Il modello di smart city fonda molti dei suoi principi sulla capacità degli oggetti reali di essere fonte di informazioni digitali. Già oggi l’internet of things rappresenta un fenomeno in cui siamo totalmente immersi grazie alla diffusione di sensori miniaturizzati e di tecnologie di trasmissione dati non invasive e ad alta velocità. Accanto a questi anche dispositivi portatili, come smartphone e tablet, rappresentano concentrati di tecnologia capaci di raccogliere informazioni a ciclo continuo. Così azioni ordinarie, come effettuare una telefonata, aggiornare il proprio profilo Facebook, pubblicare un tweet o eseguire pagamenti tramite carta di credito, fanno si che ogni soggetto, volontariamente o involontariamente, lasci una traccia digitale sulle diverse reti integrate nelle aree urbane.
La raccolta di tali tracce crea un vero e proprio livello digitale sovrapposto a quello reale e deposito dell’enorme insieme di esperienze individuali che si intrecciano all’ interno della città. Il crescente fenomeno open data, rende questa dimensione digitale delle nostre città sempre più accessibile e ne stimola interpretazioni e elaborazioni che non possono che chiamare in causa la sfera della progettazione urbanistica.
Quanto fin qui descritto rappresenta un’opportunità imperdibile anche per la progettazione delle città di domani, ma è necessario ricorrere a nuove strategie di progettazione urbana che prevedano di elaborare e utilizzare con completo controllo le nuove risorse a disposizione del progettista, ingestibili e ridondanti se finalizzate ad analisi e metodi di progettazione tradizionali. Per predisporre la città a divenire Smart è necessario adeguare il processo progettuale che ne pianifica il cambiamento.
Computational design
Nell’ultimo decennio strumenti computazionali che, come Grasshopper per Rhino uniscono la modellazione 3D all’utilizzo di algoritmi matematici, hanno dato vita ad una rivoluzione estesa ai più disparati campi della progettazione, un nuovo approccio “universale” adatto tanto al design industriale quanto al design meccanico o al design architettonico. La ricerca e la sperimentazione su questi software permette di andare oltre alla possibilità dello strumento computazionale di assistere il progettista durante il processo descrittivo, introducendo una grande innovazione soprattutto nel processo generativo del progetto.
Nonostante quanto possa apparire da alcuni celebri esempi di applicazione, come i progetti di Zaha Hadid e Patrik Schumacher, questo tipo di approccio non è improntato sulla forma, ma, al contrario, le fondamenta risiedono nelle relazioni tra le parti elementari di un sistema complesso in cui se un elemento muta, tutti gli altri si auto-organizzeranno di conseguenza. Parliamo pertanto di un comportamento adattativo che permette di progettare sistemi in cui, essendo fissate le “regole” che mettono in relazione i singoli elementi, se il sistema varia in modo inaspettato (comportamento emergente), lo farà comunque in accordo con tali regole definite tramite variabili parametriche. Questo ci permette di capire e controllare il comportamento di un sistema complesso (ad esempio un edificio o una città), in modo da pianificarne la risposta rispetto alle condizioni ambientali, alle forze esterne e altri parametri.
L’era dell’informazione presenta quindi nuove sfide, non solo, come prima l’era dell’industrializzazione, relative agli obiettivi e all’oggetto che stiamo progettando ma soprattutto riguardo al modo in cui lo stiamo progettando.
Progettare la città di domani: l’esempio di Torino
Ritenendo il Piano Regolatore Generale (PRG) uno strumento ormai inadeguato, perché troppo statico per interfacciarsi con un sistema in rapido e costante mutamento come la città moderna, guardiamo alle opportunità offerte dall’elaborazione di dati aperti geo-localizzati come parametri di input in un processo parametrico di pianificazione urbana.
