Il focus, sulla base dell’esperienza del progetto “Innovagiustizia” di Diffusione delle Best Practices negli uffici giudiziari lombardi (2010-13), illustra gli aspetti principali della gestione del processo di cambiamento organizzativo e le possibili prospettive di sviluppo del progetto di diffusione delle best practices negli uffici giudiziari italiani. Tali tematiche vengono approfondite dal Prof. Emilio Bartezzaghi, Professore Ordinario di Gestione Aziendale presso la Facoltà di Ingegneria del Politecnico di Milano e responsabile del progetto “Innovagiustizia”.
Gli aspetti principali del processo di cambiamento organizzativo
L’esperienza del Programma Best Practices conferma quello che è un requisito fondamentale per ogni processo di cambiamento organizzativo e cioè che tale cambiamento va affrontano e gestito come unprogetto. L’approccio per progetti richiede di definire chiaramente obiettivi, output e risultati attesi, risorse, tempi di realizzazione, metodo, attori e ruoli. Per quanto riguarda i ruoli, utilizzando la terminologia del project management, si distinguono i ruoli di committenza, di agente del cambiamento, di gestione del progetto, di destinatario degli output, di utilizzatore. Questo vale sia a livello complessivo (Programma) sia a livello dell’intervento nel singolo Ufficio (e alla sua articolazione in specifici progetti operativi). Riprendiamo in modo schematico due delle dimensioni/caratteristiche di un progetto che influenzano fortemente le altre e che sono:
- il ruolo di Committenza;
- il Metodo, inteso come insieme delle logiche di organizzazione e gestione del progetto.
La Committenza a livello centrale. In un progetto la Committenza è il ruolo responsabile della definizione degli obiettivi strategici (perché si fa il progetto, quale deve essere l’eredità del progetto), della decisione di fare o meno il progetto e di assegnare le risorse, del presidio della coerenza tra gli output e gli obiettivi, della valutazione dei risultati. In un Programma/Progetto multilivello (il livello nazionale, le Regioni, l’Ufficio Giudiziario) il ruolo di Committenza è articolato ai vari livelli. Con riferimento alla Committenza a livello centrale, nel Programma Best Practices il disegno organizzativo iniziale era interessante e prevedeva: la Cabina di Regia (Ministero della Giustizia, Ministero del lavoro, Dipartimento della Funzione Pubblica, rappresentanti delle Regioni e della Provincia autonoma di Bolzano, il rappresentante per l’Italia della DG Employment della Commissione Europea), un gruppo operativo chiamato Unità strategica (Giustizia, DFP, esperti), un task team con compiti operativi. Si è scelto di dare al Programma un indirizzo basato sull’identificazione di linee di intervento, cioè linee guida per la definizione dei progetti locali, impostati alla luce delle specifiche esigenze e condizioni. Tale disegno organizzativo della Committenza a livello centrale si è di fatto sfilacciato nel tempo ed è mancato un indirizzo più incisivo, in particolare da parte degli attori del Sistema Giustizia (Ministero, ma anche CSM). Infatti, l’impressione è che il Programma sia stato visto da tali attori come un elemento aggiuntivo, discrezionale e non incardinato nelle politiche di innovazione del Sistema giustizia. In effetti, il coordinamento con le politiche e le iniziative del Ministero si è focalizzato prevalentemente su una verifica burocratica di coerenza degli interventi e non sul loro indirizzo. Ad esempio, sul tema dei sistemi informativi non si è colta l’opportunità di utilizzare in modo sistematico i progetti Best Practices per svolgere interventi di sostegno alla diffusione degli applicativi di sviluppo ministeriale (es. PCT, SIAMM, ecc.). Il ruolo delle Regioni, importante in quanto hanno messo in campo le risorse economiche per lo svolgimento del Programma, è stato inevitabilmente problematico in termini di indirizzo degli interventi e di definizione sia dei contenuti sia dei metodi di intervento dei progetti. Credo che per svolgere un ruolo effettivo di coordinamento e monitoraggio dei progetti una Regione necessiti del supporto di supervisori esperti, in grado di valutare non solo gli adempimenti contrattuali e formali, ma anche il merito e i problemi di svolgimento dei progetti e che sia opportuno un maggiore coinvolgimento di rappresentanti degli Uffici Giudiziari.
