Ridurre drasticamente il consumo usa e getta, e in particolare lo shopper per la spesa, è stata la “missione impossibile” della nostra prima campagna nazionale Porta la Sporta lanciata nel 2009.
Nonostante tutti gli sforzi e l’impegno esercitato attraverso la nostra campagna e soprattutto dalle centinaia di iniziative affini intentate a livello nazionale, la battaglia resta, ad oggi tutt’altro che vinta. Per vincere definitivamente questa partita, oltre alla sensibilizzazione ambientale, serve la volontà politica. Questo vale sia per l’Italia che per l’estero, come vedremo nell’aggiornamento che vi proponiamo.
IL CASO ITALIANO: UN SUCCESSO A META’
Nonostante siano scattate dal 21 agosto 2014 (data di entrata in vigore della legge n. 116/2014, di conversione del D.L. 91), le sanzioni amministrative pecuniarie previste per la commercializzazione di shoppers monouso realizzati con polimeri non conformi alla norma tecnica UNI EN 13432:2002, i sacchetti di plastica “illegali” sono tutt’altro che spariti. Come si può rilevare a colpo d’occhio, a parte i punti vendita della Distribuzione organizzata che si sono per lo più adeguati, nel commercio di prossimità (salvo alcune eccezioni), nei mercati e aziende agricole si utilizzano quasi esclusivamente sacchetti illegali non biodegradabili e compostabili. Una situazione abbastanza prevedibile per un paese dove le leggi ci sono ma non si rispettano (confidando in controlli da inesistenti a improbabili) oppure dove, “fatta la legge trovato l’inganno”.
Neppure le operazioni di sequestro di intere partite di sacchetti illegali avvenute negli ultimi anni sono riuscite a scoraggiare questo mercato parallelo che ha recentemente escogitato un ulteriore sotterfugio. Su alcune piazze come quella di Torino sta prendendo piede una nuova tipologia di sacchetti di plastica, per lo più colore bianco o trasparenti che in realtà sarebbero permessi solamente per uso interno.
Come anticipato riteniamo che le campagne di sensibilizzazione come SacchETICO, rilanciata recentemente da Legambiente siano importanti, ma che per centrare l’obiettivo debbano essere accompagnate da altre misure. Riteniamo che affidarsi esclusivamente alla buona volontà dei cittadini o dei negozianti, nel fare o meno la cosa giusta, sia una battaglia persa, soprattutto quando la premialità funziona al contrario. Ai rivenditori fa infatti comodo pagare gli shopper il meno possibile per poterli “regalare” ai clienti, nei quali predomina l’interesse a non pagarli.
Nel nostro piccolo abbiamo avuto modo di toccare con mano durante l’iniziativa di Sfida all’ultima sporta durata sei mesi nel 2013 che lo shopper è stato drasticamente ridotto solamente in quegli esercizi del piccolo commercio o punti vendita della distribuzione organizzata, dove lo shopper, veniva fatto pagare senza deroghe. Eloquente il caso che abbiamo potuto documentare comparando la performance di tre panetterie di uno stesso Comune che ha partecipato alla nostra competizione che avevano in essere un diverso approccio rispetto all’offerta dei sacchetti ai clienti. Nel caso A i sacchetti si pagavano, nel caso B la propietaria faceva quotidianamente azione di sensibilizzazione, e nel caso C i sacchetti non solamente NON si pagavano ma venivano offerti per default.