Un appello al governo e al ministero dell’Ambiente, per scongiurare un’iniziativa che, se confermata, potrebbe portare all’aumento delle tariffe sui rifiuti in tutti i Comuni italiani dal 20 al 60%, con ricadute molto pesanti sui bilanci delle famiglie.
E’ quanto è emerso nei giorni scorsi dalla riunione della commissione Ambiente dell’Anci, presieduta dal vicepresidente Anci e sindaco di Parma, Federico Pizzarotti.
Dopo il rischio, sventato nei giorni scorsi, di un aumento delle tariffe sui rifiuti a causa dell’adozione di indicatori errati da parte dei gestori degli impianti di smaltimento, l’Anci prosegue dunque la sua attività a guardia dei rischi connessi alla gestione dei rifiuti urbani.
In questo caso il problema deriva da un decreto che il ministero dell’Ambiente sarebbe in procinto di varare, relativo ai criteri per la cosiddetta assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani. Si tratta, nella pratica, di stabilire quando i rifiuti prodotti da industrie e attività commerciali possano rientrare nel ciclo di raccolta e smaltimento gestito dai Comuni e finanziato dalla Tari. Ebbene, giungono indiscrezioni per cui il decreto potrebbe considerare esclusivamente criteri ‘quantitativi’, relativi all’ampiezza e alla tipologia delle attività industriali o commerciali che li producono, senza prendere invece in considerazione i criteri qualitativi, ovvero le caratteristiche del rifiuto prodotto. In particolare, verrebbe prevista l’esclusione dal perimetro della gestione dei rifiuti urbani per le attività che occupano più di 300 metri quadrati nei Comuni con meno di 10 mila abitanti e più di 500 metri quadrati nei Comuni con più di 10 mila abitanti.
“Si tratta – afferma il delegato Anci a energia e rifiuti Ivan Stomeo – non solo di limiti quantitativi molto modesti, che escluderebbero praticamente quasi tutte le grandi attività commerciali dalla gestione da parte dei Comuni, ma anche di un repentino cambio di rotta, potenzialmente devastante, rispetto ai benefici prodotti dai criteri vigenti fino a oggi: legalità, anti-riciclaggio, tutela ambientale, sicurezza igienico-sanitaria, tracciabilità dei flussi di rifiuti assimilati, semplificazione degli adempimenti per le utenze assimilate, sviluppo industriale del settore. Con l’imposizione dei nuovi criteri questi benefici scomparirebbero, ma il danno più grave sarebbe generato dai mancati introiti della tariffa che fino a oggi pagano anche i centri commerciali e le altre attività che producono rifiuti speciali. Fermo restando che qualunque sia il criterio scelto le utenze non domestiche non potranno esimersi dal pagamento della quota cosiddetta “fissa” della tariffa rifiuti, si tratterebbe di quasi due miliardi che verrebbero a mancare, e che si scaricherebbero sulle bollette pagate dai cittadini”.
“Le prime valutazioni effettuate dai nostri uffici – precisa Stomeo – evidenziano che, relativamente ai Comuni di maggiori dimensioni, gli incrementi andrebbero dal 20% al 30% se i mancati introiti venissero ribaltati su tutte le utenze (domestiche e non domestiche rimanenti) e dal 40% al 60% se invece venissero ribaltati sulle sole utenze domestiche. Dato dunque un importo di circa 9 miliardi di euro di Tari a livello nazionale, avremo da recuperare circa 1,8 miliardi, finanziabili esclusivamente tramite aumento delle tariffe. Contro questo rischio – conclude il delegato Anci – siamo pronti a batterci con determinazione”.