IVA disciplinaValido il sequestro preventivo nei confronti del gestore di un autodromo, che omette di considerare (e sottrae a Iva) il valore degli ingressi gratuiti eccedenti la quota esente. Per integrare la nuova fattispecie di reato prevista dall’articolo 4, Dlgs 74/2000 a seguito delle modifiche introdotte dal Dlgs 158/2015 e confermare la legittimità del relativo provvedimento di sequestro preventivo disposto per il reato contestato, la determinazione dell’imponibile sul quale calcolare l’Iva deve tenere conto del controvalore nominale dei biglietti di favore emessi in eccesso rispetto alla quota esente del 5% prevista dalla normativa di settore.

 

Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza n. 42744 del 10 ottobre 2016.

 

I fatti

 

Il tribunale ha rigettato la richiesta di dissequestro parziale presentata dal direttore generale di una Spa che gestisce un autodromo, organizzandovi le manifestazioni sportive che lì si svolgono. Il sequestro preventivo sui beni dell’uomo era stato adottato a seguito della contestazione provvisoria elevata nei suoi confronti e avente a oggetto la violazione dell’articolo 4, Dlgs 74/2000, in quanto, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere l’Iva, aveva indotto il legale rappresentante della società a indicare, nelle dichiarazioni di imposta relative agli anni 2010 e 2011, elementi attivi inferiori a quelli reali. In particolare, l’uomo aveva omesso di indicare, quali poste attive, il controvalore dei biglietti offerti in omaggio in misura superiore alla quota esente (e cioè al 5% della capienza dei singoli settori destinati al pubblico per la partecipazione agli eventi sportivi svoltisi nell’autodromo), sottraendo tali importi a Iva.

 

Il tribunale confermava il provvedimento di rigetto, mentre il direttore genarle proponeva ricorso per cassazione, deducendo:

 

 

  • sotto il profilo della carenza del fumus commissi delicti, che la propria condotta non riguardava l’indicazione, in sede di dichiarazione dei redditi, di elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo ex articolo 4, Dlgs 74/2000, ma solo elementi virtuali, poiché egli stesso si era limitato a non indicare un valore figurativo corrispondente all’ammontare dell’ipotetico prezzo, non percepito, dei biglietti offerti in omaggio oltre il limite di franchigia del 5% dei posti disponibili
  • sotto il profilo della violazione di legge, l’erroneità del criterio del controvalore dei biglietti, adottato per determinare le entrate figurative omesse, piuttosto di quello costituito dal valore delle spese sostenute dalla Spa per l’erogazione del servizio in favore degli spettatori non paganti (articolo 3, comma 3 e articolo 13, comma 2, lettera c), Dpr 633/1972).

 

 

La Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato la causa al tribunale di Monza, sottolineando l’incidenza sulla fattispecie esaminata della modifica apportata all’articolo 4 del Dlgs 74/2000 con il Dlgs 158/2015 e precisando che il giudice del rinvio, per ritenere integrata la fattispecie di reato, dovrà porre “… a base del proprio calcolo il controvalore nominale ‘normale’ dei biglietti di accesso agli impianti dell’Autodromo… offerti in omaggio per le manifestazioni sportive ivi organizzate, detratta la quota esente del 5% di essi, secondo la previsione di cui alla normativa di settore…”.

 

La sentenza

 

I giudici di legittimità hanno dato atto che, negli anni 2010 e 2011, erano stati sottratti a Iva considerevoli importi, rispettivamente pari a 2.224.292,40 e a 2.046.372,95 euro. In relazione a tali somme, la Cassazione ha considerato che, per effetto delle modificazioni apportate all’articolo 4 del Dlgs 74/2000 dalla novella del 2015, la condotta di colui che nella dichiarazione dei redditi indichi ricavi inferiori a quelli reali è punibile solo a condizione che:

 

 

  • l’ammontare dell’imposta evasa sia superiore, per ogni anno e per ognuna delle singole imposte, a 150mila euro
  • il totale degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore, in relazione a ciascun anno di imposta, al 10% del totale degli elementi attivi reali o sia comunque superiore a 3 milioni di euro.

