PA: ancora caos su gare telematiche e conservazione sostitutiva. Una peculiare amnesia pare affliggere di questi tempi il nostro legislatore.
In effetti, nell’evidente foga di riformare tutti i settori dell’ambito pubblico, sembra che spesso ci si dimentichi tanto la normativa di recente emanazione – come le Regole tecniche sulla formazione dei documenti informatici (DPCM 13 novembre 2014) e sulla conservazione (DPCM 3 dicembre 2013), ma anche le Regole tecniche sulla Pec-ID (DPCM 27 settembre 2012) – quanto addirittura le fondamentali norme del Codice dell’Amministrazione digitale, che pone le basi per la corretta digitalizzazione: tra questi pilastri, come è noto, c’è l’obbligo della conservazione a norma dei documenti, previsto dagli art. 43 e ss. del D.Lgs. 82/2005 [1].
Di recente, abbiamo già assistito alla scarsa attenzione alla conservazione dei documenti informatici nelle disposizioni sul processo civile telematico, nelle quali manca qualsiasi riferimento alla disciplina sulla conservazione non solo di atti e fascicoli processuali, ma anche dei documenti di parte per la categoria forense, con grave rischio per il valore probatorio degli stessi.
Ora, sempre in ambito processuale, purtroppo anche nelle nuove Regole tecniche per le vendite dei beni mobili e immobili mediante gara telematica – emanate con il DM 26 febbraio 2015, n. 32 [2] – risulta del tutto assente un richiamo alle norme sulla conservazione dei documenti rilevanti nell’ambito di tali procedure.
Nello specifico, le procedure previste dal decreto non contemplano nessun adempimento tecnico, in capo ai gestori della vendita telematica o ai responsabili del registro, che sia idoneo a consolidare e a stabilizzare sia i documenti relativi alle offerte pervenute via Pec, sia i registri informatici degli incarichi di vendita telematica.
PA: ancora caos su gare telematiche e conservazione sostitutiva
Non solo non si fa alcuna menzione dell’obbligo di conservazione di tali documenti informatici, ma addirittura non si prevede neanche che il referente della procedura provveda ad apporre la propria firma digitale per garantire l’integrità di questi documenti.
Sul punto, le procedure disciplinate dal Decreto prevedono – in estrema sintesi – che ogni gestore di vendita telematica [3] istituisca un registro informatico degli incarichi di vendita, in cui riportare le informazioni principali relative alle varie procedure (art. 9 del Decreto).
Entro il 31 gennaio di ciascun anno il gestore della vendita dovrà trasmettere in modalità telematica al responsabile della tenuta del registro (ossia al Direttore generale della giustizia civile, ai sensi dell’art. 3 del Decreto) i dati indicati nello stesso e relativi agli eventi verificatisi nel corso dell’anno precedente.
Tuttavia, nulla si prevede su come si possa assicurare l’integrità di tali dati e documenti prima della trasmissione degli stessi al responsabile del Ministero della giustizia, sempre auspicando che – una volta trasmessi – questi siano opportunamente conservati a norma degli artt. 44 e ss. del CAD, anche se nulla si prevede a tal proposito nel Decreto.
Bisogna considerare, peraltro, che tra le procedure a cui i documenti si riferiscono e la trasmissione degli stessi al Responsabile del Ministero potrebbe intercorrere un notevole lasso di tempo (fino a 23 mesi), secondo il comma 3 dell’art. 9 del Decreto. A seconda delle diverse procedure di vendita, poi, gli offerenti devono inoltrare telematicamente la propria offerta: – mediante apposita casella di posta elettronica certificata per la vendita, se questa ha ad oggetto beni immobili; – tramite registrazione dell’interessato sul portale del gestore della vendita, se questa attiene a beni mobili.
In particolare, per quanto riguarda le vendite telematiche immobiliari, la procedura delineata dal Decreto prevede che l’offerta sia redatta e cifrata mediante un software realizzato dal Ministero della Giustizia (in conformità alle Specifiche tecniche non ancora emanate) e in seguito trasmessa mediante apposita casella di posta elettronica certificata per la vendita telematica, le cui credenziali possono essere rilasciate anche previa identificazione “per via telematica”.
