Ce la farà l’Italia a superare il divario digitale che la relega tra i Paesi meno virtuali d’Europa? Secondo gli ultimi dati a nostra disposizione il Bel Paese si posiziona quint’ultimo nell’eurozona avanti solo a Romania, Grecia, Cipro e Bulgaria. Ora, che l’Italia viaggi a velocità ridotta è risaputo e nessun governo è mai riuscito a cambiare marcia, anche perché – probabilmente – nessun esecutivo ci ha mai provato veramente. Ma sappiamo bene che l’alfabetizzazione informatica dei cittadini e la copertura integrale del territorio con le connessioni più rapide sono fonti “alternative” di sviluppo economico e d’integrazione culturale ; nonostante ciò internet non avanza e, anche all’interno del sistema Paese, è evidente lo scarto tra un Nord più sensibile e un Sud che della “rete” fa un uso quasi “primitivo”. In questo contesto non sorprendono certo i dati contenuti nel rapporto “Raggiungere gli obbiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide” (redatto da Francesco Caio), che sono – anzi – la conferma di una certezza ormai assodata. Dati nei quali è possibile ravvedere i veri problemi alla base del “digital divide” italiano, che si muove tra la lentezza delle istituzioni a prendere decisioni (e a metterle in pratica) e i mancati investimenti dei privati, che ancora oggi non hanno presentato nessun piano per la connessione in banda larga super veloce. Eppure anche in questo campo l’unione tra pubblico e privato potrebbe fare la differenza. Il governo punta, infatti, a raggiungere entro il 2017 una penetrazione delle linee fisse di metà popolazione, con una velocità più elevata rispetto ai 30 Mb. Un processo che potrà essere favorito dalle offerte Sky, Mediaset e Rai di programmi in differita – Catch-up video e Smart tv – sulla rete e su tablet, ma che richiede un coordinamento tra istituzioni nazionali, enti locali e imprenditori oltre alla conferma degli investimenti produttivi : senza l’intervento pubblico solo il 70% dei cittadini sarà coinvolto, entro il 2020, dalla broadband veloce. Come Movimento 5 Stelle siamo assertori convinti dell’importanza decisiva dell’innovazione digitale per le opportunità di ripresa economica e per la modernizzazione del tessuto produttivo e concordiamo nel ritenere lo sviluppo delle tecnologie in banda larga un fattore fondamentale nella riduzione dei costi per l’utenza e nell’allargamento degli spazi di mercato per i player attivi nella frontiera delle telecomunicazioni. Soprattutto riteniamo indispensabile superare questa fase di stallo per cercare di far allineare l’Italia ai Paesi più progrediti dal punto di vista digitale nel più breve tempo possibile ; per questo motivo controlleremo l’utilizzo dei 35 miliardi di euro di fondi comunitari previsti per il periodo 2014-2020 – stanziati per perseguire l’obiettivo di una governance uniforme delle competenze nel settore digitale in ambito Europeo – ad evitare che vengano sprecati, come già avvenuto per 20 miliardi destinati alle regioni italiane. Perché, al di la delle belle parole – «Governo e Parlamento non intendono restare spettatori come avvenuto in passato e sono pronti a intervenire direttamente partendo dallo scorporo della Rete di accesso alle telecomunicazioni» – pronunciate dal premier Letta, perenni lacrime di coccodrillo dopo il lauto pasto a base di pubbliche risorse, siamo certi che le nuove frontiere, non solo delle comunicazioni ma anche del commercio e – soprattutto – della democrazia, passino per una nuova concezione dell’utilizzo della rete, potente fonte di integrazione. Non solo digitale.
Lo afferma in una nota Francesco Molinari – M5S Cittadino eletto al Senato.
FONTE: Agenzia Parlamentare (www.agenparl.it)