diritto rivalsaVoucher mono e multiuso: approvata una nuova direttiva che modifica la disciplina preesistente e le cui norme andranno recepite entro il 2018.

 

 


Il 27 giugno scorso il Consiglio europeo ha approvato la direttiva 2016/1065/UE (d.i.p. direttiva) che, modificando la direttiva 112/2006/CE (d.i.p. direttiva Iva), ha introdotto norme volte a regolamentare in maniera analitica il trattamento dei buoni che conferiscono al titolare il diritto all’acquisto di beni e servizi. Tali norme dovranno essere recepite negli ordinamenti nazionali entro il 31 dicembre del 2018.

 

La nuova direttiva rappresenta la conclusione di un percorso iniziato nel 2012 con la proposta di direttiva presentata dalla Commissione europea (COM (2012)206 final) che, come vedremo, è stata trasfusa solo parzialmente nel testo finale del provvedimento normativo. Prima di analizzare nel dettaglio la novella si preciserà, secondo la terminologia inaugurata dalla Commissione, cosa si intende per “buono” (“voucher”). Si passerà poi ad analizzare le novità normative evidenziando le criticità che le stesse si propongono di risolvere.

 

Specifica attenzione sarà dedicata anche alle questioni ancora aperte ed alle soluzioni contenute nell’originaria proposta di direttiva elaborata dalla Commissione che, come detto, non è stata interamente accolta dal Consiglio europeo. Anche in mancanza della trasposizione nel testo della direttiva, dovuta, come si evince dall’iter legislativo, principalmente all’ostilità del Regno Unito,  il lavoro della Commissione è di assoluto interesse poiché molti dei comportamenti suggeriti, essendo fondati sull’interpretazione di norme già presenti nell’ordinamento Unionale, risultano immediatamente attuabili ed orienteranno il comportamento dei legislatori nazionali all’atto del recepimento della direttiva in commento all’interno dei rispettivi ordinamenti.

 

La definizione di buono

 

Ai fini Iva un buono (“voucher”), secondo la terminologia varata dalla Commissione europea, è uno strumento che contiene l’obbligo di essere accettato come corrispettivo, o parziale corrispettivo, a fronte di una cessione di beni o una prestazione di servizi. I beni o i servizi da cedere o prestare, ovvero le identità dei potenziali cedenti o prestatori, sono indicati sullo strumento medesimo o nella relativa documentazione (condizioni generali di utilizzo). Il soggetto che fornisce le prestazioni oggetto del buono può essere colui che lo ha emesso, oppure un soggetto diverso. La circostanza che la prestazione cui il buono dà diritto sarà eseguita in un momento successivo al suo rilascio e, in alcuni casi, non è analiticamente individuata all’atto dell’emissione, permette di distinguerlo dai titoli di trasporto, dai biglietti di ingresso a cinema e musei, dai francobolli o da altri titoli simili che, al contrario, costituiscono particolari documenti di certificazione di prestazioni che hanno già visto perfezionarsi il proprio momento impositivo. Un buono può presentarsi in forma elettronica o fisica e in genere risponde a un obiettivo essenziale di natura commerciale o promozionale, che può essere quello di promuovere la cessione di determinati beni o la prestazione di determinati servizi, oppure di accelerarne il pagamento.

 

In altri termini, un buono mira a sviluppare il mercato dei beni o dei servizi, a fidelizzare i clienti o a facilitare il processo di pagamento. Questi “obiettivi” aiutano a distinguere il buono da strumenti, quali i traveller’s cheques, la cui unica finalità è effettuare pagamenti. Qualsiasi strumento la cui finalità consiste, unicamente, nell’effettuare pagamenti non rientra nella definizione di buono ai fini dell’Iva; gli strumenti di pagamento, infatti, sono specificamente disciplinati nel corpo della Direttiva 112/2006/CE. A volte, le particolari caratteristiche assunte dagli strumenti di pagamento, molto simili a quelle tipiche dei buoni, rendono la distinzione estremamente complessa.

