Ecco alcune interessanti considerazioni in merito al calcolo dell’IMU in rapporto alla variazione della rendita catastale, alla luce della normativa e di una recente sentenza giuridica della Cassazione.
Le proprietà immobiliari producono reddito e possono acquistare (o perdere) valore nel corso del tempo, a seconda di vari fattori, come lo sviluppo economico e demografico di una determinata area, l’efficienza dei trasporti e dei servizi presenti. Il valore dell’immobile funge da parametro attraverso il quale l’Agenzia delle Entrate stabilisce la rendita catastale dello stesso. Essa costituisce la base imponibile per il calcolo di alcune imposte che gravano sugli immobili, tra cui ad esempio l’IMU oppure la TARI.
Qualora si verifichi una variazione della rendita catastale, essa può incidere sensibilmente sui costi e sulle imposte relative a un immobile, specialmente con riferimento al calcolo dell’IMU, ovvero l’Imposta Municipale Unica.
- Quando avviene la variazione della rendita catastale?
- Come cambia l’IMU in rapporto alla variazione della rendita catastale?
- Comunicazioni all’Agenzia delle Entrate
- Individuazione del dies a quo per l’effetto della variazione
- Modifica della rendita senza effetti retroattivi
- Decorrenza fiscale: la sentenza della Cassazione
- Variazione rendita catastale e calcolo dell’IMU
Quando avviene la variazione della rendita catastale?
La rendita catastale può variare per diverse ragioni, obbligando il proprietario ad effettuare una comunicazione della detta variazione. In particolare, l’obbligo viene in rilievo allorquando si verifichi un aumento del numero di vani, della volumetria o vengano effettuate delle variazioni planimetriche.
La variazione della rendita catastale potrebbe avvenire anche in seguito a cambiamenti nella destinazione d’uso o a causa dello stato di degrado dell’immobile o di un suo eventuale abbandono. Anche una revisione delle zone catastali da parte del Comune può comportare una variazione.
Attualmente, sono previste le seguenti categorie catastali delle abitazioni:
- A/1 per abitazioni di tipo signorile;
- A/2 abitazione di tipo civile;
- A/3 abitazione di tipo economico;
- A/4 abitazione di tipo popolare;
- A/5 abitazione di tipo ultra-popolare;
- A/6 abitazione di tipo rurale;
- A/7 villini;
- A/8 ville;
- A/9 castelli, palazzi di notevole prestigio;
- A/10 studi e uffici privati;
- A/11 abitazioni e alloggi tipici dei luoghi.
Come cambia l’IMU in rapporto alla variazione della rendita catastale?
Quando la rendita catastale cambia, il valore catastale dell’immobile viene aggiornato, andando così ad incidere sul calcolo delle imposte da pagare. In particolare, ad essere direttamente influenzata dalla rendita catastale è l’IMU, la quale aumenta proporzionalmente con la crescita della rendita catastale e, viceversa, in caso di riduzione.
Una modifica della rendita catastale ha impatti anche sulle imposte da versare al momento della compravendita: l’imposta di registro si calcola in percentuale sul valore catastale, per cui una rendita maggiore comporterà un’imposizione più elevata e viceversa.
Lo stesso discorso si applica a donazioni e successioni, poiché il valore catastale incide anche in questo ambito. Anche l’Irpef ne risente: il calcolo della stessa, nel caso di immobili non locati (che si trovano nello stesso comune della residenza principale) avviene sulla rendita catastale rivalutata del 5% e successivamente incrementata di un terzo. Infine, la rendita catastale impatta anche sull’ISEE, che considera l’intero patrimonio immobiliare della famiglia.
Comunicazioni all’Agenzia delle Entrate
Ebbene, come abbiamo visto, varie sono le ragioni che determinano una variazione della rendita catastale, ma in alcuni casi il proprietario dell’immobile soggetto a variazione è tenuto a comunicare tale circostanza all’Agenzia delle Entrate. Tale obbligo si verifica in presenza di modifiche che incidono sulla rendita catastale, come indicato nell’allegato B della circolare n. 1/2006 dell’Agenzia del Territorio:
- costruzione di nuove unità immobiliari, sia fuori terra che sotterranee;
- ampliamento delle unità esistenti con modifiche della sagoma dell’edificio o della costruzione sotterranea;
- variazioni di superficie, come frazionamenti o fusioni di unità immobiliari;
- modifiche interne con redistribuzione o variazioni nel numero di stanze principali e accessorie;
- cambiamenti nella destinazione d’uso dell’immobile;
- riqualificazioni che includono aggiunta o adeguamento dei servizi igienici;
- altri interventi significativi di riqualificazione.
