bolognaLegambiente presenta il dossier “Stop alle rinnovabili in Italia”. I numeri inediti sull’assurdo calo della diffusione degli impianti da energia rinnovabile. Nel 2014 le fonti rinnovabili hanno garantito oltre il 38% dei consumi elettrici, con un balzo impressionante rispetto a dieci anni prima, quando eravamo al 15,4%.

 

Nel solare l’Italia vanta addirittura un record mondiale di produzione rispetto ai consumi complessivi. Eppure, invece di esaltare questo successo che testimonia l’affidabilità di queste tecnologie, e di promuoverle in modo da diminuire la nostra dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti, si è scelto di porre un blocco.

 

A motivare questa scelta è l’impatto che le rinnovabili hanno avuto sulla produzione elettrica italiana, che è stato tale da determinare, assieme alla riduzione dei consumi dovuti alla crisi economica e all’aumento dell’efficienza, la crisi delle vecchie e inquinanti centrali termoelettriche, portando alla chiusura di decine di impianti. Invece di sfruttare positivamente questo dato, il Governo Renzi e l’Autorità per l’energia si sono mosse solo per salvare il vecchio sistema, ancorato su alcuni grandi gruppi e centrali da fonti fossili.

 

Dal 2011 al 2014 gli impianti di solare fotovoltaico e eolico installati in Italia non sono diminuiti ma crollati: si passa da 10.663 MW a 733 nel 2014. E le prospettive del 2015 sono ancora peggiori.

 

Il rischio è un concreto Stop allo sviluppo di un settore innovativo, che ha contribuito al 40% circa dei consumi elettrici, garantendo in questi anni la riduzione delle importazioni di fonti fossili, del prezzo dell’energia elettrica e delle emissioni di gas serra. E ciò risulta ancora più preoccupante in vista della prossima conferenza sul Clima, che si aprirà il 30 Novembre a Parigi, per la credibilità di un Paese europeo, che proprio su questi obiettivi vorrebbe svolgere un ruolo da protagonista per arrivare a un accordo internazionale sul clima.

 

Nel corso della prima giornata del Forum Qual Energia, Legambiente ha presentato un dossier dal titolo Stop alle rinnovabili in Italia con numeri inediti sul calo della diffusione degli impianti da energia rinnovabile, con una sintesi dei provvedimenti che hanno causato questa situazione e le prospettive positive che invece potrebbero aprirsi con un cambio di marcia delle politiche energetiche nazionali.

 

“Nel 2014 le fonti rinnovabili hanno garantito oltre il 38% dei consumi elettrici, con un balzo impressionante rispetto a dieci anni prima, quando eravamo al 15,4% – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Edoardo Zanchini -. Nel solare vantiamo addirittura un record mondiale di produzione rispetto ai consumi complessivi. Eppure, invece di esaltare questo successo che testimonia l’affidabilità di queste tecnologie, e di promuoverle in modo da diminuire la nostra dipendenza dall’estero per gli approvvigionamenti, si è scelto di porre un blocco. A motivare questa scelta è l’impatto che le rinnovabili hanno avuto sulla produzione elettrica italiana, che è stato tale da determinare, assieme alla riduzione dei consumi dovuti alla crisi economica e all’aumento dell’efficienza, la crisi delle vecchie e inquinanti centrali termoelettriche, portando alla chiusura di decine di impianti. Invece di sfruttare positivamente questo dato, il Governo Renzi e l’Autorità per l’energia si sono mosse solo per salvare il vecchio sistema, ancorato su alcuni grandi gruppi e centrali da fonti fossili”.

 

Negli ultimi anni con impressionante sistematicità, i Governi Monti, Letta e Renzi sono intervenuti per ridurre drasticamente le possibilità di investimento nelle fonti rinnovabili. Per il solare fotovoltaico sono stati cancellati nel 2013 gli incentivi in conto energia, il sistema di incentivi per il solare fotovoltaico, (che in Germania invece sono ancora in vigore) togliendoli perfino per le famiglie e per la sostituzione dei tetti in amianto. Per le altre fonti rinnovabili i tagli sono cominciati nel 2012 e si può sostenere, con difficoltà di smentita, che da allora non vi sia stato un solo provvedimento da parte dei Governi italiani che ne abbia aiutato lo sviluppo.

