softwarePartiamo dalla notizia diffusasi in Italia nel mese di giugno attraverso una circolare trasmessa dalla Halley Informatica srl. La software house di Matelica informava i propri clienti degli errori presenti sul certificato al rendiconto generato dal proprio software di contabilità finanziaria.

 

La soluzione proposta dalla società per porre rimedio all’errore consisteva nella ricreazione e rinvio del Certificato al Rendiconto di Gestione, per la seconda volta, al Ministero degli Interni, ma solo dopo aver effettuato gli aggiornamenti che correggevano l’errore originario.

 

I Comuni che subiscono gli errori del software, come nel caso di specie, sostengono un costo “aziendale” dovuto alle disfunzioni gestionali e amministrative di assoluto rilievo, dove l’aggravio di lavoro per gli uffici in un periodo di intensa attività come questo è solo uno dei tanti costi sostenuti per porvi rimedio.

 

Viene spontaneo chiedersi se possa il Comune sentirsi sollevato dalla responsabilità della errata produzione di un atto quando l’errore viene generato dal cattivo funzionamento del software gestionale in uso?

 

La risposta è certamente negativa. La responsabilità è sempre da imputare al funzionario pubblico incaricato dell’adempimento, indipendentemente dalle modalità impiegate per raggiungere il risultato.

 

E’ risaputo ormai che tutte le attività più delicate della Pubblica Amministrazione siano gestite da sistemi informatici più o meno complessi. E’ convinzione comune che i software gestionali debbano supportare il personale e offrire al funzionario risultati ormai indispensabili nelle attività ordinarie e straordinarie degli uffici pubblici. Tuttavia la responsabilità dell’operato resta sempre in capo al dirigente dell’Ente che sottoscrive l’atto, anche quando prodotto obbligatoriamente in modalità digitale, come nel caso in esame.

 

Verrebbe spontaneo pensare che ci affidiamo troppo spesso alle nuove tecnologie senza l’approccio critico che dovrebbe spingere alla verifica dei dati prima della loro trasmissione agli organi di controllo. Chi lavora nella Pubblica Amministrazione di oggi sa bene, tuttavia, che gli adempimenti cui sono chiamati gli enti negli ultimi anni sono sempre più numerosi, molto complessi e ravvicinati nel tempo, rivolgersi alle soluzioni applicative “affidando” il destino del risultato diventa pertanto una pratica di uso comune.

 

Viene da chiedersi se il processo di “razionalizzazione” della spesa pubblica attraverso i continui tagli di spesa, le gare al massimo ribasso che spingono i fornitori di software verso una competizione sfrenata, non siano la causa delle anomalie gestionali cui si assiste nel caso di specie. Appare evidente infatti che riduzioni sistematiche degli investimenti in nuove tecnologie non possano che ridimensionare gli sforzi in ricerca e sviluppo delle software house, che si traducono nel medio periodo in prodotti meno affidabili e meno performanti del passato.

 

La politica della riduzione della spesa informatica può innescare una reazione a catena che si manifesta nel generare inefficienze della macchina amministrativa pubblica, con ricadute negative sui risultati di amministrazione e responsabilità personali imputabili al funzionario incaricato. Nessun alleggerimento di responsabilità può essere invocato dal personale pubblico responsabile della produzione dell’adempimento, è ormai consolidato l’orientamento nel ritenere il software uno strumento atto a velocizzare e migliorare le prestazioni professionali del dipendente pubblico ma non a sostituirlo nelle fasi di verifica e controllo.

 

Selezionare fornitori di sistemi informativi con caratteristiche di affidabilità, completezza, robustezza e semplicità d’uso è certamente una operazione da consigliare alle pubbliche amministrazioni del nuovo millennio, servirà certamente a mitigare il rischio di errori e inefficienze, senza scordarsi però che l’intelligenza dell’uomo non potrà mai essere sostituita da un prodotto tecnologico.