 

Se un metodo di pagamento acquisisce alcune delle caratteristiche associate ai buoni (ad esempio, una carta ricaricabile o un credito prepagato memorizzato su un telefono cellulare o collegato allo stesso), è necessario, ai fini del distinguo, esaminare attentamente le sue modalità di funzionamento. Il riscatto di un buono contro beni o servizi, infatti, non costituisce un pagamento, ma piuttosto l’esercizio di un diritto successivo a un pagamento che ha avuto luogo quando il buono è stato emesso o intermediato. D’altro lato, quando un credito prepagato, o memorizzato in uno strumento di pagamento, è utilizzato per coprire il costo di beni o servizi, il diritto a beneficiare di tali beni o servizi nasce solo nel momento in cui è effettuato il pagamento. In sostanza, una prima differenza tra buoni e strumenti di pagamento risiede nel momento di insorgenza del diritto ad ottenere una data prestazione.

 

Altra significativa differenza consiste nella circostanza che mentre i buoni devono indicare i soggetti obbligati a fornire la prestazione dedotta nello strumento, ovvero le caratteristiche generali della prestazione stessa, i mezzi di pagamento possono essere utilizzati per ottenere qualsiasi tipo di prestazione resa da qualsiasi soggetto. All’interno della macro-categoria “buoni”, basandoci su alcune specifiche caratteristiche, possiamo individuare diverse tipologie. Alcuni buoni sono emessi dietro pagamento di un corrispettivo e, fino alle recenti modifiche normative, potevano essere tassati al momento dell’emissione o del riscatto (utilizzo), in funzione dell’approccio dei singoli Stati membri.

 

Altri sono emessi a titolo gratuito e conferiscono al detentore il diritto alla cessione di determinati beni o alla prestazione di determinati servizi senza ulteriori oneri. Tale cessione o prestazione può essere considerata alla stregua di un omaggio aziendale. Altra rilevantissima distinzione può essere effettuata in base alla individuazione analitica o sommaria delle prestazioni cui il buono dà diritto. Se dette prestazioni sono indicate in modo così preciso da consentire di determinare, già all’atto dell’emissione, la loro territorialità e l’aliquota Iva applicabile, il buono è detto monouso. Nei casi diversi dal precedente il buono è detto multiuso.

 

Un tipo particolare di buono è “il buono sconto”. Lo stesso, infatti, non dà diritto ad una specifica prestazione ma ad una riduzione del prezzo della stessa. Da ultimo, si precisa che i buoni vanno tenuti distinti dagli sconti quantità. Un diritto ad uno sconto su tutti gli acquisti effettuati in un determinato periodo di tempo, collegato al raggiungimento di determinati quantitativi di vendita o di acquisto, non è considerato un buono, anche se concesso dietro pagamento, in quanto il diritto alla riduzione di prezzo è subordinato al verificarsi di un evento futuro ed incerto.

 

La direttiva 2016/1065/UE

 

La direttiva in rubrica ha dettato regole comuni per l’individuazione del momento impositivo, la determinazione della base imponibile e l’individuazione del luogo di effettuazione delle operazioni aventi ad oggetto il trasferimento dei buoni monouso e multiuso; i buoni sconto non sono stati oggetto di normazione. Per chiarezza espositiva tratteremo distintamente le tre tematiche, dando distinta evidenza alle soluzioni proposte dalla Commissione ma non riprese nel provvedimento normativo.

 

Il momento impositivo

 

Le criticità del sistema previgente

 

Come noto, l’articolo 62 della direttiva 112/2006/CE definisce i concetti di “fatto generatore dell’imposta” ed “esigibilità dell’imposta”. Il primo consiste nel “fatto per il quale si realizzano le condizioni di legge necessarie per l’esigibilità dell’imposta”, il secondo nel “diritto che l’Erario può far valere a norma di legge, a partire da un dato momento, presso il debitore per il pagamento dell’imposta, anche se il pagamento può essere differito”; la normativa nazionale, in sede di trasposizione, non ha tenuto distinti i due concetti che a livello interno tendono a sovrapporsi. In linea di massima, le norme nazionali ed unionali dispongono che quando si produce il fatto generatore l’iva diviene esigibile. Il momento di effettuazione dell’operazione e, quindi, l’esigibilità dell’imposta, secondo l’articolo 63 della direttiva 112/2006/UE, si verifica quando la cessione di beni o la prestazione di servizi vengono effettuate. Il sistema, apparentemente lineare, viene complicato dalla possibilità concessa agli Stati membri, ai sensi dell’articolo 66, di far coincidere il momento esigibilità dell’imposta con l’emissione della fattura o con il pagamento del corrispettivo.