 

 

Il precedente testo legislativo, invece, fissava la soglia di punibilità della condotta in 2 milioni di euro, realizzata la quale si poteva prescindere della incidenza percentuale dell’importo sottratto al calcolo della tassazione rispetto agli elementi positivi realizzati nel corso dell’anno d’imposta. Nella fattispecie esaminata, il tribunale di Monza, di fronte al quale la questione era pervenuta in epoca anteriore all’entrata in vigore della novella del 2015, pur rilevando che l’ammontare del valore sottratto al calcolo dell’imposta evasa negli anni 2010-2011 era superiore alla precedente soglia di punibilità, nulla ha osservato in ordine alla incidenza percentuale di tale omessa dichiarazione rispetto all’intero valore imponibile. A riguardo, la Cassazione ha rilevato la necessità di una tale indicazione proprio perché, nella fattispecie al suo vaglio, l’importo sottratto a tassazione era inferiore alla nuova soglia di punibilità.

 

Il tribunale, quindi, per confermare il sequestro preventivo in relazione alla ipotizzata violazione dell’articolo 4 del Dlgs 74/2000, avrebbe dovuto fornire elementi (anche solo indiziari, vista la fase cautelare del giudizio) tali da far ritenere che l’ammontare delle somme sottratte a tassazione, pur essendo inferiore a 3 milioni di euro, sia comunque superiore al 10% degli elementi attivi imponibili. Ma così non è stato. Il tribunale, infatti, non ha fornito alcun dato per consentire la verifica dell’integrazione di tale elemento del reato, quale fattore fondamentale ai fini della verifica della sussistenza del fumus commissi delicti.

 

In particolare, la Cassazione ha precisato che il giudice del rinvio, nel colmare tale lacuna, dovrà porre a base del proprio calcolo il controvalore nominale “normale” dei biglietti di accesso agli impianti dell’autodromo offerti in omaggio relativamente alle manifestazioni sportive ivi organizzate, detratta solo la quota esente del 5% degli stessi, come previsto dalla disciplina di settore. Quest’ultima, essendo riferita a dati obiettivi (cioè il valore normale dei biglietti concessi in omaggio per ciascuno dei settori riservato al pubblico ordinariamente pagante), costituisce una forma di accertamento non di tipo discrezionale valutativo, ma di tipo reale. L’articolo 3, comma 5, Dpr 633/1972, infatti, prevede che non sono considerate prestazioni di servizi, suscettibili di costituire presupposto Iva, le prestazioni relative agli spettacoli e alle manifestazioni sportive rese ai possessori di titoli gratuiti limitatamente al contingente numerico di favore, stabilito nella misura del 5% della capienza massima di ogni settore dell’impianto sportivo nel quale si tiene la manifestazione.

 

Di conseguenza, oltre siffatta quota, la manifestazione sportiva tenuta nel territorio dello Stato va considerata quale prestazione di servizi, suscettibile di costituire, ex articolo 1, Dpr 633/1972, presupposto Iva.

 

A tale riguardo, la Corte ha chiarito che non ha alcun rilievo considerare che, per la natura gratuita dei titoli di accesso emessi, il loro importo non ha costituito un reddito né tantomeno un’entrata per il soggetto debitore di imposta. Ciò in quanto il legislatore, da una parte, ha inteso prevenire la facile elusione che potrebbe verificarsi quando, attraverso il rilascio di ingenti quantità di biglietti di favore, si potrebbe abbattere sensibilmente il valore imponibile; dall’altra, ha voluto così sottoporre a tassazione non l’entrata finanziaria conseguita (fenomeno, peraltro, caratteristico delle ipotesi di imposizione fiscale diretta), ma l’astratto valore della prestazione eseguita, a prescindere dal fatto che tale valore si sia o meno tramutato in una effettiva entrata finanziaria (non contraddicendo, peraltro, la natura di imposta indiretta dell’Iva).