In proposito, appare peculiare che il legislatore abbia assunto a metodo di identificazione una modalità che ricorda molto quella prevista dall’art. 38 del TUDA (DPR 445/2000) per la presentazione delle istanze per via telematica: in effetti si prevede che “quando l’identificazione è eseguita per via telematica, la stessa può avere luogo mediante la trasmissione al gestore […] di una copia informatica per immagine, anche non sottoscritta con firma elettronica, di un documento analogico di identità del richiedente” (art. 13, comma 3, del Decreto).
In tal senso, dunque, la procedura descritta dal comma 3 dell’art. 13 dovrebbe consentire solo di presentare l’istanza di rilascio delle credenziali di autenticazione in via telematica ai sensi del comma 3 dell’art. 38 del TUDA (DPR 445/2000), e non anche di identificare il soggetto istante (sempre che la stessa istanza sia comunque stata originariamente formata su carta e sottoscritta con firma olografa dal richiedente).
Diversamente, infatti, qualora si trattasse di un’istanza nativa informatica dovrebbe applicarsi quanto previsto dall’art. 65 del CAD (D.Lgs. 82/2005) per la corretta presentazione della stessa. A ben guardare, infatti, si finisce per confondere le modalità di invio telematico dell’istanza per il rilascio della casella di PEC con le modalità di identificazione dell’utente (attività prodromica al rilascio delle credenziali per la casella di posta elettronica certificata per la vendita telematica). Ancora una volta si è perso di vista il quadro generale già esistente in tema di presentazione delle istanze e delle relative modalità di identificazione e appare certamente discutibile attribuire a modalità normalmente riservate alla presentazione di un’istanza anche il valore di mezzo idoneo a effettuare l’identificazione del soggetto istante, laddove esiste già un quadro giuridico ben delineato dagli artt. 65 del CAD e 38 del TUDA.
Inoltre, non si comprendono le ragioni per cui si è deciso di introdurre nel nostro ordinamento una nuova e apposita forma di Pec per questo tipo di procedure: in effetti, la “posta elettronica certificata per la vendita telematica”, definita alla lett. n) dell’art. 2 del Decreto, dovrà contenere l’attestazione del gestore della casella di posta elettronica certificata per la vendita telematica di aver provveduto al rilascio delle credenziali, previa identificazione del richiedente, a norma dello stesso Decreto n. 32/2015, come previsto espressamente dal comma 2 dell’art. 13.
Questa nuova Pec, dunque, alla luce di tale peculiare forma di identificazione del richiedente, costituirebbe una sorta di ibrido tra la Pec e la Pec-ID, già disciplinata dal DPCM 27 settembre 2012, che peraltro non viene mai richiamato nel Decreto e della cui esistenza – come di quella di altre norme – il nostro Legislatore smemorato sembra essersi dimenticato.
[1] In questa prospettiva, peraltro, anche il Regolamento europeo 910/2014 (eIDAS) del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno (che abroga la direttiva 1999/93/CE), definisce il documento elettronico come qualsiasi contenuto adeguatamente conservato in forma elettronica. Non sono solo, dunque, tutte le regole tecniche attualmente in vigore previste dal CAD (sia quelle sulla formazione del documento informatico, sia quelle sulla conservazione) a individuare l’importanza del consolidamento del documento informatico e, quindi, della sua conservazione, perseguendo precisi standard internazionali, anche al fine di garantire una necessaria interoperabilità per i nostri sistemi di gestione elettronica dei documenti.
[2] Regolamento recante le regole tecniche e operative per lo svolgimento della vendita di beni mobili e immobili con modalità telematiche nei casi previsti dal Codice di procedura civile, ai sensi dell’articolo 161-ter delle disposizioni per l’attuazione dello stesso Codice.
[3] Ogni soggetto costituito in forma di società di capitali, autorizzato dal giudice a gestire la vendita telematica e iscritto nel registro dei gestori tenuto dal Dipartimento degli affari di giustizia del Ministero, come previsto all’art. 3 del DM 32/2015.