 

L’ordinamento italiano, ad esempio, prevede che l’Iva relativa alle prestazioni di servizi diviene esigibile non quando il servizio è reso ma quando è percepito il corrispettivo. Riportando l’attenzione sui buoni, prima delle recenti modifiche, i diversi Stati membri non adottavano un approccio uniforme: alcuni trattavano l’emissione dei buoni come prestazioni di servizi ed altri come cessioni di beni, alcuni ritenevano l’imposta esigibile al momento dell’emissione ed al altri al momento dell’utilizzo. Questa difformità qualificatoria, in uno con le possibili deroghe al criterio base dettato dall’articolo 63, ha reso possibile il prodursi di casi di doppia imposizione o doppia non imposizione. Per comprendere i meccanismi di formazione dei salti di imposta o della doppia imposizione, si consideri il caso di un buono emesso nello stato A ed utilizzato nello Stato B. Se lo Stato A tassa il buono al momento dell’emissione e lo Stato B al momento dell’utilizzo avremo una doppia imposizione, nel caso inverso una doppia non imposizione.

 

Nuovo approccio condiviso

 

La direttiva in commento, riprendendo le proposte della Commissione, ha inserito nel corpo della direttiva 112/2006/UE l’articolo 30-ter. La nuova disposizione prevede che : “Per i buoni monouso l’imposta diviene esigibile all’atto della loro emissione e, successivamente, in occasione di ogni singolo trasferimento; per i buoni multiuso l’imposta diviene esigibile al momento dell’utilizzo, con la conseguenza che sono irrilevanti sia il momento dell’emissione sia gli eventuali trasferimenti successivi.”

 

Il luogo di effettuazione delle operazioni

 

Criticità del sistema previgente

 

La direttiva Iva, al fine di individuare il luogo di effettuazione delle operazioni, detta regole diverse per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi. Le regole generali, soprattutto con riguardo alle prestazioni di servizi, vengono arricchite da numerosissime eccezioni; i servizi per i quali non è dettata una regola ad hoc sono detti generici. L’assenza di una visione condivisa sulla natura dei buoni portava alcuni Stati a considerare la loro emissione/circolazione come una cessione di beni ed altri Stati a qualificarla come prestazione di servizi.

 

Pur non potendo, per economia espositiva, affrontare funditus le problematiche derivanti dalla varietà dei criteri di collegamento, si proverà a sviluppare un breve esempio rappresentativo delle possibili incongruenze collegate all’assenza di omogeneità. Le cessioni di beni effettuate senza il trasferimento degli stessi al di fuori dello Stato in cui si trovano al momento della vendita sono, indipendentemente dalla natura dell’acquirente, generalmente considerate effettuate in tale Stato.

 

Le prestazioni di servizi generiche, invece, se effettuate a favore di soggetti passivi di imposta sono imponibili nello Stato di residenza del committente, se effettuate a favore di privati consumatori sono imponibili nello Stato di residenza del prestatore.

 

Ipotizziamo che lo Stato A consideri l’emissione dei buoni una cessione di beni mentre lo Stato B la consideri una prestazione di servizi. Se un soggetto passivo dello Stato A cede un buono, utilizzato in detto Stato, a favore di un soggetto passivo dello Sato B, l’operazione sarà considerata territorialmente rilevante in entrambi gli Stati e, conseguentemente, si realizzerà una doppia imposizione.

 

Se un soggetto passivo dello Stato B cede un buono ad un soggetto passivo dello Stato A, l’operazione non sarà considerata effettuata in nessuno Stato e, per l’effetto, si produrrà una doppia non imposizione.

 

Il nuovo approccio condiviso

 

L’articolo 30-ter della direttiva in commento, riprendendo le conclusioni della Commissione, fornisce una semplice soluzione alle problematiche in tema di territorialità.

 

Per quanto concerne i buoni monouso, il regime applicabile alla loro emissione/circolazione, tramite una fictio juris, viene equiparato a quello previsto per le prestazioni cui danno diritto. Pertanto, la cessione di un buono che consente di usufruire di una prestazione di servizi viene territorialmente localizzata come se fosse essa stessa una prestazione di servizi.

 

Lo stesso avviene per i buoni che hanno ad oggetto la cessione di beni. Se il buono dà diritto a prestazioni di servizi e cessioni di beni, il corrispettivo deve essere “splittato” sulle singole operazioni. Per i buoni multiuso, invece, la territorialità, considerato che al momento dell’emissione/circolazione non è possibile identificare con precisione le caratteristiche dei beni e servizi che saranno forniti, viene determinata in base alle regole applicabili alle prestazioni effettivamente ricevute all’atto del loro utilizzo.