Storie di falde, fiumi e laghi inquinati ma anche di acque salvate.
Il nostro Paese è in grande ritardo. Il 2015 doveva essere l’anno, secondo la direttiva 2000/60, per il raggiungimento degli obiettivi di buona qualità delle acque.
In occasione del 22 marzo, giornata mondiale dell’acqua, Legambiente ripercorre da nord a sud le principali vertenze ma anche le esperienze positive sulla qualità delle acque, a dimostrazione che oggi è possibile mettere in campo una seria politica di risanamento e una corretta gestione delle risorse idriche.
Ad oggi in Italia lo stato ecologico superiore al buono è stato raggiunto solo dal 25% dei corpi idrici superficiali, mentre lo stato chimico buono è stato raggiunto solo dal 18%. La percentuale dei corpi idrici superficiali che riesce a soddisfare tutti i requisiti è pari solo al 10%. Le previsioni per il futuro non sono migliori, come risulta da quanto comunicato dal nostro Paese alla Commissione europea: nel 2015 la percentuale dei corpi idrici superficiali in stato buono (o superiore) dovrebbe salire solo al 29%. Per le acque sotterranee, dal 49% in buono stato del 2009 dovremmo passare al 52,7%, con una prospettiva assolutamente insoddisfacente e ancora troppo lontano dagli auspicabili obiettivi della direttiva, che richiedono che tutti i corpi idrici significativi raggiungano il buono stato di qualità.
Senza considerare le molteplici fonti di inquinamento che ancora oggi gravano su fiumi, laghi e falde. Secondo il recente rapporto dell’Agenzia europea dell’ambiente “L’ambiente in Europa – Stato e prospettive nel 2015”, a livello europeo, “oltre il 40% dei fiumi e delle acque costiere sono interessati da un inquinamento diffuso, mentre tra il 20% e il 25% sono soggette a inquinamento da fonti puntuali, come strutture industriali, sistemi fognari e impianti per il trattamento delle acque reflue”. L’Italia rientra pienamente in questo quadro, con le maggiori criticità per le acque interne, principalmente nel mezzogiorno ma anche al centro-nord. Per le acque costiere invece la situazione sembra essere rovesciata ma è doveroso porre l’accento sulla storica mancanza di dati per alcune regioni del nostro Paese.
“In occasione della giornata dell’acqua – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti -, denunciamo quei casi di inquinamento e malagestione che mettono in pericolo i nostri fiumi, laghi e falde. Sono le principali vertenze che Legambiente da tempo segue sul territorio battendosi per una risorsa pulita e accessibile per tutti”.
Vogliamo ricordare il caso Tamoil a Cremona e quello di Augusta, Priolo e Melilli in Sicilia, con falde contaminate da idrocarburi; la valle del fiume Sacconel Lazio, il basso bacino del Chienti o il fiume Sarno, ancora da bonificare; le storie di inquinamento da scarichi civili (il canale Navile di Bologna) e di avvelenamento dalle realtà industriali (il fiume Basento); le contaminazioni di corpi idrici potabili (la falda di Bussi sul Tirino a Pescara, quella tra Vicenza, Verona e Padova, quella di Solofra, in provincia di Avellino, e, ancora, il lago Alaco in Calabria); ma anche le lagune costiere di Grado e Marano in Friuli e quelle di Lesina e Varano sul Gargano. Infine, i casi di acque violate dalle eccessive captazioni, come nel caso del Canale del Mulino a Torre Pellice in Piemonte, o dalla cattiva gestione che non tiene conto degli impatti sugli ecosistemi lacustri e fluviali, come racconta la storia dei laghi Arvo e Ampollino sulla Sila in Calabria. Storie di bonifiche mancate, di inchieste che coinvolgono funzionari pubblici e privati, casi che attendono giustizia al grido di “chi inquina paghi”.
Ci sono però anche le storie delle acque salvate, di fiumi fortemente inquinati che però stanno riacquisendo uno stato migliore grazie a politiche attente di salvaguardia e recupero ambientale, attuate dalle amministrazioni di concerto con le associazioni e gli enti privati. Sono le esperienze nate con i Contratti di fiume in Lombardia, sul Lambro e l’Olona, o sulla Bormida al confine tra Piemonte e Liguria, dove il fiume dopo anni di sversamenti e inquinamento oggi ricomincia a vivere o gli interventi di riqualificazione fluviale sul Cherio, in provincia di Bergamo.
“Abbiamo voluto raccontare le storie positive – ha aggiunto Zampetti – perché siano di stimolo per mettere in campo una seria politica di recupero e di tutela dei fiumi, delle falde e delle acque. Serve però la volontà politica perché una corretta gestione della risorsa idrica deve prevedere azioni e strumenti precisi: piani che coinvolgano, tutti gli attori interessati e perseguano l’obiettivo di ridurre i prelievi e i carchi inquinanti; un’azione diffusa di riqualificazione dei corsi d’acqua e rinaturalizzazione delle sponde; fermare i numerosi scarichi industriali e civili che ancora oggi inquinano la risorsa idrica e realizzare la bonifica delle faldecontaminate. Occorre, infine, applicare strumenti di partecipazione adeguati come i Contratti di Fiume, che, come dimostrano le esperienze già attuate, consentono di coniugare la qualità dei corpi idrici con la mitigazione del rischio e lo sviluppo socio economico delle comunità locali.”