Al capo II del decreto legislativo di revisione del sistema sanzionatorio, vengono introdotte rilevanti modifiche al Dlgs 472/1997, recante la disciplina generale delle sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie. Il sistema, rimasto inalterato nella struttura sostanziale e nei principi fondamentali, viene, tuttavia, innovato su alcuni aspetti ritenuti di particolare rilievo per garantire una maggiore proporzionalità dello stesso, anche alla luce delle modifiche apportate alle singole fattispecie contenute nel Dlgs 471/1997.
Di seguito una breve panoramica delle modifiche.
Criteri di determinazione della sanzione
Il decreto modifica l’articolo 7 del Dlgs 472/1997, relativo ai criteri di determinazione della sanzione, attraverso interventi puntuali e mediante l’inserimento del nuovo comma 4-bis. L’articolo 7 contempla il principio secondo cui nella determinazione quantitativa della sanzione si debba aver riguardo, in primo luogo, alla gravità della violazione e che, a tale fine, si può anche fare riferimento alle caratteristiche della condotta dell’agente, all’opera da lui svolta per l’attenuazione o l’eliminazione delle conseguenze e, per altro verso, alla personalità del trasgressore e alle sue condizioni economiche sociali.
In tale contesto si pone l’istituto della recidiva, che prevede un aumento di pena – fino alla metà – nei confronti di chi, nei tre anni precedenti, sia incorso in altra violazione della stessa indole, ossia violazione che presenti, rispetto alla precedente, profili di sostanziale identità per la natura dei fatti che la costituiscono e dei motivi che la determinano (cfr circolare 180/E del 1998).
Perché rilevino ai fini della recidiva, deve trattarsi di violazioni non definite dal contribuente con l’istituto del ravvedimento operoso, mediante definizione della sanzione, in dipendenza di adesione all’accertamento o, stante la modifica operata dal decreto in esame che ne ha aggiunto il riferimento, per effetto di mediazione e di conciliazione.
Il decreto rimuove, inoltre, il carattere discrezionale dell’istituto, con la conseguenza che gli uffici, in presenza di recidiva infratriennale, sono tenuti ad aumentare la pena nella misura stabilita dalla legge. Attraverso il rinvio al comma 4 della medesima disposizione, il legislatore ha, comunque, previsto un’ipotesi di esclusione della recidiva nei casi in cui la sua applicazione determini una manifesta sproporzione fra l’entità del tributo e la sanzione, sproporzione che sarà oggetto di opportuna valutazione da parte degli uffici.
Altro intervento sostanziale sulla disposizione relativa ai criteri di determinazione della sanzione tributaria interessa la circostanza attenuante di cui al comma 4, in forza della quale la sanzione può essere ridotta fino alla metà del minimo se ricorrono circostanze eccezionali che rendano manifesta la sproporzione fra l’entità del tributo e la sanzione. Attraverso l’eliminazione della parola “eccezionali”, l’attenuante assume carattere generale, con la conseguenza che alla stessa gli uffici potranno fare ricorso in tutte le ipotesi, non predeterminate, in cui, in concreto, il trattamento sanzionatorio produca nei confronti del contribuente conseguenze eccedenti rispetto al disvalore della sua condotta o al danno arrecato alle ragioni dell’Erario.
Infine, con il nuovo comma 4-bis, è stata introdotta una norma generale di “chiusura” del sistema che, applicabile ai soli casi non espressamente disciplinati dalle singole disposizioni di settore (quali, a titolo di esempio, le disposizioni in materia di dichiarazione ai fini delle imposte dirette, dell’Iva e di dichiarazione dei sostituti d’imposta), prevede una riduzione alla metà della sanzione, in tutti i casi di presentazione di dichiarazioni e denunce con un ritardo non superiore a 30 giorni dal termine ordinario di scadenza.
Responsabili per la sanzione amministrativa
Il decreto modifica l’articolo 11 del Dlgs 472/1997, relativo alla disciplina dei responsabili della sanzione amministrativa. In particolare, viene eliminata la rilevanza dell’elemento soggettivo ai fini dell’“accollo” del debito tributario o della sanzione per l’ipotesi di illeciti commessi nell’interesse altrui. È noto, infatti, il principio secondo cui, se l’autore della violazione (fino a prova contraria, si presume autore della violazione chi ha sottoscritto ovvero compiuto gli atti illegittimi) ha agito nell’interesse di altro soggetto (persona fisica, associazione o ente non dotati di personalità giuridica; si ricorda che, ai sensi dell’articolo 7 del Dl 269/2003, in deroga ai principi recati dall’articolo 11 in esame, “Le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio di società o enti con personalità giuridica sono esclusivamente a carico della persona giuridica”), quest’ultimo è obbligato solidalmente al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata, salvo il diritto di regresso.
Prima delle modifiche, la possibilità per il soggetto nell’interesse del quale l’autore ha agito di estinguere mediante pagamento la sanzione – irrogata all’autore – era limitata alle sole ipotesi in cui la violazione fosse stata commessa con dolo o colpa grave.
Anche la possibilità per tale soggetto di accollarsi il connesso debito era limitata alle ipotesi in cui l’autore non avesse agito con dolo o colpa grave. Il decreto, sopprimendo il riferimento all’elemento soggettivo, consente ai soggetti nel cui interesse è stata commessa la violazione l’accollo del debito e l’estinzione della sanzione per fatti commessi dall’autore, a prescindere dall’assenza di dolo o colpa grave.