 

Il Governo Renzi in questi 20 mesi si è contraddistinto per un accanimento ancora più accentuato dei suoi predecessori nei confronti delle energie pulite, col decreto “Spalma incentivi”‘ che è intervenuto in maniera retroattiva sugli incentivi, con nuove tasse per l’autoproduzione da fonti rinnovabili e regole penalizzanti per gli oneri di dispacciamento, giustificate con la non programmabilità delle energie pulite; poi nuovo decreto di incentivi alle rinnovabili non elettriche che, ancora prima di entrare in vigore, ha già determinato uno stop degli investimenti, viste le scelte che prevede. Ma se i Governi precedenti potevano ignorare gli effetti di queste politiche, il Governo Renzi, non può non sapere che con lo stop agli incentivi le installazioni sono crollate del 92%, e che sono stati bloccati persino provvedimenti a costo zero che permetterebbero di aiutare le rinnovabili con la semplificazione delle procedure e il via libera all’autoproduzione e allo scambio della produzione da rinnovabili con la rete.

 

Le fonti rinnovabili hanno beneficiato di incentivi per la produzione pulita immessa in rete, eppure, le polemiche sull’impatto in bolletta degli incentivi sono state spesso strumentali. Se dal 2003 ad oggi le bollette sono cresciute del 52%, va segnalato che la vera crescita è avvenuta prima dell’ingresso delle rinnovabili (ossia fino al 2008 e per la crescita della componente energia), e il peso delle vere rinnovabili (non si comprende perché l’Autority conti anche i sussidi a fonti fossili e raffinerie, le cosiddette assimilate) rappresenta solo il 14,7% della spesa delle famiglie e ha portato vantaggi ambientali e di riduzione del prezzo dell’energia. Come a Berlino dove gli incentivi pesano ancor di più che da noi (valgono il 21%), ma il Governo Merkel ha confermato il conto energia come sistema di incentivo, perché ha permesso di creare centinaia di migliaia di posti di lavoro, vantaggi per le famiglie, per le imprese e per l’ambiente. Perché in Germania come da noi, proprio lo sviluppo e il successo delle rinnovabili ha permesso di ridurre il prezzo dell’energia elettrica, aumentando la concorrenza.

 

I vantaggi di un futuro rinnovabile sono amplissimi perché si riduce la produzione da termoelettrico, ossia quella degli impianti più inquinanti e dannosi per il clima; diminuiscono le importazioni dall’estero di fonti fossili, in particolare di petrolio, gas, carbone usati nelle centrali elettriche; si riducono le emissioni di CO2, con vantaggi per il clima del Pianeta ma anche economici, perché l’Italia ha recuperato oramai il debito per il mancato rispetto degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Si riduce il costo dell’energia nel mercato elettrico, grazie alla produzione di solare e eolico in particolare all’ora di picco della domanda che permette di tagliare fuori l’offerta delle centrali più costose e aumenta l’occupazione nel settore energetico: sarebbero circa 100mila oggi gli occupati nelle diverse filiere tra diretti e indiretti e molti di più gli occupati nel settore dell’efficienza energetica proprio per la trasversalità dei settori coinvolti (dai trasporti alla meccanica, dall’elettronica all’edilizia), mentre diversi studi hanno evidenziato come una prospettiva duratura di innovazione energetica potrebbe portare gli occupati nelle rinnovabili a 200mila unità e quelli nel comparto dell’efficienza e riqualificazione in edilizia a oltre 600mila.

 

“Il futuro è nelle rinnovabili ed è a portata di mano – continua Zanchini -, proprio come sostenuto dal Premier a Santiago del Cile e in altri appuntamenti internazionali su clima e ambiente. La rivoluzione iniziata in questi anni può e deve continuare a contribuire a innovare tutti i settori, in modo da creare nuove opportunità e lavoro. È arrivato il momento di assumere fino in fondo questa prospettiva, non accontentarsi dei risultati raggiunti e fissare l’asticella degli obiettivi più in alto. È quanto sta avvenendo dalla California alla Cina, e con investimenti sempre più rilevanti da parte delle imprese in una rivoluzione energetica fatta di impianti da fonti rinnovabili, smart grid, sistemi di accumulo. Meglio di tante parole lo descrivono i dati sul lavoro nella Green economy nel mondo”.

 

Legambiente chiede al Governo di guardare finalmente al futuro dell’energia e di prendere in carico sul serio la grande questione climatica con scelte semplici e coerenti con le politiche europee – l’Italia dovrà presentare un piano per ridurre le emissioni di CO2 del 40% al 2030 -, e urgenti perché la situazione climatica non consente rinvii: occorre bloccare i sussidi alle fossili; liberare l’autoproduzione da rinnovabili; semplificare l’installazione delle fonti rinnovabili e sbloccare l’efficienza energetica.

 

Sono grandi le opportunità di una incisiva politica di efficienza energetica in Italia, con benefici per imprese e le famiglie. Ed esistono potenzialità enormi, in particolare in edilizia, dove si potrebbe far ripartire un settore in crisi spingendo una innovazione che è negli obiettivi del Ministro Delrio.