L’Agenda non viene attuata per colpa di una governance inefficace. Serve un senso di urgenza condiviso, conoscenza diffusa tra gli attori e loro partecipazione attiva. E non basta nemmeno: c’è bisogno anche di uno spazio in cui mescolarsi. La lectio magistralis del responsabile scientifico dell’Osservatorio Polimi sull’Agenda Digitale, durante l’evento del 5 novembre.
Il tema dell’Agenda Digitale è centrale per il Paese e immenso da affrontare. Vengono quasi i brividi a pensare all’importanza del tema nell’attuale contesto storico del Paese perché stiamo parlando non solo di innovazione digitale nella PA – che già di per sé consentirebbe di ridurre sacche di inefficienza quantificabili in decine di miliardi di euro – ma anche di supportare le imprese italiane nel fare innovazione digitale. Parlare di Agenda Digitale vuol dire pertanto parlare degli importanti temi di questo periodo: sviluppo, crescita, lotta all’evasione fiscale, qualità della vita… Un intero mondo.
L’Agenda Digitale è un tema di cui si parla tanto ma che si fa poco. Il non attuare l’Agenda Digitale è il vero problema di oggi. E non la si attua perché la governance è inefficace, poco informata e non condivisa. Ecco perché oggi è sempre più importante parlare di governance dell’Agenda.
L’ecosistema di attori coinvolti nell’agenda digitale è enorme: Unione europea, Governo, politica, PA centrale, PA locale, imprese, associazioni, cittadini, ricerca. Tanti livelli decisionali e un’enorme complessità da gestire.
In questo tipo di sistemi per poter migliorare l’efficacia decisionale servono tre ingredienti:
• Serve un senso di urgenza condiviso: i principali attori del sistema devono percepire l’importanza e l’urgenza della decisione
• Serve conoscenza diffusa tra gli attori: bisogna sapere di cos si sta parlando; bisogna conoscere sia le soluzioni possibili che lo stato di effettiva attuazione dell’agenda
• Ci vuole una partecipazione attiva degli attori che devono trovare una sintesi decisionale.
Questi tre ingredienti non bastano: hanno bisogno di un “pentolone” – occasioni decisionali – in cui potersi incontrare, uno spazio in cui mescolarsi. Altrimenti non si ha nessuna attuazione o si ha un’attuazione inefficace.
Manca un luogo dove si comunichi una direzione comune, si incontrino compagni di viaggio, si raccolga e documenti la conoscenza, ci si confronti sulle decisioni di natura sistemica, si misurino i risultati, si definiscano i problemi e le criticità di attuazione. Serve un pentolone per l’Agenda Digitale. In assenza di quello ci sono 100 pentolini che surrogano la presenza del pentolone e fanno disperdere una marea di energia.
L’assenza di un tale “luogo” porta a situazioni paradossali, ma tutt’altro che ipotetiche, delle quali abbiamo avuto evidenza in questi anni. Immaginate un funzionario regionale che volesse definire una politica di Agenda Digitale Regionale coerente con le scelte di impostazione dell’Agenda Digitale Nazionale. Come fa? Immaginate una struttura di ricerca – gli Osservatori stessi – che volesse mettere a disposizione dati, evidenze, strumenti a chi deve prendere decisioni sull’Agenda Digitale. A chi consegna questo bagaglio di conoscenza ed esperienza? Immaginate un volenteroso funzionario comunale che volesse introdurre un’innovazione digitale nei processi del suo Comune. Dove va a informarsi sull’esistenza di linee guida, good practice, applicazioni già esistenti, normativa pertinente, modelli di finanzia- mento? Immaginate un’intera industria – quella dell’innovazione digitale – che voglia capire dove orientare i suoi investimenti e fare un piano industriale. Con chi parla? Immaginate tutti questi soggetti – e tanti altri qui non citati – che vogliano quanto meno confrontarsi tra loro. Dove possono andare?
Proponiamo che a sostegno dei meccanismi formali di governance nasca un punto di incontro per coordinare meglio il lavoro di tutti: il multi-stakeholder forum dell’Agenda Digitale. Tale forum serve a promuovere il confronto costruttivo tra gli attori chiave, serve a garantire la continuità di lavoro, serve a istruire problemi e proporre soluzioni, serve a raccogliere le aspettative da imprese e PA, serve a coinvolgere gli interlocutori autorevoli, serve a monitorare e stimolare l’execution e serve a mettere a fattor comune le buone pratiche.
Non è il luogo in cui si decide, ma in cui si istruisce e si generano condividono proposte. Non è in contrapposizione ai luoghi di decisione formali, ma è a supporto delle decisioni nei luoghi di decisione formali. Non è il regno della disorganizzazione, deve essere caratterizzato da regia, istruzione e preparazione dei lavori. Non è un “carrozzone” che complica ma il luogo dove convergono gli attori che hanno a cuore l’esecuzione. Non è un convegno a sessioni parallele ma un luogo unitario dove si lavora insieme. Non è una iniziativa sporadica ma garantisce continuità nel tempo. Non è “per pochi” esperti, ma inclusivo di chi contribuisce all’innovazione digitale del Paese.
Ci sarebbero vantaggi per tutti:
• Trasparenza: le informazioni e le decisioni sarebbero condivise e/o rese note a tutti gli interessati
• Coinvolgimento: tutti i portatori di interesse si sentirebbero parte di un progetto comune
• Forza politica: le istanze e le proposte che emergessero avrebbero una base proponente forte (es. l’intergruppo parlamentare avrebbe dietro il Paese)
• Cultura: un luogo reale dove si faccia cultura del digitale e si possa disseminare cultura digitale
• Competenza: tutti i principali centri di ricerca e fonti di competenza ed esperienza sarebbero a disposizione per un lavoro più unitario, non dispersivo e non ridondante.
FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)
AUTORE: Alessandro Perego