Il Consiglio dei ministri ieri ha dato il via libera al decretone nato per attuare la manovra correttiva da 3,4 miliardi, e cresciuto negli ultimi giorni, allargandosi anche a comprendere le norme relative allo split payment, esteso anche alle società partecipate.
La “Legge di stabilità 2015”, (art. 1, comma 629, Legge n. 190/14) ha introdotto dallo scorso 1° gennaio il meccanismo c.d. “split payment”, il quale prevede, per le cessioni di beni e prestazioni di servizi effettuate nei confronti della P.A., che l’Iva sia versata in ogni caso dagli Enti stessi secondo modalità e termini fissati con Decreto del Ministro dell’Economia (Decreto 23 gennaio 2015, pubblicato sulla G.U. n. 27 del 3 febbraio 2015.
Fino ad oggi la partecipata non rientrava nel novero dei soggetti tenuti all’applicazione del meccanismo dello “split payment” e quindi il pagamento delle fatture nei suoi confronti e conseguentemente la gestione dell’Iva dovrà seguire il regime ordinario fino ad ora applicato.
Adesso invece, le cose cambiano. I tecnici del Mef hanno lavorato all’estensione della platea fino ad accogliere appunto tutte le società controllate, in via diretta e indiretta, dalle Pa centrali e locali, e le aziende quotate. Il decreto è stato approvato «salvo-intese», in una forma quindi aperta a successivi ritocchi tecnici, ma a quanto si apprende dovrebbe cadere la deroga che finora ha evitato lo split payment quando a fornire beni e servizi erano i professionisti.
Anche le società partecipate dallo stato o dagli enti pubblici, pertanto dovranno versare l’Iva direttamente all’erario e non al fornitore di beni o servizi. Una misura che nelle attese del governo può valere più di un miliardo su una manovra che vale 3,4 miliardi.