Passa un emendamento che potrà fare la differenza nello sviluppo della banda larga. Viene da una proposta del Movimento5Stelle, che ora ce ne spiega il senso e la prospettiva
Venerdì scorso è stato approvato un emendamento di Destinazione Italia che ritengo decisivo per il futuro della banda larga in Italia, si tratta della proposta del M5S di creare un catasto delle reti. In questi anni una delle priorità che il Governo doveva darsi, per ridurre in tempi ragionevoli il digital divide nel nostro Paese, era quello di conseguire una mappatura completa di tutta la rete di accesso ad Internet. Non solo. Avrebbe dovuto estendere tale mappatura anche ai cavidotti. Ricordo, infatti, che per legge è previsto l’obbligo, quando si effettuano scavi sulle strade per qualsiasi lavoro di manutenzione delle tubature esistenti, di stendere anche il tritubo, ovvero la tubazione che serve a predisporre le strade ad essere cablate in fibra senza fare ulteriori scavi. In sintesi: avrebbe dovuto disporre di un vero e proprio catasto delle reti, che ancora manca al nostro Paese, ma nulla è stato fatto in tal senso. Per quale motivo? Purtroppo in Italia le soluzioni più semplici sono sempre le più complesse. Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo una volontà politica che manca, anche perché gli interessi coinvolti sono enormi e non mancano le resistenze e le paure di chi, in primis i detentori di monopoli, teme una vera apertura del mercato.
Con l’approvazione del nostro emendamento finalmente abbiamo una reale opportunità di intensificare il cablaggio in fibra dell’intero territorio nazionale, anche di quello meno remunerativo, sfruttando le infrastrutture pubbliche già esistenti. Il risparmio stimato è notevole considerando che solo gli scavi necessari per la posa della fibra rappresentano l’80 per cento della spesa. Ma si avrebbero altre forme di risparmio. Innanzitutto: di tempo, poiché verrebberobypassate di colpo tutte le numerose procedure autorizzative che interventi invasivi come gli scavi comportano; di impatto ambientale evitando di causare altri stress al nostro già ampiamente martoriato patrimonio paesaggistico e ambientale. Non occorre nemmeno istituire un Ente ad hoc. Abbiamo già l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, l’Authority a cui è affidato il compito di assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato delle telecomunicazioni, dell’editoria, dei mezzi di comunicazione di massa e delle poste. Con il nostro emendamento approvato l’Agcom, che ha già al proprio interno una commissione delle infrastrutture e delle reti, dovrà occuparsi da ora in avanti anche della mappatura, con relativa gestione, di tutte le reti di accesso ad Internet, sia pubblica che privata, esistenti sul territorio nazionale, dettagliandone le relative tecnologie, nonché il grado di utilizzo delle stesse. Informazioni che dovranno essere inserite in una banca dati consultabile da tutti e che dovrà essere periodicamente aggiornata anche attraverso il coinvolgimento di tutti gli operatori interessati.
In Italia in questi anni abbiamo assistito ad un deficit di programmazione nell’attuazione dell’agenda digitale con i risultati a noi tutti noti. Impreparazione, resistenze, conflitti di interesse ed enorme debito pubblico e privato, mi riferisco ad alcuni importati soggetti operanti nelle telecomunicazioni, hanno portato il nostro Paese ad essere il fanalino di coda in Europa nel raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’attuazione dell’agenda digitale Europea. Per tale ragione occorre puntare ad un monitoraggio sistematico ed organico dello stato della nostra infrastruttura, in modo da attivare una strategia nazionale che programmi, coordini ed ottimizzi tutte le iniziative pubbliche e private in tal senso, privilegiando logiche di riuso ed integrazione dell’esistente, tagliando così costi finanziari, sociali ed ambientali non sostenibili e concentrando ogni risorsa allo sviluppo e implementazione delle nuove tecnologie, sempre più innovative, alla base dell’economia digitale. Solo così il Paese può non solo recuperare il terreno perduto, rispetto ai nostri partner europei, ma anche sperare di ritornare avanguardia nel settore dell’ICT dove, negli anni passati, non eravamo secondi a nessuno.
Con il nostro emendamento abbiamo sicuramente dato un enorme contributo al Paese in questa direzione.
Purtroppo in Italia le soluzioni più semplici sono sempre le più complesse. Tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo una volontà politica che manca, anche perché gli interessi coinvolti sono enormi e non mancano le resistenze e le paure di chi, in primis i detentori di monopoli, teme una vera apertura del mercato.
Per concludere, in Italia in questi anni abbiamo assistito ad un deficit di programmazione nell’attuazione dell’Agenda digitale con i risultati a noi tutti noti. Impreparazione, resistenze, conflitti di interesse ed enorme debito pubblico e privato, mi riferisco ad alcuni importati soggetti operanti nelle telecomunicazioni, hanno portato il nostro Paese ad essere il fanalino di coda in Europa nel raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’attuazione dell’agenda digitale Europea. Per tale ragione occorre puntare ad un monitoraggio sistematico ed organico dello stato della nostra infrastruttura, in modo da attivare una strategia nazionale che programmi, coordini ed ottimizzi tutte le iniziative pubbliche e private in tal senso, privilegiando logiche di riuso e d integrazione dell’esistente, tagliando così costi finanziari, sociali ed ambientali non sostenibili e concentrando ogni risorsa allo sviluppo e implementazione delle nuove tecnologie, sempre più innovative, alla base dell’economia digitale. Solo così il Paese può non solo recuperare il terreno perduto, rispetto ai nostri partner europei, ma anche sperare di ritornare avanguardia nel settore dell’ICT dove, negli anni passati, non eravamo secondi a nessuno.
FONTE: Agenzia Digitale (www.agenziadigitale.eu)
AUTORE: Paolo Nicolò Romano, Movimento Cinque Stelle