L’Ispra ha censito a Roma più di 2500 sinkholes dal 1875 al 2014. Tra le regioni più colpite dai
fenomeni di sprofondamento naturale, la Campania, la Sardegna, la Puglia e il Lazio. In
particolare per quest’ultima regione, l’Ispra ha prodotto una “Carta di suscettibilità” ai fenomeni
di sprofondamento e sono state individuate 33 aree a rischio, con un totale di 393 voragini censite.
Una normativa ad hoc è stata realizzata dalle Regioni Lazio e Sardegna, dalle Autorità di Bacino
dell’Abruzzo e della Puglia, le quali prevedono sia il monitoraggio delle aree edificate che di quelle su
cui si intende costruire. La Regione Sardegna ha individuato finora 45 aree a rischio sinkhole, di cui
27 localizzate nelle zone minerarie metallifere e lignitifere del Sulcis-Iglesiente.
Così, dopo aver censito le voragini di tipo naturale sul territorio italiano l’ISPRA, consapevole della loro
importanza, dal 2009 ha iniziato il monitoraggio e lo studio dei sinkholes antropogenici nelle aree
urbane. In cima alla classifica delle città esposte, oltre a Roma e Napoli, anche Cagliari, Palermo e
Messina.
Questi alcuni dei dati emersi oggi nel corso del convegno organizzato dall’ISPRA “Voragini in Italia:
i sinkholes e le cavità sotterranee: ricerca storica, tecniche di studio e d’intervento”, durante il
quale è stata presentata una “Carta di suscettibilità ai sinkholes” del territorio di Roma sino al
Raccordo anulare, aggiornata al 2014, strumento fondamentale per monitorare la stabilità e il rischio
di voragini dei quartieri della città. Nel sottosuolo della Capitale, come in molte città italiane, tra le
quali Napoli – dove, da diversi anni, sono state censite dal comune oltre 900 cavità sotterranee, per una
superficie complessiva di oltre 60 ettari – è presente un reticolo esteso e denso di cavità sotterranee:
cave, catacombe, reti idrauliche, acquedotti, fognature e cunicoli di interesse archeologico, che se
interessate da piogge copiose, fratture del suolo, eventi sismici o attività umane non adeguate alla
situazione geologica, possono innescare i sinkholes. Ad esempio, il quadrante est della Capitale è
particolarmente ricco di cave di tufo scavate dai romani in galleria nel sottosuolo, che corrono per km e
collegate tra loro. La presenza di tali cavità potrebbe essere ragione del collasso degli strati più
superficiali del terreno, con la formazione di voragini di dimensioni metriche.
In sintesi, nel solo territorio di Roma, negli ultimi 15 anni si sono verificati in media 100
sprofondamenti l’anno, dovuti per lo più a cedimenti delle cavità sotterranee, con danni anche
significativi. Il fenomeno è purtroppo in incremento e nei recenti episodi alluvionali intensi, si sono
aperti 20 sprofondamenti al giorno di dimensioni e pericolosità molto diversi tra loro a causa del
sovraccarico di pioggia nella rete dei sottoservizi della Capitale. Tra i quartieri che meritano 2
particolare attenzione, il Prenestino, l’Appio-Tuscolano, il Tiburtino, Monteverde vecchio e
l’Esquilino.
Il Servizio Geologico d’Italia dell’ISPRA, da anni impegnato nella realizzazione di uno studio
sistematico degli sprofondamenti, ha realizzato un Database Nazionale dei Sinkholes consultabile sul
sito dell’Istituto (www.isprambiente.gov.it) e ha proposto di realizzare una mappatura di suscettibilità
del territorio mediante una metodologia geo-statistica.
FONTE: Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale)