l ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha partecipato, sabato mattina, alla giornata di chiusura del Convegno Nazionale sulla Giustizia Digitale dal titolo “L’obbligatorietà di non dimenticare”.
L’iniziativa, organizzata da Agenda Digitale Giustizia, nasce con l’obiettivo di proporre un nuovo confronto sullo sviluppo del processo di digitalizzazione del settore in vista dell’obbligatorietà del 30 giugno 2014 e offre l’occasione per approfondire i principali elementi del cambiamento in atto a livello tecnologico, normativo e organizzativo.
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Signor Sindaco, signori Magistrati, signori Avvocati, Autorità presenti, Signore e Signori, desidero innanzi tutto porgere il mio saluto a Voi ed agli organizzatori di questo convegno e, per Vostro tramite, far giungere il mio saluto ed il mio pensiero alla città di Carpi, ospite dell’iniziativa, e alle altre città dell’Emilia Romagna che portano ancora visibile il segno del sisma che le ha profondamente ferite nel maggio 2012.
Questa iniziativa giustamente le ricorda, per non dimenticare i momenti di dolore che a quell’evento sono purtroppo inseparabilmente uniti e soprattutto per ricordare l’orgoglio di questi cittadini, che hanno saputo silenziosamente, quanto rapidamente, riparare le gravi lesioni al loro patrimonio artistico e ricostruire il tessuto economico di questo territorio, che dal quel terribile terremoto ha ricevuto innumerevoli danni.
Il mio augurio quindi a Carpi e alle altre città colpite dal terremoto è quello di uscire definitivamente, con il contributo delle istituzioni, dallo stato di emergenza nel quale purtroppo ancora versano.
Mi sia consentito un sincero ringraziamento agli organizzatori del convegno.
La ricchezza degli argomenti scelti su un tema così importante ed attuale quale quello della informatizzazione della giustizia e la professionalità dei tanti relatori presenti mi offrono una grande occasione di conoscenza e confronto, tanto più preziosa perché si presenta proprio all’inizio del mio mandato.
Un plauso merita il taglio che si è voluto conferire a questo evento: digitalizzazione della giustizia civile come percorso nel quale molte anime giocano un ruolo fondamentale e in cui tutti gli operatori della giustizia rivestono il ruolo di protagonisti.
Un percorso nel quale varie componenti, apparentemente eterogenee, entrano invece in gioco in modo necessariamente unitario: tecnologia, organizzazione, tecnica normativa, formazione e allocazione delle risorse sono tutti aspetti che non possono che procedere all’unisono nel momento in cui si affronta un ripensamento dell’organizzazione della giustizia e della sua informatizzazione.
E’ a tutti voi noto che importanti studi sul funzionamento dei sistemi giudiziari europei, quali quello della CEPEJ, ci consegnano un quadro della giustizia italiana certamente non felice, che vede l’Italia collocata agli ultimi posti in Europa per numero dei procedimenti pendenti e durata dei processi, nonostante l’eccellente produttività dei giudici italiani.
In questo scenario l’informatizzazione della giustizia costituisce indubbiamente uno dei più seri investimenti verso il miglioramento del servizio al cittadino ed al tempo stesso anche un passo importante, forse fondamentale, nella direzione di quella maggiore efficienza della giustizia civile che ci viene ormai richiesta, da più parti, anche come fattore di competitività del Paese.
Il rapporto Ocse sulla giustizia civile 2013 è chiaro in tal senso: la performance del sistema giudiziario è migliore nei paesi che effettuano maggiori investimenti in informatizzazione e altresì – cito testualmente – “la durata media dei procedimenti è più bassa e la produttività dei giudici è più elevata nei paesi che destinano una quota maggiore del bilancio della giustizia all’informatizzazione”.
Il ministero della Giustizia ha in questi anni convintamente investito nella diffusione del processo civile telematico i dati e i risultati sono ben noti a questa platea e di certo sono stati ampiamente illustrati e commentati in questi giorni.
Del tutto considerevole è il numero della comunicazioni online, ormai obbligatorie, inviate dagli uffici giudiziari nel corso dell’anno passato e assolutamente significativo è il risparmio di spesa che ne è conseguito.
