L’assessore all’Agenda digitale Matteo Lepore: “Entro fine anno sveleremo la nuova versione della rete civica Iperbole. Via a nuove piattaforma di collaborazione fra PA e comunità locale”. Ed entro il 2014 azzerato il digital divide.

È dal 21 novembre del 2011 che il Comune di Bologna si è dotato formalmente della propria Agenda digitale. E sono tre i perni su cui fa leva il piano nato quasi vent’anni dopo la nascita della prima rete civica italiana, Iperbole, che offriva accesso al web e casella postale. “La nuova strategia digitale bolognese è stata definita attraverso un percorso partecipato di sei mesi, sfociato nell’individuazione di tre assi prioritari – spiega ad Agendadigitale.eu Matteo Lepore, assessore all’Agenda digitale del Comune di Bologna -. Il primo è dedicato all’inclusione digitale e alle infrastrutture. Il secondo all’amministrazione condivisa attraverso gli strumenti digitali. Il terzo, infine, riguarda la Smart city e la scelta di puntare alla collaborazione civica e all’applicazione delle tecnologie a servizio della risoluzione delle problematiche urbane”.

Disponibile online, l’Agenda digitale di Bologna “si contraddistingue per la sua roadmap temporale precisa e indicatori di risultato, fino ad ora ampiamenti rispettati. Entro il 2014 ad esempio, avremo raggiunto e superato gli obiettivi europei in termini di abbattimento del digital divide attraverso la posa della fibra ottica. Ed entro fine anno – annuncia l’assessore – presenteremo la nuova versione di Iperbole ripensata attorno all’introduzione dell’identità digitale unificata”.

Lo sviluppo di servizi dedicati alla cittadinanza e alle imprese sono la priorità del Comune in materia di digitalizzazione. “Vogliamo semplificare e rendere metropolitana l’offerta a partire dal 1° gennaio 2015, con la nascita della Città Metropolitana da un milione di abitanti. Con la nostra nuova Rete civica offriremo nuove piattaforme per la collaborazione tra PA e comunità locale”, annuncia ancora Lepore. E la “cultura condivisa” si traduce nella messa a disposizione della cittadinanza di strumenti collaborativi “cioè capaci di rafforzare la sussidiarietà ma soprattutto di includere”, puntualizza l’assessore. “Nel compiere questo percorso – continua – abbiamo deciso di investire nella realizzazione di una Rete civica in un formato open source, il cui codice sarà a breve rilasciato online. Siamo convinti che verrà riutilizzato da molte altre città e migliorato dalla comunità online. Di fatto, anticipiamo i tempi proposti dal Governo per l’introduzione dell’identità digitale. Attorno ad essa vogliamo integrare anche i servizi offerti dalle società partecipate e dai privati interessati a svolgere una funzione utile alla collettività”.

Ma nel 2015, la vera sfida sarà integrare l’offerta digitale con il resto della comunità digitale metropolitana (frutto dell’unione di 55 comuni e pubbliche amministrazioni). Una sfida che sarà possibile anche alle politiche relative alle infrastrutture di rete. “Abbiamo scelto di lasciare ai privati gli investimenti in fibra ottica rivolta a case e imprese. Noi ci siamo dedicati al collegamento di tutti gli edifici comunali e di tutte le scuole a 1 Gigabit per secondo. Abbiamo completato i collegamenti dei primi nel 2012, mentre nel 2015 completeremo tutte le scuole pubbliche di ogni ordine e grado. Entro il 2104 Bologna avrà superato gli obiettivi europei 2020 per la banda larga, oltre ad avere un’offerta di wi-fi pubblico h24 senza password già da un anno in 90 aree, tra piazze e parchi pubblici. In Piazza Maggiore, nel solo mese di ottobre si sono collegate al nostro wi-fi civico circa 41mila persone”.

Il digitale servirà anche a fare spending review? “Il digitale non nasce per tagliare ma per abilitare – risponde l’assessore -. I risparmi si ottengono con l’intelligenza e la programmazione. Per riformare la PA puntiamo prima sulla valorizzazione delle competenze nascoste e sull’assunzione di una nuova generazione di dipendenti pubblici. Il resto arriverà da sé. A Bologna abbiamo realizzato la nuova Rete Civica in questo modo e con un budget di 320mila euro, di cui solo 65mila dalle casse comunali”.

Ma per fare la rivoluzione digitale, sottolinea Lepore, “serve un nuovo paradigma”. La PA collaborativa e aperta valorizza le risorse interne nascoste e si apre all’intelligenza collettiva. Alla burocrazia verticale è preferibile il codesgin dei servizi e gli open data. Per fare questo serve formazione, ma serve soprattutto poter assumere e premiare il merito, rompere gli indugi. O investiamo sulla PA come driver per lo sviluppo e l’innovazione sociale oppure possiamo rimanere a casa”.

 

 

FONTE: Agenda Digitale (www.agendadigitale.eu)

AUTORE: Mila Fiordalisi

 

 

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