Presso le amministrazioni pubbliche si va diffondendo sempre di più l’impiego del lavoro accessorio e dei voucher: ma questa prassi è legittima o no?
I cosiddetti buoni lavoro, o voucher per lavoro occasionale accessorio, sono diventati uno strumento di utilizzo sempre più diffuso, dato che consentono di coprire tutte quelle prestazioni in precedenza escluse da ogni tutela. Ma i ticket possono anche essere utilizzati per lavorare presso un ente pubblico, come il Comune?
A quanto pare non lo sarebbe. In generale, infatti, i Voucher non possono essere legittimamente utilizzati per acquisire prestazioni lavorative richiedenti l’inserimento del dipendente pubblico nell’organizzazione interna: dunque, in base a questa logica, risultano illegittimi gli incarichi per lo svolgimento di compiti di ufficio delle amministrazioni assegnati tramite lavoro accessorio, meglio noto come voucher.
Nonostante il pagamento tramite voucher sia incoraggiato per prevenire il lavoro nero, da recenti indagini ministeriali è emerso che lo strumento dei buoni dia luogo ad abusi. Infatti, un lavoratore pubblico che ha funzione di dirigente di strutture, responsabile di procedimento o istruttorie o anche di accesso ad atti di archivio o di banche dati deve necessariamente svolgere un ruolo ed avere un rapporto “organico” con l’Ente. Il dirigente impersonifica la persona giuridica pubblica e agisce per essa in questi casi.
Essendo il rapporto organico di tipo subordinato, e non essendo ascrivibile alla categoria “subordinato” il lavoro accessorio stesso, è palese che il rapporto organico escluda la legittimazione dell’utilizzo del voucher. E ciò nonostante il Consiglio di Stato, in contraddizione con queste conclusioni, in una Sentenza abbia deciso che i buoni lavoro possano essere utilizzati anche per le prestazioni da rendere presso le pubbliche amministrazioni.
Il limite a questo utilizzo, incrociando le due decisioni apparentemente contraddittorie, è quello che il lavoro accessorio può servire ad acquisire collaborazioni occasionali di limitata durata.
Ricordiamo, comunque sia, che i limiti nella percezione di compensi tramite buoni lavoro, che sono validi per la generalità dei lavoratori e dei settori, P.A. compresa, sono:
– un reddito complessivo pari a 7.000 euro netti annui derivante dai voucher, per il singolo lavoratore;
– un reddito non superiore a 2000 euro netti annui erogati dal singolo committente, se questo è un professionista o un’impresa.
Ma qual è la situazione nei Comuni attualmente, sul versante Voucher? Una situazione poco rosea.
Hanno fatto scalpore i casi del Comune di Torino che, secondo la leader della CGIL, Susanna Camusso
dopo aver ridotto i finanziamenti alle attività di mediazione culturale, si arrampica sugli specchi e scarica le colpe sulla precedente amministrazione solo per giustificare l’uso improprio che ha fatto dei voucher. È uno scaricabarile insopportabile. Il sindacato è sempre stato disponibile a esaminare e discutere le soluzioni che permettano di contenere i costi, avere un più che decoroso livello qualitativo e quantitativo di prestazione, e un lavoro dignitoso e strutturato. Né questa, né la precedente amministrazione si sono mai preoccupate di avviare un confronto con i lavoratori per affrontare le tematiche sociali, per esaminare eventuali problemi occupazionali, per capire quali strumenti adottare. Il caso del comune di Torino non è l’unico. I voucher nella P.a vengono usati per tutto: per sostituire i lavoratori in essere, come forma assistenziale, per pagare attività del terzo settore, per retribuire il lavoro occasionale. Usi dannosi e impropri.
Altro caso emblematico quello del Comune di Rodigo, in provincia di Mantova, che nel 2016 ha investito oltre 160mila euro nell’acquisto di buoni lavoro.
«Con essi paghiamo i collaboratori che supportano i dipendenti nella raccolta dei rifiuti e in tanti altri servizi, tra cui il pre e il post scuola, la sorveglianza degli studenti sugli scuolabus, la gestione della biblioteca, dell’ostello e del museo etnografico, la pulizia delle strade e la manutenzione ordinaria delle aree verdi e del patrimonio immobiliare pubblico – spiega il sindaco – Ma i voucher per noi sono soprattutto uno strumento sociale, che ci consente di aiutare ogni anno tanti cittadini in difficoltà. Le persone si rivolgono a noi, chiedendoci lavoro e noi diamo loro la possibilità di guadagnare una piccola cifra subito, ma soprattutto di ricollocarsi professionalmente. La maggior parte, dopo l’esperienza in municipio trova un impiego fisso».