Lo scorso 20 maggio è stata trasmessa la lettera del presidente Fassino al Ministro dell’Economia e delle finanze con la quale si afferma l’assoluta necessità e urgenza di sospendere il procedimento di “diffida” avviato a carico dei Comuni e delle regioni per le sanzioni comunitarie sulle discariche abusive e la non corretta gestione dei rifiuti, nelle more della verifica delle responsabilità, anche centrali, rispetto ai singoli casi. È infatti paradossale che la procedura avviata dal ministero dell’Economia e Finanze in applicazione delle norme sul cosiddetto diritto di rivalsa gravi esclusivamente sulle amministrazioni comunali, e in solido sulle Regioni, in quanto attinente anche a responsabilità di altri livelli di governo che dovranno essere chiamati a risponderne.
Il tavolo tecnico
È proprio per queste ragioni che l’Anci, ha chiesto un tavolo tecnico in seno alla Conferenza Unificata, che si è riunito nei giorni scorsi, per un primo confronto interlocutorio, dove è stata però ribadita da Comuni e Regioni la necessità di compiere una valutazione attenta di ogni singola fattispecie e delle responsabilità oggettive degli enti coinvolti che risulta non essere stata effettuata. 80 milioni di euro è la somma che il ministero dell’Economia ha dovuto anticipare lo scorso febbraio per le inadempienze dell’Italia e omessa esecuzione delle direttive in materia di rifiuti sancite dalla Corte di Giustizia europea, con sentenza del 2 dicembre 2014 (causa C-196/13). È questa la prima tranche di pagamenti, che include 40 milioni di importo forfetario, cui se ne aggiungono quasi altrettanti di penalità semestrale e interessi di mora per le “discariche abusive” censurate – inizialmente 218 poi ridotte a 185 a seguito delle attività di verifica svolte e dislocate in tutto il Paese, fatta eccezione per la Valle d’Aosta – e il pagamento della prossima rata semestrale (33,4 milioni di euro) è già alle porte. Il Mef nel mese di febbraio 2015 ha quindi provveduto al pagamento del dovuto, applicando immediatamente l’articolo 43 della legge n. 234/2012, che prevede una procedura di rivalsa a carico delle amministrazioni “responsabili” delle violazioni che hanno portato all’applicazione delle sanzioni a carico dell’Italia, procedura che potrebbe anche prevedere compensazioni con altri trasferimenti dovuti dallo Stato.
La procedura di rivalsa
A fine novembre 2015 è quindi stata notificata alle Regioni e ai Comuni interessati la sentenza esecutiva di condanna della Repubblica italiana, per attivare la procedura che porterà all’emanazione di un decreto del Ministro dell’Economia, quale titolo esecutivo nei confronti degli obbligati e che recherà l’entità del credito dello Stato, oltre a modalità e dei termini del pagamento, anche rateizzato. Il decreto deve essere adottato entro quattro mesi dalla data della notifica, previa intesa da raggiungere fra Regioni e Comuni, ad oggi unici soggetti obbligati. In caso di mancata intesa, provvede nei successivi quattro mesi il Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata.
Una ripartizione da definire
La questione è adesso però far chiarezza rispetto a quali siano effettivamente gli enti “inadempienti”. E proprio per questo Anci e Regioni hanno chiesto un confronto tecnico con il Governo in Conferenza Unificata.
Innanzitutto, la Commissione censura il fatto che «l’Italia non avrebbe adeguatamente potenziato le sue norme volte a prevenire abbandoni illegali di rifiuti né il suo sistema di sorveglianza riguardo ai rifiuti, sebbene le autorità italiane avessero intanto annunciato riforme in materia finalizzate all’esecuzione della sentenza Commissione/Italia (EU/C/2007/250)», e che «effettivamente la sentenza Commissione/Italia (EU/C/2007/250) ha dichiarato una violazione generale e persistente delle disposizioni della normativa in materia di rifiuti». Da ciò si deduce una evidente corresponsabilità dell’amministrazione centrale dello Stato. Entrando nel merito della procedura, altra criticità essenziale è che il ministero dell’Economia ha solo ripartito linearmente le somme previste a livello comunitario – 400mila euro per discariche di rifiuti pericolosi e 200mila per quelle di rifiuti non pericolosi – fra i Comuni interessati dai siti oggetto di infrazione, destinatari della notifica di cui sopra insieme alla Regioni, senza alcuna qualsivoglia considerazione di merito e soprattutto senza alcun confronto. Il punto è che le sanzioni europee riguardano diverse casistiche, non basta quindi richiamare l’applicazione delle norme nazionali, ma è necessario valutare caso per caso gli inadempimenti e quali sono gli enti che li hanno determinati, compresi gli enti statali, appurando con un confronto approfondito fra amministrazioni centrali, Regioni e Comuni, l’impatto finanziario, gli adempimenti già effettuati sui siti e la possibile corresponsabilità delle amministrazioni centrali. Nell’elenco dei siti oggetto della procedura di infrazione sono, infatti, inclusi anche alcuni per i quali non sussistono ragioni di merito, dato che sembrerebbero essere stati messi in sicurezza e bonificati; altri inseriti successivamente e alcuni precedentemente classificati come «Siti di interesse nazionale – SIN», ai fini delle attività di bonifica, gestiti dal Ministro dell’Ambiente e poi declassificati nel 2013 dallo stesso ministero a Siti di interesse regionale.
La mancata pianificazione
Diverse delle situazioni di inadeguatezza rispetto al dettato normativo comunitario potrebbero essere conseguenti alla mancanza di pianificazione regionale, che ai sensi dell’articolo 199 del Codice dell’Ambiente definiscono il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani. In caso di mancanza di piani o di non adeguamento è anche previsto che «il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, (…), diffida gli organi regionali competenti a provvedere (…) e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale». La mancanza di pianificazione e di autorizzazioni potrebbe – non è disponibile la documentazione istruttoria relativa ai singoli casi – aver determinato la necessità da parte dei sindaci di dover intervenire con ordinanze contingibili e urgenti, adottate ai sensi dell’articolo 191 del Dlgs n. 152/2006, per le quali è comunque previsto, oltre al parere delle autorità sanitarie locali, che siano comunicate al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell’Ambiente, al Ministro della Salute, al Ministro delle Attività produttive, al presidente della regione e all’autorità d’ambito (quindi al corrente delle situazioni di criticità ambientale presenti sul territorio) e successivamente notificate dal Ministro dell’Ambiente alla Commissione dell’Unione europea.