Arrivano chiarimenti in merito alle Società Partecipate senza Controllo Pubblico: il Tar, con la sentenza n. 363/2018 espone la disciplina da riservare alle Partecipate quando mancano elementi atti a dimostrare un effettivo controllo pubblico.
L’art. 24, comma 1, del d.lgs. n. 175/2016 parla espressamente di “provvedimento motivato” con cui ciascuna Amministrazione effettua la ricognizione delle partecipazioni possedute alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legislativo ed individua quelle che debbono essere alienate. Oltre alla qualificazione letterale effettuata dalla norma, vi è, dunque, nell’atto che le P.A. adottano ai sensi dell’art. 24, comma 1, cit. un contenuto non solo ricognitivo, ma anche volitivo, che indubbiamente lo fa rientrare nella categoria dei provvedimenti amministrativi, intesi, alla luce della classica definizione dottrinale, come manifestazioni di volontà preordinate alla cura di uno specifico interesse pubblico (la cui realizzazione è affidata alla P.A. titolare del potere di provvedere) e dirette a produrre unilateralmente effetti giuridici nei rapporti esterni con i destinatari.
Trattandosi di provvedimento amministrativo, esso, perciò, costituisce (per definizione) espressione del potere autoritativo della P.A. e, dunque, è sottoposto al sindacato giurisdizionale del G.A., a pena, diversamente opinando, di incorrere nella violazione degli artt. 24, 103 e 113 Cost.. La questione dei limiti entro cui detto sindacato giurisdizionale può esplicarsi è diversa e concerne i confini entro cui l’attività amministrativa discrezionale può essere sottoposta al vaglio giurisdizionale di legittimità, ma ciò non toglie che detta attività sia sindacabile, pur se entro limiti tanto più ristretti, quanto più è ampia la sfera di discrezionalità di cui gode la P.A..
D’altro lato, la decisione delle P.A. di assumere “misure di razionalizzazione” delle partecipazioni societarie da esse detenute attiene, in via di principio, a profili di organizzazione generale delle stesse P.A., per la quale pare invero arduo ipotizzare che non debba esplicarsi attraverso misure di carattere pubblicistico, in qualche modo assimilabili agli atti di cd. macro-organizzazione, che l’ordinamento ben conosce (cfr. artt. 2, comma 1, e 5 del d.lgs. n. 165/2001) e che, per giurisprudenza consolidata, sono assoggettati a principi e regole pubblicistiche e devoluti alla cognizione del G.A. (cfr., ex multis, C.d.S., Sez. V, 31 agosto 2016, n. 3740; id., 28 novembre 2013, n. 5684).
In caso di partecipazione minoritaria il comune non è in grado di garantirne la fruibilità secondo le modalità richieste dal TUSP e quindi la partecipazione non può essere mantenuta. Inoltre, per dimostrare la rispondenza di una società ai fini di interesse pubblico dell’ente non è sufficiente l’oggetto sociale ma bisogna documentare anche come il socio pubblico esercita le prerogative di azionista e ne coordina ed indirizza l’attività.
Di conseguenza, il Tar Veneto sostiene che l’assenza di controllo comporta il divieto di detenere la partecipazione per i soci pubblici.
In allegato il testo completo della Sentenza.