Sugli obblighi di pubblicazione dei redditi dei dirigenti di Stato ed enti locali l’ultima parola spetterà alla Corte costituzionale? Ecco cosa sostiene il Tar Lazio, con l’ordinanza n. 9828/2017.
Le regole sulla trasparenza obbligano i dirigenti a pubblicare i compensi legati al loro ruolo e agli eventuali incarichi assunti, i rimborsi spese e la situazione patrimoniale propria e dei famigliari più stretti: tuttavia i funzionari hanno contrastato le stesse note del Garante Anticorruzione che chiedevano di applicare la legge all’interno dell’Authority, e il fuoco si è allargato fino alla sospensiva decisa dal Tar, che ha portato anche al blocco delle Linee guida dell’Anac sul tema.
Per i ricorrenti, la sproporzione della misura e la gravità dell’interferenza nella vita privata degli interessati risiede anche nella sconfinata platea dei soggetti che, tramite la prevista diffusione in internet dei documenti e dei dati richiesti, è in condizione di accedere ad una mole di informazioni con estrema facilità, essendo le stesse, come detto, a portata di “click” grazie alla mera digitazione dei nominativi degli interessati nei comuni motori di ricerca.
Il Collegio non dubita della serietà e della fondatezza delle ragioni illustrate dalla difesa erariale quando evidenzia la necessità non più prorogabile di adottare un sistema rigido di prevenzione della corruzione, alla luce dei noti fatti di cronaca giudiziaria, e in virtù dei numerosi moniti provenienti da rilevanti organizzazioni internazionali.
La rigorosità della misura è sottolineata dalla ulteriore prescrizione secondo cui nessun filtro o artifizio può essere adottato dalle amministrazioni cui compete la pubblicazione online dei dati affinché l’accesso ai documenti venga, anche con l’uso di strumenti informatizzati, in qualunque modo discriminato e gli stessi documenti siano resi non consultabili dai c.d. motori di ricerca.
L’art. 7-bis, comma 1, d.lgs. n. 33/2013, dispone infatti che
“Gli obblighi di pubblicazione dei dati personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari, di cui all’articolo 4, comma 1, lettere d) ed e), del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, comportano la possibilità di una diffusione dei dati medesimi attraverso siti istituzionali, nonché’ il loro trattamento secondo modalità che ne consentono la indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web ed il loro riutilizzo ai sensi dell’articolo 7 nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali”.
Dunque per il TAR sono fondate le obiezioni dei ricorrenti. Secondo il tribunale la legge ribalta tout court sui dirigenti gli obblighi di trasparenza previsti per i politici: un conto però sono ministri, presidenti e sindaci, che devono rendere conto di tutto ai cittadini che li hanno eletti, altro invece è il ruolo dei dirigenti, privati cittadini che svolgono un incarico, pubblico ma professionale. E anche tra i dirigenti ci sono ruoli e funzioni distanti fra loro, che non possono essere trattate allo stesso modo.
Pertanto, dugli obblighi di pubblicazione dei redditi dei dirigenti di Stato ed enti locali deciderà la Corte costituzionale, perché le questioni di legittimità sollevate dai ricorsi sembrano ai giudici amministrativi tutt’altro che infondate.