L’agenda digitale italiana in ritardo drammatico. Una quota delle riserve auree può finanziare gli investimenti strategici

Il Governo spinge (giustamente) i cittadini italiani a usare sempre di più la rete telematica. La semplificazione della pubblica amministrazione è incardinata soprattutto sull’uso delle tecnologie digitali. I cittadini attraverso l’open data possono accedere a una miriade di informazioni che riguardano l’amministrazione pubblica. I pensionati già oggi debbono scaricare il proprio CUD dal sito internet dell’Inps. Dal prossimo anno le dichiarazioni dei redditi saranno inviate precompilate ai contribuenti col medesimo sistema.

La posta elettronica certificata (detta PEC) sostituisce in tutto e per tutto la corrispondenza raccomandata.  Il commercio elettronico (E Commerce) ha ormai conquistato larghe fette di popolazione, che attraverso internet acquista di tutto, dai biglietti di cinema e teatro ai generi alimentari, dagli elettrodomestici alle vacanze (il fatturato stimato per l’anno in corso è di oltre 13 miliardi di euro). Di fronte a questo andamento destinato ancor più a svilupparsi, lo stato della nostra rete è di un’arretratezza imbarazzante.

Ventunesimo posto in Europa. La media della velocità di connessione in Italia è di 5,2 Mb al secondo. Il 40% di Olanda, Svizzera e Repubblica Ceca; la metà di Svezia, Irlanda, Belgio, Danimarca e Regno Unito; molto al di sotto di Finlandia, Austria, Norvegia, Germania, Polonia, Russia Romania; meno di Ungheria, Spagna, Slovacchia, Francia e Portogallo. Appena un po’ meglio della Turchia (4,3 Mb/s).

“La crisi del principale gestore di telefonia e proprietario della rete telematica (Telecom) –dichiarano il Presidente di Federconsumatori Rosario Trefiletti e il Presidente di Adusbef Elio Lannutti – ha impedito finora di effettuare gli investimenti necessari alla modernizzazione del Paese. Il Governo non può però restare a guardare e ad aspettare gli eventi. Per un piano di investimenti dall’alta valenza strategica, come quello della rete telematica, si può e si deve impegnare una quota (attorno al 10-15%) delle riserve auree in possesso di BANKITALIA.

Il ritorno, in termini di occupazione e di incremento della produttività del sistema Italia, è in grado di compensare ampiamente lo sforzo finanziario e rende questo intervento ormai ineludibile”.

 

FONTE: Federconsumatori

 

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