spesometro-redditometro-decreto-dignitaSpesometro e Redditometro: con il Decreto Dignità cosa cambia in realtà? Cosa non viene modificato?


Più che un’abolizione vera e propria dello spesometro si parla di un chiarimento d’urgenza sulla possibilità per i contribuenti di optare per l’invio trimestrale o semestrale. Il giorno successivo alla sua emanazione, il decreto dignità viene adesso passato ai raggi X e c’è già chi manifesta le proprie perplessità sia in riferimento allo spesometro e sia agli altri interventi fiscali.

 

Dal lato dello Spesometro, prorogato al 28 febbraio 2019 il termine per l’invio dei dati relativo al terzo trimestre 2018. Lo slittamento del termine, precedentemente fissato al secondo mese successivo al trimestre, è stato stabilito dal decreto Dignità approvato dal Consiglio dei Ministri nel corso della seduta del 2 luglio 2018.

 

Invece per il redditometro, lo strumento sopravvivrà ma, si legge in una nota diramata al termine della seduta, “in chiave di contrasto all’economia sommersa”. Le nuove norme prevedono che il decreto ministeriale che elenca gli elementi indicativi di capacità contributiva attualmente vigente (redditometro) non ha più effetto per i controlli ancora da effettuare sull’anno di imposta 2016 e successivi.

 

Spesometro e redditometro: cosa sono?

 

Lo spesometro è un sistema che impone la comunicazione all’Agenzia delle Entrate riguardante le operazioni (con importo superiore ai 3.600 euro se accompagnate da ricevuta fiscale, 3.000 se soggette a fatturazione) da parte di tutti i soggetti titolari di IVA, a esclusione di alcune realtà come contribuenti forfetari e minimi.

 

Il redditometro è uno dei tanti strumenti utlizzati dal Fisco per effettuare controlli a tavolino, con l’obiettivo di individuare i contribuenti che non dichiarano o che nascondono le imposte da versare.