La città di Torino ha rappresentato un eccellente caso di sperimentazione progettuale su scala urbana, in cui promuovere la nascita di numerose centralità urbane tramite una mixitè capace di garantire l’autosufficienza di singoli oloni. Per ottenere un simile scenario, la definizione degli algoritmi è stata guidata dall’individuazione di specifiche opportunità progettuali ritenute come le più vicine alle attitudini storiche e alle esigenze attuali di Torino, in accordo con i sei campi d’intervento che definiscono l’immaginario della città del futuro:
- Open data (smart governance)
- Mobilità pedonale (smart mobility)
- Coworking (smart people)
- Digital fabrication (smart economy)
- Spazio pubblico ibrido (smart living – smart enviroment)
Realizzando un modello misto di dati vettoriali e metadati, la ricerca ha permesso di sfruttare i potenti strumenti di modellazione geometrica con una relazione diretta con una nuova dimensione informativa. Gli utilizzi di un tale modello possono, così, limitarsi a operazioni di visualizzazione ed interrogazione del database, tipiche del GIS, o spaziare verso nuovi orizzonti, tramite rielaborazioni delle informazioni in grado di generare infinite varianti progettuali in base alle strategie del progettista, messe in atto sotto forma di algoritmi che governano le relazioni tra i dati.
I risultati ottenuti delle elaborazioni sono stati definiti “tailored urban parameter” (TUP) perché, superando il concetto di standard urbanistici, forniscono delle indicazioni dinamiche strettamente correlate al particolare contesto a cui si riferiscono, ricalibrabili in tempo reale in base agli intenti del progettista, nonché immediatamente spendibili come nuovo input per la progettazione ad una scala di maggior dettaglio.
Da prescrittiva ad adattativa: la città si progetta sui Dati aperti
La sperimentazione effettuata suggerisce la possibilità di un interessante rinnovamento della pratica urbanistica, che da tipicamente prescrittiva qual è, grazie ad un innovativo utilizzo della risorse tecnologiche, diventa adattativa. In tale approccio la selezione dei dati costituisce intrinsecamente un’importante scelta progettuale perché influenza fortemente il risultato finale. Come nel caso illustrato, inoltre, non è solo la tipologia di dati scelti ad essere importante, ma anche la provenienza di questi, dal momento che, il movimento open data porta con se sé intenti di carattere sociale ed economico legati alla liberazione del valore potenziale di dati altrimenti sottoutilizzati e di partecipazione.
Così, per la progettazione della città di domani, sarà innanzitutto necessario pianificare quali informazioni la città di oggi deve fornirci di sé. La pianificazione urbanistica è peculiarmente una trasposizione di volontà politicheed anche in questo caso la selezione delle informazioni rappresenta senz’altro un’azione politica, attuando la quale, però, andrebbe colta l’opportunità di un potenziamento del processo democratico. Le logiche di open government permettono, infatti, che le PA e i cittadini effettuino un operazione di mutuo controllo sull’attendibilità, la qualità e la tipologia dei dati.
Un corretto e fruttuoso utilizzo dei dati aperti utili a progettare i cambiamenti delle nostre città richiede anche che, rispetto a quanto avvenuto finora, siano fatti sforzi molto maggiori nella riorganizzazione delle strutture amministrative.
A supporto di una simile operazione, la trasversalità a molte discipline dell’approccio proposto, permette di ricorrere a strumenti già sviluppati in altri campi ma riutilizzabili, con i dovuti adeguamenti, anche nel contesto amministrativo, come ad esempio Government GitHub. Il tema della contaminazione dovrebbe pertanto diventare centrale per concretizzare il concetto di “piattaforma”, interessando non solo gli strumenti e le competenze in gioco ma anche, e più di ogni altra cosa, le fonti da cui provengono i dati. Questo riguarda più in generale il modo in cui tutti i cittadini possono prendere parte al processo democratico: la natura della piattaforma dovrebbe essere innanzitutto quella di una fork del progetto, in cui mettere in collegamento l’opera delle amministrazioni con le esigenze dei cittadini, contribuendo così a costruire la consapevolezza di una comunità che viene coinvolta in modo diretto nel momento decisionale della città.
E’ proprio il contributo umano a dover essere salvaguardato: strumenti computazionali e dati ci permettono di sperimentare più rapidamente e di esplorare nuove strade, ma per quanto possano sembrare potenti, per governarli dovranno continuare a essere incoraggiati l’intuizione, l’ambizione intellettuale e la creatività, appartenenti solo all’ingegno umano, unica possibile fonte di progresso.
FONTE: Forum PA
AUTORE: Andrea Galli