anagrafe unicaL’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente è un tassello fondamentale per SPID e Italia Login. Nel Piano Crescita Digitale sono fissati per il 2016 obiettivi molto ambiziosi, che possono essere perseguiti con il supporto delle Regioni alle attività a carico dei Comuni. Ma è da risolvere il problema del rapporto tra Mef/Sogei e Regioni.

 

Il documento “Strategia per la crescita digitale”, pubblicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 3 marzo 2015, dichiara una serie di obiettivi strategici e identifica un insieme di azioni infrastrutturali trasversali e di piattaforme abilitanti capaci di supportare il raggiungimento degli obiettivi stessi.

 

Una delle piattaforme abilitanti considerate prioritarie (insieme alla fatturazione elettronica e ai pagamenti elettronici) è l’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR).

 

Di ANPR si iniziò a parlare con la nascita del Codice dell’Amministrazione Digitale (2005): essa veniva ricompresa nel novero delle “basi dati di interesse strategico nazionale” e da allora è tutto un fiorire di “guerre di posizonamento” fra Stato ed Enti Locali e di rinvii.

 

Le ragioni alla base dell’idea di centralizzazione sono evidenti: difficile immaginare una PA digitale costretta a dialogare con più di 8.000 anagrafi comunali molto difficilmente integrabili come dimostra il sostanziale flop dell’INA SAIA (indice nazionale delle anagrafi) datato nell’ormai remoto 2001 e la cui storia è costellata di continue riprogettazioni del sistema e di criticità di funzionamento.

 

Dietro alla cornice istituzionale, fatta di rapporti fra entità diverse della PA centrale e locale, si muove anche un contorno fatto da una cinquantina di software house le quali ottengono una quota significativa dei loro ricavi dalla vendita di licenze d’uso e di servizi di assistenza e manutenzione del software applicativo che gestisce l’anagrafe della popolazione residente (APR), l’anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE), lo stato civile e l’anagrafe elettorale. Un mercato che Netics stima intorno ai 18-20 milioni di euro annui, se si comprendono anche i Comuni più grandi dove sono installati software applicativi molto spesso realizzati su commesse ad-hoc.

 

Ricapitolando: quasi 50 fornitori, almeno 70 secondo l’AgID (ma sono probabilmente molto più numerosi) i prodotti applicativi, 8.057 banche dati comunali molte delle quali ancora organizzate con soluzioni di “file system” e rigorosamente molto differenti sotto il profilo dell’organizzazione delle informazioni immagazzinate, delle convenzioni di codifica e delle logiche e modalità di storicizzazione degli eventi demografici e di stato civile.
In poche parole: un puzzle piuttosto complesso.

 

“Crescita Digitale” dichiara dei tempi di realizzazione del progetto decisamente ambiziosi: entro la fine del 2015 si avvieranno i primi 26 Comuni pilota (6 milioni di residenti in totale), per poi arrivare al dispiegamento integrale entro il mese di marzo del 2016 secondo quanto dichiarato nel documento governativo, anche se SOGEI dichiara (come risulta dal documento AgID del 15 aprile 2015 “Audizione del DG AgID in seno alla Commissione Parlamentare di Vigilanza sull’Anagrafe Tributaria”) che tale dispiegamento non potrà concludersi prima del mese di novembre 2016.

 

Se è altamente probabile che possa essere rispettata la prima scadenza, in quanto la sperimentazione coi Comuni pilota sembra procedere senza particolari intoppi, altrettanto non si può dire per la seconda scadenza (anche “prendendo per buona” la data dichiarata prudenzialmente da SOGEI).
Ed è sufficiente fare qualche ricerca in rete, all’interno delle numerose communities online avviate dai CIO dei Comuni e da alcune software house di mercato, per capire le principali ragioni di questa criticità potenziale. A partire dai numerosissimi problemi di normalizzazione dei dati (uno su tutti: lo stradario) la cui risoluzione compete a tutti i Comuni italiani, quando invece si sarebbe potuto avviare un progetto di normalizzazione unico a livello nazionale.

 

Molti CIO comunali sostengono di non avere risorse economiche sufficienti a far fronte alle maggiori richieste avanzate dai loro fornitori di assistenza e manutenzione sul software applicativo, giustificate dai “maggiori oneri derivanti dal mutare del quadro normativo” (il virgolettato è stato preso da un’offerta inviata da un fornitore a un Comune).

 

Fra tante criticità, una buona notizia: la Regione Friuli-Venezia Giulia è in grado di portare tutti i suoi Comuni su ANPR entro la fine del 2015. Questo in ragione di un progetto (“INTERPRANA”) che da tempo fornisce servizi di cooperazione applicativa a tutti i Comuni della Regione, i quali utilizzano un unico software applicativo per la gestione delle anagrafi (sviluppato e gestito da Insiel FVG).

 

E forse proprio da qui sarebbe il caso di partire: le Regioni. Recuperando un insieme significativo di progetti di circolarità anagrafica nati più o meno al tempo del “primo piano nazionale di e-government”.

 

Le Regioni hanno tutto l’interesse ad essere coinvolte nella partita: esse hanno bisogno di popolare e mantenere costantemente allineate le loro anagrafi tributarie e sanitarie, e quindi sono più che interessate ad accelerare il percorso che conduce alla piena circolarità del dato anagrafico.

 

Possono ad esempio aiutare i Comuni nei processi di normalizzazione dei dati e magari contribuire allo sforzo economico-finanziario derivante da questa imminente “migrazione di massa”.

 

E si ritorna alla madre di tutti i problemi: il rapporto fra MEF/SOGEI da una parte e Regioni dall’altra.

 

Una sorta di “film già visto”, ad esempio in materia di bollo auto e di ricetta elettronica.

 

Rapporto complicato, cui si affianca un ulteriore elemento di complicazione rappresentato dalla “minaccia” (quantomeno vissuta come tale) rappresentata da una SOGEI intenzionata a diventare “software house di Stato” mettendo in difficoltà un mercato privato già di per sé in acque non meravigliose.

 

Il problema è serio, anche perché ANPR rappresenta un tassello inserito in un puzzle che si porta dietro il sistema federato di identità digitale (SPID) e il portale “Italia Login”.

 

“No ANPR, no party”, insomma. E se tarda uno, tardano gli altri in cascata.
E tutto questo non possiamo permettercelo.