Concorso di violazioni e continuazione
Il decreto estende alla mediazione e alla conciliazione giudiziale la previsione dell’articolo 12, comma 8 , primo periodo, secondo cui le disposizioni sulla determinazione di una sanzione unica in caso di progressione, in deroga ai commi 3 e 5, si applicano separatamente per ciascun tributo e per ciascun periodo d’imposta. Prima della modifica, la richiamata disciplina si applicava alle sole ipotesi di accertamento con adesione, mentre per la conciliazione giudiziale vigeva la regola secondo cui “la sanzione conseguente […] non può stabilirsi in progressione con violazioni non indicate nell’atto di contestazione o di irrogazione delle sanzioni”.
Come emerge dalla relazione illustrativa, potevano verificarsi ipotesi in cui, a parità d’imposta definita, il contribuente avrebbe potuto avere maggiore convenienza a concludere una conciliazione giudiziale rispetto alla possibilità di definire già in sede di accertamento con adesione, per effetto del diverso meccanismo del cumulo giuridico applicabile ai due istituti. Tale anomalia risulta, oggi, venuta meno.
Ravvedimento operoso
Le modifiche apportate all’articolo 13 del Dlgs 472/1997, recante l’istituto del ravvedimento operoso, consentono di superare i dubbi interpretativi che erano sorti sull’applicazione della disposizione all’indomani delle modifiche introdotte con l’articolo 1, comma 637, della legge 190/2014, con particolare riferimento alla lettera a)-bis. Tale disposizione, nella versione ante riforma, consente una riduzione della sanzione a 1/9 del minimo “se la regolarizzazione degli errori e delle omissioni, anche se incidenti sulla determinazione o sul pagamento del tributo, avviene entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione, ovvero, quando non è prevista dichiarazione periodica, entro novanta giorni dall’omissione o dall’errore”.
Sull’interpretazione della disposizione – e, in particolare, sulla corretta individuazione delle violazioni regolarizzabili “entro il novantesimo giorno successivo al termine per la presentazione della dichiarazione”, su cui molti dubbi erano stati sollevati dagli operatori – l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti con la circolare n. 23/E del 9 giugno 2015, alla quale si rinvia. Per ciò che in tale sede rileva, il legislatore delegato ha riformulato la lettera a-bis) – il cui ambito di applicazione risulta, così, più definito – prevedendo che la riduzione sanzionatoria ivi disciplinata trovi applicazione se la regolarizzazione avviene:
- entro 90 giorni dalla data dell’omissione o dell’errore, anche se tale errore non sia incidente sul versamento del tributo
ovvero
- entro 90 giorni dal termine per la presentazione della dichiarazione in cui l’omissione o l’errore è stato commesso, in caso di omissioni ed errori commessi in sede dichiarativa.
Responsabilità per la cessione d’azienda
L’articolo 14 del Dlgs 472/1997 disciplina responsabilità dipendente da cessione di azienda o di un ramo di azienda. In particolare, il comma 1 stabilisce che il cessionario è responsabile, in solido con il cedente, per il pagamento delle imposte e delle sanzioni riferibili alle violazioni commesse nell’anno in cui è avvenuto il trasferimento e nei due anni precedenti, ancorché non contestate o irrogate alla data della cessione; nonché per le violazioni già contestate (e alle sanzioni già irrogate), nel medesimo periodo, anche se commesse in epoca anteriore. La responsabilità del cessionario è, comunque, limitata al debito risultante, alla data del trasferimento, dagli atti degli uffici dell’amministrazione finanziaria e degli enti preposti all’accertamento dei tributi di loro competenza. A tale fine, i predetti uffici sono tenuti a rilasciare all’interessato che ne faccia richiesta un certificato in ordine all’esistenza di contestazioni in corso e di quelle già definite per le quali i debiti non sono stati ancora soddisfatti alla data della richiesta.
Ciò premesso, il decreto introduce due specifiche ipotesi, rispettivamente, di esclusione e di applicazione della disposizione:
- la prima, introdotta al comma 5-bis, consente di escludere la responsabilità solidale del cessionario quando la cessione avvenga nell’ambito di una procedura concorsuale, di un accordo di ristrutturazione dei debiti, di un piano attestato o di un procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento o di liquidazione del patrimonio. Si pensi al caso in cui il curatore fallimentare è autorizzato alla vendita dell’azienda o del ramo d’azienda della società sottoposta a fallimento, ipotesi in cui la previsione di una responsabilità solidale del cessionario – a prescindere dal rilascio del certificato da parte dell’amministrazione finanziaria – potrebbe generare notevoli difficoltà nella liquidazione del patrimonio e, conseguentemente, nel soddisfacimento dei creditori
- la seconda, introdotta al comma 5-ter, dispone l’applicazione della disciplina contenuta nell’articolo 14, in quanto compatibile, a tutte le ipotesi di trasferimento d’azienda, compreso il conferimento di azienda.
Sospensione dei rimborsi e compensazione
Infine, il decreto modifica l’articolo 23 del Dlgs 472/1997, che disciplina l’istituto della sospensione dei rimborsi e la compensazione. Tale disposizione, avente chiara finalità di tutela del credito erariale, consente all’Amministrazione finanziaria di sospendere cautelarmente il pagamento nei confronti del contribuente il quale sia, al contempo, autore di una violazione tributaria – o responsabile in solido per violazione commessa da altri – per la quale è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione, ancorché il provvedimento non sia definitivo. Il provvedimento di sospensione dei rimborsi, avente natura discrezionale e riferibile anche a crediti e sanzioni relativi a tributi diversi, deve essere revocato in caso di riscossione della somma risultante dall’atto o, comunque, adeguato alla decisione della Commissione tributaria o dell’organo adito che determini in misura diversa la somma dovuta.
In presenza di un provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione, atto dovuto per legge e avente natura di compensazione legale. Il decreto amplia l’ambito applicativo del potere di sospensione – a oggi limitato alle somme risultanti dall’atto di contestazione o di irrogazione della sanzione – estendendolo anche alle somme risultanti dai provvedimenti con cui vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi.