Si sono incontrati a FORUM PA 2014, nel corso della terza e conclusiva giornata di lavori, i principali interlocutori della sharing economy. L’occasione è stata il convegno, organizzato in collaborazione con Banca Prossima del Gruppo San Paolo, Collaboriamo, Hopen e OuiShare, dal titolo “Twist and Share. La PA alla svolta dell’economia collaborativa” . L’obiettivo? Fotografare il fenomeno e impegnare il sistema pubblico a prendere il suo posto, governando e accelerando la diffusione di forme di economia collaborativa dagli impatti positivi per le comunità.
“Esiste oggi – sostiene Gianni Dominici, direttore generale FORUM PA – un ambito di bisogni che oltrepassa il campo classico dei servizi offerti dalla PA e che obbliga l’amministrazione a ripensare il proprio ruolo e a ri-progettare le politiche pubbliche. Lo schema classico che vede pubblico e privato contrapporsi è oramai e da tempo superato. Abbiamo bisogno di uno stato che diventi “partner”: un soggetto che abiliti e sostenga le iniziative e la collaborazione tra i diversi attori sociali. Un soggetto che collabora e non ostacola. L’economia collaborativa è un’urgenza che ci sta letteralmente esplodendo tra le mani”.
Chiaro il riferimento alla cronaca di questi giorni e alle contestazioni delle associazioni di categoria contro UberPop, il servizio di car sharing peer-to-peer di Uber: dove il conducente è un altro utente che si trova nei paraggi e ha dato disponibilità alla Web Company americana. Il passaggio ha però un costo: 49 centesimi al minuto.
La nascita di un nuovo modello di servizio costringe la pubblica amministrazione ha ripensare se stessa, in prima battuta, ma anche a ripensare i regolamenti che sottendono determinati servizi.Cambiamenti di e nel mercato, richiedono nuove regole che possano governare il cambiamento e accompagnare, senza traumi, fuori questa prima fase di transizione. Il sistema pubblico è quindi stretto alle corde, nonostante la sua cronica miopia ben presto sarà costretto a mediare tra quei soggetti che, negli ultimi anni, sono entrati con prepotenza e a pieno titolo tra i “risolutori”. Oggi infatti collaborano (e non competono) soggetti diversi: cittadini (organizzati e non), imprese, istituzioni.
Queste le richieste emerse dal tavolo di lavoro:
- Regolare le nuove realtà collaborative trovando soluzioni per ammortizzare l’impatto su quelle categorie che da queste innovazioni possono perdere benefici (es. taxisti).
- Formare il personale delle amministrazioni al nuovo ruolo di facilitatore e non più solo di gestore dei servizi.
- Promuovere la cultura collaborativa a partire dalla scuola e attraverso campagne di sensibilizzazione.
- Dare libero accesso ai dati facilitando cittadini e aziende all’ideazione e alla creazione di servizi collaborativi.
- Semplificare il rapporto cittadini/PA creando spazi di incontro e confronto sul territorio per definire i beni che si è disposti a condividere.
- Snellire la legislazione relativa alla mobilità, in particolare: art.82 e 84 del codice della strada; Legge 9/90 riguardante la dimensione assicurativa.
- Agevolare la ricezione turistica ridefinendo la normativa vigente in materia di contratti e gestione dei servizi.
- Favorire la micro imprenditoria unbunkable, cioè i soggetti considerati non idonei a fruire di servizi e/o prodotti finanziari, grazie all’intervento della PA a garanzia del credito concesso ai nuovi imprenditori.
- Mappare i servizi collaborativi per conoscerli e ascoltare le nuove richieste.
- Avviare tavoli di contaminazione tra categorie tradizionali e le start up.
La sharing economy in Italia, qualche numero
Con l’attivo 260 piattaforme collaborative, la sharing economy in Italia è in netta crescita. 160 di queste sono dedicate allo scambio e alla condivisione, 40 all’autoproduzione e 60 alla raccolta fondi (14 in fase di lancio). Un’offerta numerosa a cui corrisponde una domanda ancora diffidente, ma in crescita. Secondo una ricerca di Duepuntozero DOXA, il 23% del campione intervistato ha sperimentato almeno una volta un servizio di sharing, il 10% si dichiara interessato, mentre il 59% conosce il fenomeno almeno per sentito dire. L’obiettivo del 2014 delle nuove realtà imprenditoriali è far conoscere anche ai più scettici che partecipare al consumo può avvantaggiarli.
È interessante vedere come gli italiani, da sempre attaccati al mito del mattone e dell’auto, abbiano messo in discussione proprio le due icone nazionali del benessere al momento di aderire alla Sharing Economy. In occasione delle vacanze di Natale 2013, BlaBlaCar ha registrato un +300% di posti in auto disponibili rispetto allo stesso periodo del 2012. Per far fronte alle richieste Airbnb ha dovuto aprire una sede a Milano per gestire la vorticosa ascesa del servizio nel nostro Paese (50.000 alloggi per una media di 12.000 ospiti al giorno). Car2Go, la piattaforma di carsharing promossa dal gruppo Daimler, lanciata a Milano ad agosto ha già raggiunto quota 50.000 iscritti (un decimo di quanto il servizio registra nelle 25 città al mondo in cui è attivo).
Anche sul lato casa si contano circa 20 esperienze nazionali di abitazioni in Cohousing nate dal 2005 in poi con il primo esperimento di Urban Farm Bovisa a Milano. Ultimo virtuoso esempio è il Cohousing Numero Zero a Torino, dove gli inquilini possono invece condividere un grande terrazzo, un giardino pensile, un laboratorio per il fai da te e addirittura un forno a legna per cuocere la pizza e il pane.
FONTE: Forum PA