Anche se complessivamente il numero dei depositi telematici da parte degli avvocati non raggiuge quello assolutamente ragguardevole dei magistrati, positivo egrave; però l’ incremento di utilizzo del sistema da parte dell’avvocatura e degli altri professionisti: nel solo 2013 si registra infatti una crescita dell’85% dei depositi telematici effettuati da tali utenti.
Un quadro d’insieme di risultati, dunque, ampiamente incoraggianti, sulla cui base possiamo ragionevolmente svolgere una serena valutazione in ordine alla scelta della introduzione obbligatoria del processo telematico, in merito alla quale mi corre l’obbligo di comunicarvi che sono comunque allo e alla mia diretta osservazione le misure che possano agevolare tale introduzione anche negli uffici che al momento si presentano meno avanzati.
La mia attenzione tuttavia in questo momento ricade maggiormente su altri della telematizzazione del processo, che pure rilevano e che denotano un deciso miglioramento della giustizia civile in termini qualitativi.
Il Ministero ha reso disponibile, attraverso il portale dei servizi telematici, la consultazione via web e in tempo reale dello stato del procedimento giudiziario nonché la visione dell’intero contenuto del fascicolo telematico, con il semplice possesso di una smart-card o di altri comuni sistemi di autenticazione forte, realizzando così trasparenza e possibilità di completa informazione per i cittadini e i vari altri utenti.
Nel solo 2013 sono stati prodotti e depositati nei registri di cancelleria più di 2.500.000 provvedimenti giudiziali telematici, provvedimenti consultabili on line per le parti, che in prospettiva sono destinati a realizzare una vera e propria banca dati provvedimentale che potrà consentire una reale conoscenza delle decisioni e degli indirizzi interpretativi dei giudici; obbiettivo, questo, di particolare interesse e rilevanza per alcuni settori nodali anche per lo sviluppo del nostro paese: penso in modo specifico al contenzioso del tribunale delle imprese e al contenzioso in materia del lavoro.
Grazie alle comunicazioni elettroniche che stanno raggiungendo un numero crescente di destinatari anche diversi dagli avvocati – ad oggi risultano più di 4.200.000 le imprese individuali e società dotate di indirizzo di posta elettronica certificata – si è reso evidente, direi in maniera plastica, che la giustizia, grazie alla informatizzazione, può essere più rapida e più efficiente, anche in termini di totale eliminazione delle distanze geografiche.
Informatizzazione e digitalizzazione sono quindi elementi imprescindibili del più ampio tema della riforma della giustizia e, come ho accennato sopra, costituiscono una delle chiavi di volta del miglioramento dell’efficienza del sistema giudiziario. Miglioramento che noi intendiamo perseguire col massimo impegno, non solo perché l’efficienza del sistema giudiziario è un fattore essenziale di competitività del paese – e l’attuale crisi di efficienza della giustizia civile costituisce una delle ragioni per le quali il nostro sistema finanziario e produttivo non riesce ad attrarre capitali ed iniziative dall’estero – ma anche, e soprattutto, perché assicurare la celere tutela dei diritti lesi costituisce il primo e fondamentale dovere delle Stato verso i cittadini.
Sono peraltro convinto che qualsiasi riforma organizzativa della giustizia, ivi compresa quella della digitalizzazione degli atti e dei flussi processuali, avrà tante maggiori possibilità di successo quanto più essa passerà dalla ricerca della più ampia partecipazione dei soggetti che quel processo sono chiamati a gestire e condurre tutti i giorni.
Ho iniziato il mio incarico al dicastero della Giustizia incontrando le rappresentanze sindacali del personale amministrativo, dei vertici dell’avvocatura e della magistratura associata.
Gli interventi sulla giustizia civile in direzione deflattiva del contenzioso, sulla riqualificazione del personale, sulla ricerca di differenti moduli organizzativi che possano accompagnare anche i processi di innovazione, sono stati comunemente ritenuti primari e vitali. Sicuramente anche sulle scelte in ordine alla diffusione del processo telematico e sulla digitalizzazione della Giustizia il confronto aperto in questi giorni potrà proseguirà.
