ritenere che tale funzione di fonte energetica ben costituisca oggetto di due usi concomitanti.
Per contro, se un gas generato dalla combustione costituisce non il prodotto richiesto ai fini della realizzazione del processo di produzione, bensì un residuo di tale processo che viene semplicemente valorizzato, non vi è uso combinato del prodotto energetico medesimo; in tal senso, il solo fatto che il gas generato costituisca una materia prima in un processo di fabbricazione distinto – come quello, nel caso di specie, della produzione di fertilizzanti agricoli – non può essere sufficiente per ritenere che sussista uso combinato del prodotto energetico oggetto di combustione.
La Corte ha, infine, affermato il principio secondo cui uno Stato membro può legittimamente accogliere, nella propria normativa nazionale, una portata più restrittiva della nozione di “uso combinato” rispetto a quella rivestita nell’articolo 2, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2003/96/Ce, ai fini dell’imposizione di una tassa su prodotti energetici sottratti alla sfera di applicazione della direttiva medesima, ribadendo che l’esclusione dei prodotti di cui trattasi dalla sfera di applicazione della direttiva 2003/96/Ce significa che gli Stati membri sono competenti per tassare i prodotti energetici in questione nel rispetto del diritto dell’Unione (vedi, in tal senso, la sentenza 5 luglio 2007, cause riunite C‑145/06 e C‑146/06).
FONTE: Fisco Oggi – Rivista Telematica dell’Agenzia delle Entrate