La discussione sulle competenze digitali nella PA fa emergere ostacoli difficilmente sormontabili con le sole attività di formazione: l’età media molto alta del personale, la scarsa consapevolezza dei decisori, una cultura burocratica fortemente radicata, eccetera.
Ma internet non aspetta il ricambio generazionale, che probabilmente neanche è sufficiente. E quando parliamo di internet dobbiamo intendere le persone che la utilizzano: la gente si è abituata a standard sofisticati nelle interfacce e alla fruizione in mobilità. Le amministrazioni pubbliche, nella loro varietà e capillarità, sono in grado di offrire esperienze utente all’altezza delle legittime aspettative dei cittadini? Nella stragrande maggioranza dei casi no.
Col tempo mi sono fatto sempre più l’idea che a tale varietà e capillarità non deve necessariamente corrispondere un’analoga frammentazione dell’offerta online del settore pubblico. Se la PA fosse un’azienda – quindi fosse sensibile al contenimento dei costi – permetterebbe mai che ogni singola filiale o negozio sul territorio investisse soldi e tempo nella realizzazione di un proprio sito originale? No di certo. Ma la PA non è un’azienda e quindi non avrà mai un unico sito nazionale. Ma tra i due estremi ci sono tante possibili vie intermedie.
Negli Stati Uniti recentemente è stata lanciata un’iniziativa per la centralizzazione dell’hosting dei siti delle PA: un’agenzia federale offre un servizio di hosting che consente alle amministrazioni di disporre di un’installazione WordPress già pronta, potendo scegliere tra un numero limitato di temi grafici e di plugin già testati in base alle norme in vigore in quel Paese. Questo consente al singolo ente di non occuparsi degli aspetti tecnici – per i quali magari non ha competenze sufficienti – e concentrarsi solo sui contenuti di propria competenza. Potrà inoltre disporre di un sito ottimizzato per il mobile e continuamente aggiornato, dal punto di vista strettamente tecnologico. Il servizio, ancora in fase sperimentale, è a pagamento, quindi sostenibile a livello centrale.
Un analogo paradigma potrebbe essere applicato a tanti altri aspetti che riguardano le tecnologie, i modelli e le interfacce dei siti e di loro aspetti parziali, come ad esempio i singoli servizi. Ma può riguardare benissimo anche i contenuti: a parte gli atti che ha emanato, o i fatti di sua stretta competenza, il singolo ente condivide le informazioni del proprio dominio con tutte le PA dello stesso tipo.
Dunque propongo come argomento di riflessione la necessità di mettere a fattor comune tutto ciò che può essere unificato o centralizzato, come già è stato fatto proprio di recente coi test di usabilità. Ciò non deve necessariamente avvenire dall’alto, ma può anche partire da singole esperienze replicabili. E in una logica non necessariamente complessa come fu quella adottata, specie in anni passati, coi progetti di riuso. I siti web sono servizi dopotutto non particolarmente sofisticati, dal punto di vista organizzativo e gestionale.
FONTE: Innovatori PA – La rete per l’innovazione nella Pubblica Amministrazione Italiana