Il dovere di comunicazione si estende anche a lavori che, senza modificare la pianta dell’immobile, aumentano la rendita catastale del 15% o più. La legge di bilancio 2024 ha inoltre introdotto l’obbligo di comunicazione per i beneficiari del Superbonus.
Quando i contribuenti non richiedono l’aggiornamento della rendita catastale, l’Agenzia delle Entrate può notificare un avviso di accertamento, attribuendo d’ufficio la nuova rendita.
Individuazione del dies a quo per l’effetto della variazione
Inoltre, particolarmente rilevante è l’esatta individuazione del dies a quo dal quale comincia ad avere effetto la variazione. Tale circostanza assume particolare rilevanza soprattutto con riferimento al calcolo dell’IMU. La decorrenza dell’efficacia dipende dalla ragione della modifica. Se è il contribuente a richiederla, per esempio a seguito di ristrutturazioni, allora la nuova rendita ha effetto immediato, ossia dalla data della dichiarazione. Se invece la variazione è avviata d’ufficio, per adeguamenti o revisioni dei parametri catastali, l’efficacia decorre dalla data della notifica al contribuente, come stabilito dall’art. 74 l. n. 342/2000. Una terza situazione si verifica in caso di rettifica per errori di valutazione catastale: qui, se l’errore è stato commesso al momento dell’inserimento dei dati, la variazione decorre dalla data di classamento originale; se invece l’errore è del contribuente, l’efficacia è a partire dalla richiesta di rettifica.
Modifica della rendita senza effetti retroattivi
Esistono alcune situazioni in cui la modifica della rendita non ha effetti retroattivi, come indicato di seguito:
- variazioni a seguito di modifiche edilizie dichiarate dal contribuente, purché non frutto di dichiarazioni mendaci;
- errori di classamento attribuibili al contribuente, con effetto della nuova rendita solo per il futuro;
- sentenze favorevoli al contribuente che rideterminano la rendita;
- assegnazione di una nuova rendita a seguito di riclassamento d’ufficio;
- accordo tra Agenzia delle Entrate e contribuente su una nuova rendita tramite accertamento con adesione.
Decorrenza fiscale: la sentenza della Cassazione
La decorrenza fiscale della variazione catastale può divergere da quella giuridica, con tempistiche differenti per l’IMU. Con l’ordinanza n. 21908 del 2 agosto 2024, la Suprema Corte di Cassazione si è pronunciata sugli effetti delle variazioni catastali in ordine all’applicazione dell’IMU, ribadendo la regola generale secondo cui le variazioni di rendita catastale verificatesi nel corso dell’anno saranno efficaci solo a partire dall’anno successivo, fatto salvo per le variazioni causate da correzioni di errori materiali ovvero da modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, in quanto le stesse si applicheranno dalla data della denuncia.
Un’altra eccezione riguarda la rendita proposta attraverso la procedura DOCFA, che diviene definitiva solo dopo eventuali rettifiche entro un anno. A quel punto, la rendita viene notificata al contribuente, il quale ha 60 giorni per un ricorso alla Corte di Giustizia Tributaria. La Cassazione stabilisce che la rendita definitiva, ai fini IMU, ha efficacia retroattiva a partire dalla data della variazione iniziale, ovvero dalla denuncia.
Variazione rendita catastale e calcolo dell’IMU
Per calcolare l’IMU con una rendita catastale modificata, è necessario effettuare alcuni passaggi. Si rivaluta prima la rendita del 5%, poi la si moltiplica per i coefficienti stabiliti per ciascuna categoria:
- 160 per i fabbricati dei gruppi A (fino ad A/9) e C (C/2, C/6 e C/7);
- 140 per le categorie B, C/3, C/4 e C/5;
- 80 per la categoria A/10 e D/5;
- 65 per il gruppo D, escluso D/5;
- 55 per la categoria C/1.
Si ottiene così la base imponibile, su cui si applica l’aliquota stabilita dal Comune, sottraendo eventuali detrazioni o agevolazioni. Se la rendita varia durante l’anno (ad esempio per ristrutturazioni), l’IMU deve tener conto di tre rendite diverse:
- la vecchia, valida fino a inizio lavori;
- una temporanea durante i lavori, basata sull’area edificabile;
- infine, la nuova rendita per i mesi successivi al completamento.