Oggi sono certamente presenti i rappresentanti dell’avvocatura e dei consigli dell’ordine che hanno in questi anni investito risorse scegliendo di essere vicini agli uffici nell’avviare il processo civile telematico nei propri territori, nonché alcuni magistrati e funzionari amministrativi degli uffici giudiziari che hanno creduto nella scommessa del processo telematico e hanno ritenuto essere un loro preciso dovere contribuire allo sviluppo del processo telematico nelle proprie sedi lavorative.
Credo che sia loro dovuto un ringraziamento, perché prima di altri hanno capito che la strada dell’innovazione, anche nella giustizia, è, non solo possibile, ma assolutamente necessaria e perché forti di tale convinzione hanno accettato, senza indugio, di diffondere il programma di informatizzazione del processo civile che il Ministero in questi anni ha creato e proposto.
Mi auguro che il loro esempio sia di stimolo agli avvocati e professionisti che ancora oggi mostrano un atteggiamento cauto, e per certi aspetti diffidente verso l’innovazione, anche laddove i propri ordini hanno messo a disposizione dei propri iscritti tutte le infrastrutture e i servizi necessari al deposito telematico degli atti.
Giustizia come servizio al cittadino e come servizio sul territorio. Se questa è una delle direzioni in cui anche il processo civile telematico ci conduce è evidente che il Ministero dovrà continuare a condurre il proprio ruolo proseguendo in primo luogo nella linea di dialogo con il Consiglio Superiore della Magistratura, per verificare assieme gli interventi più opportuni per gli uffici giudiziari, e collaborando altresì con le altre istituzioni centrali e i molti enti che hanno in tema di digitalizzazione specifiche competenze.
In tale prospettiva penso e guardo con estrema attenzione anche al ruolo sempre più importante che le Camere di Commercio, in unione con gli organismi ad essi collegati, stanno svolgendo attraverso l’erogazione alle imprese disservizi fondamentali anche per la gestione partecipata al processo telematico; penso altresì alle azioni in tema di digitalizzazione che regioni e comuni hanno da tempo intrapreso a servizio dei cittadini del proprio territori. Tali enti possono costituire un valido supporto alla digitalizzazione specie nelle regioni e zone del Paese meno avanzate, creando in tal modo una rete di relazioni istituzionali che dal centro va verso la periferia.
L’informatizzazione per sé sola tuttavia non può essere certo la panacea e sono assolutamente consapevole, oltre che sinceramente convinto, che la sua diffusione vada accompagnata da alcune riforme organizzative e normative, e ad una riqualificazione del personale amministrativo.
Certamente in tale direzione meriterà un’attenta considerazione la possibilità di introduzione dell’ufficio del giudice, che sperimentato in alcune realtà – allo stato con la sola partecipazione dei tirocinanti – sta offrendo interessanti e significati risultati anche in termini di incidenza sull’arretrato e sulla durata complessiva del processo e si sta rivelando di supporto agli uffici proprio nel processo di rinnovamento tecnologico.
La sfida più importante che però ci attende è certamente quella del cambiamento culturale, senza il quale qualsiasi innovazione in tema della giustizia, compresa l’informatizzazione, è destinata a non produrre i frutti sperati.
Un nuovo modo di concepire il processo, avvalendosi anche della più moderna tecnologia, che ci proietta alla ribalta nella dimensione europea.
La giustizia elettronica vede infatti l’Italia tra i principali protagonisti: il ministero della Giustizia e la Corte di cassazione da alcuni anni partecipano a Bruxelles ai lavori che si svolgono nel contesto del c.d. progetto e-Justice, con il coinvolgimento di alcuni istituti italiani di ricerca dei sistemi giuridici che costituiscono nostre eccellenze riconosciute anche a livello internazionale.
Le risorse che questo Ministero si impegna doverosamente a mettere a disposizione dell’innovazione e dell’informatizzazione della giustizia civile e penale avranno assoluto bisogno del supporto di quel cambiamento culturale che specialmente e soprattutto coloro che direttamente operano nel settore della Giustizia possono contribuire ad alimentare.
Iniziative come quella di questo convegno vanno certamente in tale direzione e mi auguro che siano destinate ad essere seguite ed imitate.
FONTE: Ministero della giustizia