La Committenza a livello del singolo ufficio. Questo tema è sicuramente un aspetto cruciale. L’Ufficio Giudiziario è l’unità organizzativa dove concretamente l’innovazione produce i suoi effetti ed è di fatto il principale attore del cambiamento. Pur nella consapevolezza delle differenze esistenti tra gli Uffici, in termini funzionali, dimensionali, organizzativi, di maggiore e minore avanzamento delle esperienze di innovazione, è possibile fare alcune considerazioni generali. La Committenza a livello dell’Ufficio, con riferimento ai ruoli direttivi in primo luogo dal Presidente o Procuratore, non si fonda sulla decisione di destinare risorse finanziarie che vengono invece decise da altri soggetti, ma sulle decisioni che riguardano la definizione degli obiettivi a livello locale, l’identificazione della priorità degli interventi, il coinvolgimento e l’impiego delle risorse, inteso come tempo delle persone, il monitoraggio e la valutazione dei risultati. Aspetti centrali sono quindi le competenze dei ruoli direttivi sui temi organizzativi e di governo dell’innovazione, ma anche le strutture e i meccanismi attraverso i quali si istituzionalizza il governo dell’Ufficio e la gestione dell’innovazione, anche ai fini della sua sostenibilità. Facciamo qui riferimento alla definizione e al funzionamento del Comitato, inteso come Comitato Guida (comunque denominato in vari modi nelle diverse esperienze), che include i ruoli direttivi (Capo dell’Ufficio, Dirigente Amministrativo, Presidenti di sezione, referente per l’innovazione), alla definizione dei processi di pianificazione, alla creazione di una staff di supporto per la gestione dell’innovazione.
L’altro concetto chiave nella gestione dei progetti è quello di “Operare con metodo”. Data la complessità del sistema innovativo della Giustizia, è infatti necessario un approccio sistematico in termini di: identificazione dei ruoli dei diversi attori (oltre alla Committenza di cui sopra, e delle modalità di coordinamento e interazione tra di loro), di pianificazione e controllo e di possibili metodi e strumenti di supporto a tale attività.
Per brevità ci concentriamo sul livello dell’Ufficio, dove il tema è più critico, ma ovviamente la riflessione riguarda anche il livello del Programma, dove strumenti gestionali di panificazione e controllo e di valutazione dei risultati possono svolgere un ruolo importante. In genere, l’Ufficio Giudiziario si trova di fronte a una pluralità e varietà di progetti, interventi, peraltro tra loro diversi come caratteristiche, rilevanza e attori coinvolti: progetti che fanno parte di un Programma come Best Practices, progetti ministeriali (con diversi ruoli da parte dell’Ufficio: Ufficio Pilota; Ufficio Sperimentatore; Ufficio Dispiegatore), progetti di iniziativa locale. I progetti possono essere progetti “interni”, con attori e processi di lavoro prevalentemente interni all’Ufficio, progetti “inter-ufficio” con diversi Uffici coinvolti, progetti di collaborazione inter-istituzionale, con altri stakeholder. In tale quadro, la gestione dell’innovazione si articola su due livelli tra loro interconnessi: la gestione dell’insieme dei progetti (governo strategico dell’innovazione o gestione multi-progetto) e la gestione del singolo progetto
Il governo strategico richiede al Capo dell’Ufficio, con il supporto di quello che abbiamo definito prima Comitato Guida, di identificare il quadro dei progetti di innovazione, le priorità, le sequenze, le risorse (quello che si può definire Piano strategico), controllare lo svolgimento e l’avanzamento dei singoli progetti e del piano nel suo insieme ed infine gestire le partnership, i rapporti con gli stakeholder sui progetti di innovazione, le reti di collaborazione.
