canoni concessoriCon la sentenza n. 5071/2017, il Consiglio di Stato è intervenuto nuovamente sulla questione del canone di concessione non ricognitorio in capo ai gestori di acqua, gas e telecomunicazioni.


L’art. 27 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), nei commi 5, 6 e 7, stabilisce, invero, che: “I provvedimenti di concessione ed autorizzazione di cui al presente titolo, che sono rinnovabili alla loro scadenza, indicano le condizioni e le prescrizioni di carattere tecnico o amministrativo alle quali esse sono assoggettate, la somma dovuta per l’occupazione o per l’uso concesso, nonché la durata, che non potrà comunque eccedere gli anni ventinove.

 

L’autorità competente può revocarli o modificarli in qualsiasi momento per sopravvenuti motivi di pubblico interesse o di tutela della sicurezza stradale, senza essere tenuta a corrispondere alcun indennizzo. La durata dell’occupazione di suolo stradale per l’impianto di pubblici servizi è fissata in relazione al previsto o comunque stabilito termine per l’ultimazione dei relativi lavori. La somma dovuta per l’uso o l’occupazione delle strade e delle loro pertinenze può essere stabilita dall’ente proprietario della strada in annualità ovvero in unica soluzione.”.

 

Le riferite disposizioni impongono di indicare, nei provvedimenti di concessione o di autorizzazione, la somma dovuta all’ente proprietario delle strade (da versare annualmente o in unica soluzione), ma certamente non vietano al medesimo ente di stabilire con atto generale, anche a carattere normativo, i criteri per il computo di detta somma. Anzi, l’art. 52 del d.l gs. 15 dicembre 1997, n. 446, al comma 1, conferisce espressamente alle province e ai comuni la potestà di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie (in questi termini, cfr. Cons. Stato, sez. II, 18 gennaio 2017, n. 2120/2016, che ha respinto un ricorso straordinario al Capo dello Stato, affidato ad analoghe censure, sempre peraltro proposto dall’Enel, avverso un altro regolamento comunale in materia di canone concessori non ricognitorio).

 

La mancata adozione del decreto ministeriale non impedisce ai Comuni di dettare criteri per la determinazione del canone, atteso che, nel comma 8 del succitato art. 27, è stabilito che: “Nel determinare la misura della somma si ha riguardo alle soggezioni che derivano alla strada o autostrada, quando la concessione costituisce l’oggetto principale dell’impresa, al valore economico risultante dal provvedimento di autorizzazione o concessione e al vantaggio che l’utente ne ricava.” Il legislatore ha, dunque, declinato dei criteri guida la cui attuazione, in mancanza del ridetto decreto ministeriale, è rimessa all’iniziativa dei singoli enti proprietari delle strade.

 

Il Consiglio di Stato nel caso in oggetto fa notare che l’azienda ha erroneamente impostato il suo ricorso su aspetti totalmente diversi quali, ad esempio, l’uso dello strumento regolamentare per stabilire l’applicabilità del canone, il divieto di doppia imposizione, il divieto di irretroattività eccetera, senza nella sostanza, contestare il fatto che la strada, seppur utilizzata nel sottosuolo, rimanga di pubblico e libero utilizzo. I giudici si limitano a definire il thema decidendum entro le richieste avanzate dall’azienda ritenendole, peraltro, tutte irricevibili.

 

In allegato il testo completo della Sentenza.