Siamo di fronte a un cambiamento importante nel modo in cui le Pubbliche Amministrazioni comunicano e interagiscono con i cittadini. Dal punto di vista legislativo la Legge 150/2000 invita le PA a sviluppare relazioni bi-direzionali con cittadini e imprese, grazie a opportunità di partecipazione e accesso agli atti pubblici. L’intento è di facilitare il passaggio a una comunicazione pubblica “social”, vicina alle persone che permetta alla PA di essere dove sono i cittadini, in rete. Così social network e sentiment analysis diventano strumenti strategici atti a migliorare la relazione amministrazione-cittadino e anche la figura professionale del social media manager, spesso improvvisata o non riconosciuta, assume un ruolo indispensabile ed è sempre più richiesta all’interno delle PA.
I primi risultati a testimonianza di questa trasformazione comunicativa – lo annuncia Francesco Di Costanzo, responsabile comunicazione web #italiasicura Palazzo Chigi e promotore #pasocial – sono i dati relativi alle presenze: “La Presidenza e tutti i Ministeri sono sui social, lo stesso vale per le Regioni e gran parte dei Comuni italiani. La maggioranza è su Facebook, poi Twitter e Instagram, senza dimenticare YouTube, Flickr, Linkedin. Vanno bene anche le chat: sono circa 200 tra comuni e aziende pubbliche su WhatsApp, 4 i Ministeri o strutture del Governo su Telegram. Ancora bassa la presenza su Snapchat dove si stanno muovendo soprattutto le università“. Con Francesco Di Costanzo abbiamo deciso di fare un po’ di chiarezza e raccontare i principali punti di cui si è parlato lo scorso 24 maggio a FORUM PA 2016 nel corso del workshop da lui coordinato, sulle modalità di comunicazione del Governo. Questi gli spunti emersi.
Conosciamo #pasocial
Due secondo Di Costanzo gli aspetti evidenziati dal percorso intrapreso con #pasocial per innovare le modalità comunicative degli enti pubblici: anzitutto “il segnale da parte del Governo di un interesse e un forte impegno sulla nuova comunicazione pubblica e – in secondo luogo – la voglia di fare da parte di tante persone del settore pubblico che sono disponibili a partecipare e a contribuire per rivoluzionare tempi, linguaggi e servizi della PA”. Ma partiamo dall’inizio: lo scorso novembre a Palazzo Chigi si sono tenuti, per la prima volta in Italia, gli Stati Generali della nuova comunicazione pubblica, dedicati alla nuova figura del social media manager e alle esperienze social di enti e organizzazioni pubbliche. Un appuntamento significativo: una reale spinta verso la mobilitazione di numerosi comunicatori e capo uffici stampa del Governo a estendere il percorso #pasocial anche ai territori. Da allora #pasocial si è concretizzato e ha fatto tappa a Roma e Pescara con l’obiettivo di sviluppare e migliorare la nuova comunicazione pubblica. Il passo successivo sarà eliminare quell’aggettivo “nuova” e far sì che finalmente la comunicazione della PA entri a far parte a pieno titolo dell’era contemporanea.
Ostacoli e reazioni dei cittadini
“Gli ostacoli ci sono, prima di tutto culturali”. L’analisi di Di Costanzo sottolinea che le sfide vanno dalle ridotte dimensioni degli organici, alle difficoltà di inserimento di nuove figure professionali, fino al cambio di mentalità per quanti (molti) hanno una concezione chiusa della PA. “In questi due anni però tante dinamiche si sono trasformate, c’è una nuova consapevolezza dell’utilità di questi mezzi” rassicura Di Costanzo augurandosi che il gruppo #pasocial possa contribuire a tale crescita e, in riferimento sia ai cittadini che ai dipendenti stessi della pubblica amministrazione, si mostra ottimista riferendosi a tutte quelle professionalità interne alla PA che devono solo essere stimolate per poter esprimere al meglio il proprio potenziale in un’ottica di miglioramento collettivo.
Prospettive future
“Il Governo c’è e i primi risultati già sono tangibili: tanti Ministeri sono diventati best practice”.
I primi passi ad essersi rivelati vantaggiosi sono quelli mossi dalle PA su Facebook e Twitter: la diretta sui canali ufficiali ha spesso permesso di gestire eventi ed emergenze; su Instagram, dove la promozione dei territori ha grande seguito. Ma anche WhatsApp e Telegram, se usati come urp o call center, riducono il numero di telefonate e reclami. Non solo presenza sulle piattaforme social, ma anche voglia di rendersi sempre più raggiungibili e di interagire con i cittadini attraverso le chat. “Per fare un esempio recente: i numeri raggiunti in poco tempo sui canali Telegram di Miur, Mef, Farnesina, #italiasicura di Palazzo Chigi sono un segnale chiaro per dire che, quando la PA si mette in gioco, i risultati arrivano e soprattutto diventa interessante agli occhi dei cittadini”. Una strada che porterà la PA a essere punto di riferimento per le persone. “I dati sono sotto gli occhi di tutti, chi decide di puntare su social e chat per servizio pubblico vede crescere attenzione, seguito, dialogo con i cittadini”. Per questo le Amministrazioni, gli enti, le aziende pubbliche vogliono essere dove stanno i cittadini, come referenti, per offrire informazioni e servizi realizzando finalmente in concreto il concetto di “PA a portata di smartphone”. Allo stesso modo – conclude Di Costanzo – la figura del social media manager non può rimanere alla mercé della buona volontà e dell’entusiasmo di comunicatori o dipendenti intraprendenti, ma deve godere del giusto riconoscimento quale professione di responsabilità. In sintesi: “Spesso si è pensato ai social e, di conseguenza, al social media manager come un gioco o un passatempo, finalmente si sta diffondendo il concetto che si tratta di un sevizio pubblico e di una vera e propria attività lavorativa”.