La gestione del singolo progetto richiede la definizione dei ruoli e delle modalità di svolgimento e di coordinamento e controllo e la messa in campo di un minimo di metodi e strumenti di supporto per la gestione delle diverse fasi e attività del progetto. In particolare, è rilevante l’individuazione: del Responsabile di Progetto, con ruolo di raccordo con il Comitato operativo, supportato se necessario da un Coordinatore Operativo; del Gruppo di Lavoro (personale direttamente coinvolto nelle attività di analisi, progettazione e realizzazione del progetto, inclusi eventuali tecnici DGSIA/CISIA e/o consulenti); del Gruppo di Riferimento, cioè dell’insieme dei responsabili delle aree organizzative e degli attori interni ed esterni su cui l’intervento ha impatto. Queste modalità di gestione dei singoli interventi consentono di realizzare il coinvolgimento e la partecipazione di coloro che sono coinvolti nel cambiamento e svilupparne la motivazione e l’impegno. Si può affermare che “operare con metodo” consenta di affrontare i problemi tipici dei progetti di innovazione, superando almeno in parte le difficoltà derivanti dalla scarsità di risorse.
Inoltre, un approccio di questo tipo contribuisce a dare continuità al processo innovativo rendendolo più strutturale e radicato nell’organizzazione. In particolare, la definizione di ruoli, meccanismi organizzativi procedure, consente di istituzionalizzare il cambiamento, creando le condizioni per renderlo persistente e sostenibile nel tempo. Questo tema dell’istituzionalizzazione delle strutture e dei meccanismi di gestione dell’innovazione vale anche per far fronte ai rischi che il cambiamento di leadership possa portare a un arretramento nel processo innovativo.
Ciò vale anche per quanto riguarda le iniziative di innovazione tecnologica. A tal proposito vanno sottolineati i seguenti punti che si collegano alle considerazioni precedenti:
- nei progetti promossi, gestiti e coordinati centralmente dal Ministero è necessaria una chiara definizione del tipo di partecipazione e di coinvolgimento degli Uffici e per converso, vanno definite le modalità di validazione, supporto ed eventuale diffusione da parte del centro dei progetti sviluppati localmente;
- è indispensabile porre l’adeguata attenzione agli aspetti organizzativi, anche nel caso di dispiegamento di soluzioni già sperimentate;
- vanno chiaramente definite, come prima indicato, le modalità di gestione dell’innovazione a livello locale, sia nel caso di introduzione e dispiegamento di progetti gestiti centralmente, sia di innovazioni promosse e gestite localmente, in coordinamento con il centro.
Gli ambiti di intervento prioritario sui quali dovrebbe maggiormente concentrarsi un’eventuale riedizione del progetto “Diffusione di best practices negli uffici giudiziari italiani”.
In tal senso possono essere individuati due principali ambiti di intervento prioritario:
- interventi di capacity building
- dispiegamento di sistemi informativi e applicativi
Capacity Building. In primo luogo, per quanto detto prima, l’eventuale riedizione del progetto Best Practices dovrebbe prevedere interventi di capacity building, volti a sviluppare la capacità autonoma dell’Ufficio Giudiziario di governo dell’innovazione e di pianificazione delle attività. Tali interventi possono fare riferimento alle esperienze più avanzate e vanno modulati in relazione alle tipologie dimensionali e funzionali degli Uffici. Solo così si creano le condizioni per la realizzazione efficace dei progetti di innovazione e per la sostenibilità nel tempo dei cambiamenti introdotti. In questo quadro, il supporto della consulenza va finalizzato, più che alla realizzazione di un dato output/prodotto, allo sviluppo dei processi organizzativi e degli strumenti che mettono l’organizzazione in grado di realizzare in modo sostenibile quel dato output, anche quando verrà a mancare il contributo consulenziale. Ad esempio, sono pochi gli Uffici che hanno continuato a realizzare il Bilancio di Responsabilità Sociale dopo il termine dei progetti Best Practices o hanno provveduto a sviluppare ulteriormente e aggiornare la Guida ai servizi. Analogamente, la capacità organizzativa dell’Ufficio è il presupposto perché le nuove soluzioni introdotte si mantengano nel tempo (ed evolvano in relazione al mutare delle esigenze e del contesto) e perché si realizzi un’effettiva diffusione all’interno dell’organizzazione stessa dell’utilizzo dei nuovi strumenti tecnologici introdotti.
