“Lo stato della digitalizzazione in Italia è preoccupante? Gli ultimi rilievi Desi confermano una situazione di stallo che ormai è da anni in stagnazione, nonostante i diversi tentativi di maquillage da parte del governo, sbandierati come rivoluzioni. Purtroppo l’Italia non può permettersi assolutamente di perdere altro tempo”.
Queste le parole dell’avvocato Andrea Lisi, coordinatore del Digital&Law Department dello Studio legale Lisi, presidente Anorc Professioni e promotore del Dig.Eat 2017, evento annuale gratuito sulla digitalizzazione che si svolgerà domani, giovedì 23 marzo, a Roma, dalle ore 9 alle 17, presso il Centro congressi Fontana di Trevi (piazza della Pilotta 4).
“I vari grandi progetti di Foia, Spid, Anpr stanno manifestando tutta la loro fragilità e si stanno schiantando contro lo storytelling vacuo degli open data. In realtà- prosegue Lisi- la strada della digitalizzazione non ha bisogno di ‘scorciatoie centralizzate’, ma di costruire dalle radici una cultura reale della trasparenza digitale che parta dal basso, dai cittadini e dai dipendenti pubblici. Va ridisegnato tutto il flusso dei procedimenti amministrativi lungo i binari del digitale, tenendo conto anche dei principi di protezione del dato di derivazione europea; non serve a nulla una riverniciatura svogliata e imposta dall’alto. E se non si perseguono standard condivisi a livello di regole tecniche e non si tracciano principi generali chiari a livello normativo, parole come riuso del software o interoperabilità dei data base rimarranno vuote e senza significato. L’incontro nazionale Dig.Eat 2017 servirà per parlare chiaro, senza fronzoli, per svegliare le coscienze assopite dagli slogan governativi che non possono più continuare a farci vedere una realtà che non esiste. La realtà digitale in Italia purtroppo è scomoda e spietata e quindi occorre proprio ricominciare da capo, perché fino ad oggi si è quasi sbagliata quasi ogni mossa. Ci piaccia o no. Questa è l’amara verità”.
“Da anni mi trovo a disquisire su progetti nati decenni fa e di cui si attende ancora l’avvio”. Lo dice Giovanni Manca, presidente di Anorc, che spiega: “Il primo e più grande problema italiano è quello di dover ripartire sempre da zero. La storia della dematerializzazione è al palo, inchiodata a slogan politici, di qualsiasi colore, che però si sono dimostrati essere solo annunci e tagli di nastro portatori unicamente di facili consensi. C’è un costante e discontinuo cambio di idee e di vedute da parte di chi siede al comando che continua a produrre false partenze o partenze a rilento in un’Amministrazione pubblica che non ha le capacità, né economiche né professionali, per seguirne l’andamento zigzagante. Ma se il passato è davvero passato allora il nostro compito deve essere quello di portare avanti con costanza e proattività gli obiettivi idonei a sviluppare una reale digitalizzazione del Paese. Dagli errori del ventennio passato, dai fallimenti di chi ci ha preceduto, dobbiamo imparare per poter sviluppare concretamente la realtà digitale italiana per adeguarla alle aspettative e alle richieste dell’Europa e del mondo”.
“Il sogno è quello di un Paese dove venga affrontato, una volta per tutte e in modo scientifico, il tema, seppur complesso e spesso frainteso, dell’identità digitale”. Lo dichiara Massimiliano Lovati, presidente Aifag e responsabile degli affari legali di Banca popolare di Milano.
“In un mondo dove la cittadinanza diventa elettronica e i confini nazionali tendono a dissolversi è disarmante vedere come in Italia l’utilizzo della carta e della tecnologia analogica rappresenti ancora il baluardo su cui si regge tutto il sistema pubblico. Un esempio virtuoso che offre numerosi spunti di riflessione su quella che dovrebbe essere la tanto decantata digitalizzazione, è quello dell’Estonia, primo paese al mondo che ha lanciato un progetto per la residenza digitale a tutti gli stranieri che ne facciano domanda. Con un cellulare e la propria carta Id in Estonia un cittadino oggi può fare di tutto, abbattendo i costi e i tempi burocratici e generando un aumento vertiginoso degli investimenti e dell’economia digitale nazionale. Perché una realtà del genere venga replicata anche in Italia- continua Lovati- serve, in primis, un contributo scientifico-legale per identificare un concetto, quello dell’identità digitale, che oggi non esiste nel nostro ordinamento nazionale (si parla di carta d’identità elettronica). È poi necessaria anche una mentalità più aperta verso nuove tecnologie, come ad esempio la firma digitale, accompagnata da un’alfabetizzazione della cittadinanza. Quello che oggi in Italia sembra impossibile realizzare è già realtà in altri Paesi europei a dimostrazione che con un progetto governativo solido e credibile, supportato da adeguati e necessari investimenti, la rivoluzione digitale è possibile”.