UIL, cassa integrazione, uil, ocseL’ufficio Studi della Uil certifica un costo medio di 1.070 euro con punte fino a oltre 2mila euro per i contribuenti che possiedono immobili diversi dall’abitazione principale. Il 16 giugno oltre 25 milioni di proprietari di immobili diversi dall’abitazione principale, di cui il 76% lavoratori dipendenti e pensionati, dovranno presentarsi alla “cassa”, per pagare l’acconto dell’Imu/Tasi. Dopo l’abolizione della Tasi sull’abitazione principale, quest’anno l’acconto sarà di 10,1 miliardi di euro (20,2 miliardi di euro in totale). E’ quanto emerge da un rapporto della Uil.

 

Il costo medio dell’Imu/Tasi su una seconda casa – spiega Guglielmo Loy, segretario confederale Uil – sarà di 1.070 euro medi (535 euro da versare con l’acconto), con punte di oltre 2 mila euro nelle grandi città. Se si prendono in considerazione i costi dell’Imu/Tasi sulle prime case, cosiddette di lusso, (abitazioni signorili, ville e castelli), il costo medio sarà di 2.610 euro (1.305 euro l’acconto di giugno), con punte di oltre 6 mila euro. Anche se sull’abitazione principale non si pagano più le imposte – continua Loy – per 3,5 milioni di proprietari non è proprio così. Si tratta di coloro che possiedono una seconda pertinenza dell’abitazione principale della stessa categoria catastale (cantine, garage, posti auto, tettoie) per la quale l’Imu/Tasi va versata con l’aliquota che spesso è quella delle seconde case, con costi medi di 55 euro, con punte di 110 euro.

 

La media dell’aliquota applicata per le seconde case ammonta al 10,53 per mille, e in molti Comuni (480 municipi di cui 20 Città capoluogo) viene confermata “l’addizionale Tasi” (fino ad un massimo dello 0,8 per mille), introdotta per finanziare negli scorsi anni le detrazioni per le abitazioni principali. Il 41% (14,5 milioni di persone) del totale dei contribuenti con redditi da lavoro dipendente e pensione (39,5 milioni di persone) possiede un immobile diverso dall’abitazione principale. E non si tratta di persone propriamente benestanti – spiega Guglielmo Loy – dal momento che il 68% di essi (9,8 milioni di persone) dichiara un reddito al di sotto dei 26 mila euro.