TARSU: nella sentenza 440/2018, la Corte di cassazione affronta la questione delle condizioni per il riconoscimento della rateazione delle somme iscritte a ruolo, con particolare riferimento al soggetto competente a concedere la dilazione.
Nel caso di specie, il provvedimento di diniego della rateazione era stato emesso da Equitalia a seguito di un’istanza rivolta dal contribuente a tale concessionario per un debito Tarsu. Il contribuente, in sede contenziosa, aveva contestato il diniego opposto dall’agente della riscossione, invocando la facoltà di dilazione del pagamento delle somme iscritte a ruolo riconosciuta al concessionario dall’articolo 26 del Dlgs n. 46/1999, nel testo ancora vigente come modificato dall’articolo 36 del Dl n. 248/2007, con decorrenza dal 1° marzo 2008, il cui primo comma rende applicabile l’articolo 19 del Dpr n. 602/1973, ossia le disposizioni sulla dilazione di pagamento e sulle condizioni e termini per ottenerla.
A sua volta, il successivo comma 1-bis prevede che le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì alle restanti entrate iscritte a ruolo, salvo diversa determinazione dell’ente creditore, da comunicare all’agente della riscossione competente in ragione della sede legale dello stesso ente e che tale determinazione produce effetti a decorrere dal trentesimo giorno successivo alla ricezione della comunicazione da parte del competente agente della riscossione.
Nella specie, i giudici di appello avevano ritenuto il diniego opposto da Equitalia illegittimo, sul presupposto che la facoltà per il concessionario di rateizzare le somme iscritte a ruolo fosse normativamente prevista (articolo 26, comma 1-bis, Dlgs n. 46/1999), ma il Collegio supremo ha statuito che, per poter ritenere legittimo il diniego di rateazione opposto da Equitalia, il giudice di merito deve verificare se, a monte, sia stata riconosciuta o meno al concessionario la facoltà di rateizzare.
Se da un canto è, infatti, vero che il disposto dell’articolo 26 del Dlgs n. 46/1999 prevede espressamente tale facoltà anche per tributi diversi dalle imposte dirette, non è men vero che il legislatore ha previsto un’espressa “riserva” in capo all’ente impositore, il quale può decidere di mantenere tale facoltà per sé (“salva diversa determinazione dell’ente creditore”) e, quindi, non “delegare” il concessionario alla rateizzazione dei tributi iscritti a ruolo.
In conseguenza di tale situazione normativa, per una corretta interpretazione e applicazione dei richiamati precetti, a parere della Corte suprema, il Giudice di merito deve verificare se si versa in un’ipotesi in cui il concessionario è delegato a rateizzare. Solo nell’ipotesi in cui allo stesso risulti riconosciuta tale facoltà, il diniego può essere considerato illegittimo, diversamente sarà legittimo.
Nel caso di specie, era stato documentato in giudizio – mediante nota esplicativa inviata dal Comune – che al concessionario non era stata riconosciuta tale facoltà e, pertanto, Equitalia aveva (legittimamente) indicato nella comunicazione di diniego della richiesta che si trattava di tributi che non potevano essere oggetto di rateazione da parte dell’agente della riscossione.
La Corte ha ritenuto che tale motivazione, benchè generica, fosse chiara e conforme alla legge, in quanto l’agente della riscossione risultava nel caso di specie effettivamente sprovvisto del potere di rateazione.
In proposito, i giudici di legittimità hanno anche precisato che la mancata indicazione – lamentata dalla parte contribuente – nel provvedimento di diniego del soggetto competente a concedere la dilazione (nella specie, il Comune) non inficia il provvedimento stesso, in quanto non vi è alcuna disposizione che prevede tale obbligo. Secondo il Collegio, il fatto che il giudice a quo abbia omesso di considerare l’effettivo stato dei fatti, ritenendo il diniego illegittimo solo perché risultava normativamente riconosciuta la facoltà di dilazione da parte del concessionario – a prescindere dalla verifica in concreto del riconoscimento di tale facoltà – rende la decisione sul punto illegittima.
Non si rinvengono precedenti negli esatti termini, ma si può rammentare la sentenza della Cassazione 19 gennaio 2010, n. 753, secondo cui l’articolo 72 del Dlgs n. 507/1993 non include, tra le disposizioni richiamate del Dpr n. 602/1973, quella contenuta nell’articolo 15, relativa alla misura delle iscrizioni a ruolo in caso di accertamenti non definitivi.
Da ciò, il Supremo collegio ritenne che è consentita l’immediata iscrizione integrale a ruolo, con soprattasse e interessi, della tassa, pur se non definitivamente accertata, e venne esclusa dalla giurisprudenza di legittimità il frazionamento del pagamento anche in sede processuale.
Difatti, la Corte, con la decisione 30 dicembre 2009, n. 28091, statuì che non si applica la disciplina processualistica di cui all’articolo 68, comma 2, del Dlgs n. 546/1992, sull’esecuzione frazionata in base al decisum giudiziale, in quanto questa si applica solamente se per il tributo è prevista la riscossione frazionata.