La pubblicazione, realizzata dai ricercatori del Dit Inail, offre tutti gli strumenti necessari per operare in massima sicurezza anche in presenza di sostanze inquinanti nel terreno o nella falda acquifera. Un problema, sottolinea la coordinatrice del progetto, rispetto al quale molte aziende sono ancora poco sensibili.
L’obiettivo è sempre lo stesso: tutelare la salute del lavoratore in qualunque luogo si trovi a operare. Con la recente pubblicazione “Il rischio chimico per i lavoratori nei siti contaminati”, i ricercatori dell’Inail del dipartimento Innovazioni tecnologiche e sicurezza degli impianti, prodotti e insediamenti antropici (Dit) hanno voluto realizzare un manuale operativo in grado di fornire strumenti utili per la valutazione e la gestione del rischio sui suoli contaminati. Oltre a rappresentare un supporto per la redazione e la valutazione di documenti tecnici, il manuale può anche essere utilizzato dalle aziende che operano su siti a rischio per predisporre procedure operative specifiche del Sistema di gestione della sicurezza (Sgs).
Le informazioni da conoscere: dalle norme al glossario. Un breve excursus sui regolamenti esistenti nel campo delle bonifiche è seguito da un’analisi delle potenziali attività che si possono svolgere sui siti contaminati. Il manuale è di facile consultazione anche grazie a schede, grafici, tabelle e a un glossario che aiuta il lettore a interpretare al meglio il testo. Come sottolineato dalla coordinatrice del progetto, Simona Berardi, “l’approccio multidisciplinare adottato per la stesura del documento, che ha comportato un lungo ma proficuo confronto tra esperti appartenenti a numerosi enti e istituzioni, ha permesso di individuare e proporre un approccio in grado di armonizzare i contenuti del Testo Unico sulla salute e la sicurezza sul lavoro con quelli del Testo Unico ambientale”
I fattori per la definizione del pericolo. Il manuale, attraverso la presentazione di casi e situazioni tipo, aiuta anche a distinguere le diverse tipologie di rischio, da quelle rilevanti a quelle irrilevanti. “La presenza di agenti chimici pericolosi e agenti cancerogeni e mutageni nel suolo insaturo o nelle acque di falda, o l’impiego degli stessi agenti nelle attività di bonifica o di messa in sicurezza – spiega a questo proposito la coordinatrice – non costituisce necessariamente un rischio per la salute e la sicurezza, che dipende dalle caratteristiche tossicologiche, dalla concentrazione della sostanza, dalle modalità di trasporto e di esposizione alla stessa. È quindi necessario conoscere la quantità di sostanza alla quale un soggetto si trova effettivamente esposto e il periodo dell’esposizione, tenendo conto delle diverse vie di penetrazione nell’organismo”.
Le tipologie dei lavoratori esposti. Tra gli operatori esposti ad agenti chimici provenienti da un suolo contaminato sono compresi sia gli addetti a tutte le fasi di caratterizzazione, bonifica, messa in sicurezza e ripristino ambientale, sia qualsiasi altro lavoratore che si trovi a svolgere la propria attività su un sito contaminato. “Questa seconda tipologia di lavoratori – precisa Berardi – non è affatto trascurabile, basti pensare al numero di realtà industriali e commerciali, che insistono su un suolo compromesso da stati più o meno critici di contaminazione. Inoltre, spesso sono presenti agenti chimici volatili, che quindi possono essere facilmente inalati”.
“Procedure specifiche solo in poche realtà industriali”. Il volume nasce anche dalla consapevolezza che il problema spesso non viene gestito in modo adeguato da parte degli operatori del settore. “Ad oggi – sottolinea la ricercatrice – solo poche grandi realtà industriali che operano su siti contaminati hanno predisposto specifiche procedure per la gestione del rischio chimico connesso alla contaminazione del suolo e per attuare misure di tutela della salute dei propri lavoratori. D’altro canto, spesso le ditte coinvolte nelle attività di bonifica, che svolgono la propria attività prevalentemente in cantieri di tipo civile o edilizio, continuano a essere poco sensibili al problema”.
FONTE: INAIL