I sistemi informativi e gli applicativi. Il secondo ambito di intervento prioritario riguarda il supporto, in termini di analisi e progettazione organizzativa, al dispiegamento dei sistemi informativi e degli applicativi che vengono progettati e sviluppati dal Ministero. Si pensi ad esempio all’opportunità di accompagnare la realizzazione del Processo Penale Telematico con un intervento consulenziale di tipo organizzativo diffuso, finalizzato a dare il supporto agli Uffici giudiziari per la sperimentazione, implementazione e diffusione degli applicativi.
Più in generale il nuovo Best Practices dovrebbe fare il più possibile tesoro del bagaglio conoscitivo e delle esperienze acquisite con la realizzazione del primo Programma Best Practices. Questo suggerisce di superare la logica generalista e territoriale, che ha contraddistinto la “prima edizione” dell’iniziativa e progettare interventi più mirati sui singoli temi verticali, volti a diffondere in modo omogeneo a livello nazionale le soluzioni già sperimentate con successo in alcuni Uffici Giudiziari.
Il progetto Best Practices in una logica integrata
I punti precedenti indicano che è necessaria una forte integrazione degli interventi del nuovo Best Practices con le politiche di innovazione e i progetti del Ministero della Giustizia e con le auspicabili indicazioni e linee guida da parte del CSM. E’ opportuno inoltre il coordinamento con altri progetti di carattere nazionale, come quelli nell’ambito del cosiddetto Programma Smart Cities and Communities, finanziato dal MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) e in particolare con il programma PSC (Piattaforma dei Servizi nel settore della giustizia Civile), che si pone gli obiettivi di valorizzare il patrimonio informativo del settore della Giustizia Civile sino ad ora costruito e di creare nuovi servizi di eGovernment a supporto delle interazioni tra il sistema giudiziario e tutti gli altri attori pubblici e privati che con esso si rapportano.
In questo contesto, è comprensibile la spinta alla gestione centralizzata del Programma in capo al Ministero della Giustizia (e la conseguente riduzione del ruolo delle Regioni), anche se prerequisito fondamentale per una soluzione di questo tipo è la messa in campo da parte del Ministero stesso di un’effettiva capacità di coordinamento e presidio del Programma, inclusa la progettazione e gestione delle gare d’appalto e il monitoraggio dei progetti. Nell’ipotesi che rimanga il ruolo delle Regioni come responsabili del finanziamento dei progetti riguardanti gli Uffici Giudiziari del proprio territorio, sarà comunque necessario dare maggiore spazio agli Uffici stessi nella definizione dei capitolati tecnici dei bandi, nelle commissioni di valutazione delle offerti e nelle attività di monitoraggio.
È inoltre auspicabile una maggiore collaborazione tra gli Uffici Giudiziari europei. Un ambito di intervento prioritario, in questo senso, potrebbe riguardare attività finalizzate al miglioramento della collaborazione tra i diversi enti e uffici al fine di offrire all’utenza servizi di giustizia accessibili da cittadini e imprese di ogni Paese europeo attraverso, ad esempio, l’istituzione di front office polifunzionali. Lavorare quindi per rendere operativo un concetto di Pubblica Amministrazione europea e non solo nazionale, attraverso l’attivazione di iniziative volte a mettere in rete le PA dei vari Paesi.