Il 30 giugno 2014 segna una svolta fondamentale per il processo civile telematico.
In virtù del decreto legge n.179/2012, infatti, a partire da tale data, per il giudice sarà obbligatorio depositare -esclusivamente con modalità telematiche- i decreti ingiuntivi;per i difensori, i ricorsi per ingiunzione e tutti gli atti endoprocessuali; per i soggetti nominati o delegati dall’autorità’ giudiziaria (ad es. CTU), gli atti e i documenti.
Si tratta di un cambiamento che non si limita ad una mera dematerializzazione del fascicolo, ma impone una radicale rivoluzione della giustizia civile italiana.
E’ una trasformazione che impone un ripensamento dei ruoli del giudice, dell’avvocato, del cancelliere, degli strumenti e di tutta l’amministrazione della giustizia.
Una trasformazione che comporta una svolta culturale con operatori che devono sapere gestire gli strumenti telematici ed approntare risposte immediate al sistema.
Una modifica che consente alla giustizia di essere al passo con i tempi in un mondo sempre più informatizzato.
Una scelta che comporta benefici per tutti gli operatori.
Al magistrato consente una maggiore consapevolezza dell’intero ruolo, il deposito anche a distanza dei provvedimenti e l’esame dei documenti e degli atti endoprocessuali senza l’onere del trasporto, garantendo così una più efficiente programmazione del lavoro e delle priorità.
All’avvocato consente di inviare gli atti dal proprio studio e di ricevere nell’immediatezza provvedimenti e verbali di udienza, con risparmio di tempi, risorse ed energie.
Al cancelliere consente di velocizzare gli adempimenti grazie al raccordo immediato con il giudice e con l’avvocato.
I benefici del processo civile telematico, tuttavia, non possono mettere a tacere le evidenti criticità dello stesso che, da un lato, ne riducono l’efficienza e, dall’altro, provocano resistenze rispetto alla sua affermazione.
Le macchine e le dotazioni software sono, allo stato attuale, incomplete ed inadeguate alle potenzialità dello strumento e, in caso di files di grandi dimensioni, inidonee a consentirne il deposito, con necessità di ricorrere a supporti materiali di memorizzazione.
Le interruzioni del sistema in orario lavorativo per l’installazione di modifiche evolutive sono sempre più frequenti.
L’assistenza tecnica è affidata ad un numero di addetti insufficiente a fornire risposte immediate e contestuali a tutti gli operatori, con il serio e concreto rischio che guasti tecnici, anche banali, blocchino l’intera attività giudiziaria.
La formazione dei cancellieri e magistrati si esaurisce in corsi, spesso collettivi, di un paio d’ore, insufficienti a garantire la conoscenza e l’apprendimento di un complesso sistema.
La necessità di redigere telematicamente i verbali di udienza a cura del magistrato, senza la collaborazione dell’assistente o degli avvocati, determinerà un allungamento dei tempi dell’intera udienza e l’impossibilità di trattare più di dieci-quindici cause per volta.
L’esigenza di consultare tutti i documenti solo sul terminale comporterà seri rischi alla salute per tutti gli operatori e, in particolare, per i magistrati che dovranno dedicare tempi lunghi alla visione di tutti gli atti a video, verificare la corrispondenza tra le asserzioni contenute nelle memorie conclusive e gli atti del fascicolo, aprendo e chiudendo le “finestre” e cercando all’interno dei documenti in pdf il dato che interessa consultare.
E’ necessario individuare soluzioni tecniche che consentano di procedere contestualmente alla redazione del provvedimento e alla consultazione del fascicolo.
Le criticità evidenziate non possono farci rinunciare al progresso, ma vanno affrontate con mezzi e riforme che il Governo ed il Ministero devono approntare con urgenza, affinché si giunga preparati alla scadenza del prossimo mese di giugno.
Il PCT non può essere visto come uno strumento di contenimento della spesa pubblica che riduca le già carenti disponibilità di operatori amministrativi e trasferisca parte del loro lavoro sui soli magistrati, ma come mezzo ed occasione di ottimizzazione delle risorse e di investimento in tecnologia e organizzazione.
E’ necessario, quindi, un potenziamento quantitativo e qualitativo di strumenti informatici e di personale di cancelleria, in modo da evitare di sottrarre le risorse dei magistrati al compito primario che su di essi grava.
Deve essere fornita manutenzione ed assistenza continua per assicurare l’efficienza del servizio con risposte rapide ed evitare che banali guasti blocchino integralmente l’attività di giudici e cancellieri.
Occorre garantire la tutela della salute degli operatori, predisponendo una sorveglianza sanitaria e postazioni adeguate ed ergonomiche per il piano di lavoro, per l’illuminazione, per il sedile di lavoro, così come già previsto dal Dlgs 81/2008 per i lavoratori addetti ai videoterminali con particolare riguardo ai rischi per la vista e per gli occhi, ai problemi legati alla postura ed all’affaticamento fisico o mentale, alle condizioni ergonomiche e di igiene ambientale.
Deve mutare l’approccio al processo, anche con riflessioni sulla lunghezza degli atti degli avvocati che va rivista, dovendo la struttura degli atti trasmessi telematicamente adeguarsi ai nuovi mezzi, con il ritorno all’oralità che costituiva uno dei principi fondamentali del processo enunciati sin dal secolo scorso.
Occorre andare oltre la prospettiva di una semplice trasposizione informatica degli atti cartacei e realizzare protocolli che promuovano l’elaborazione di modelli pensati per il PCT.
E’ solo con la soluzione di tali criticità che la riforma può essere attuata.
E’ solo con l’intervento del Ministero e del Governo che il PCT rappresenterà un’innovazione organizzativa e culturale per la giustizia civile italiana e non un ulteriore e dannoso aggravio di lavoro per i magistrati.
FONTE: Associazione nazionale magistrati