L’ARERA, negli ultimi mesi, ha rilasciato una serie di delibere che prospetterebbero un aumento della TARI a partire dal 2024: ecco di cosa si tratta.
Nel corso dell’agosto scorso, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (Arera) ha varato una serie di disposizioni che avranno un impatto diretto o indiretto sulla tassa sui rifiuti, nota come TARI, o sulla tariffa ad essa correlata.
Queste misure, delineate principalmente nella delibera n. 389/2023, definiscono le regole per il metodo tariffario dei rifiuti per il periodo 2024-2025 (MTR-2).
In aggiunta, la delibera n. 386 introduce nuove componenti perequative, e vanno considerate anche le delibere n. 387 e n. 385, che riguardano il monitoraggio degli obblighi di trasparenza sulla raccolta differenziata e lo schema del contratto di servizio. Aggiungiamoci anche la recente determina n. 1/2023, che ha approvato il tool di calcolo 2024, lo schema di relazione tipo e le dichiarazioni di veridicità.
Le sfide dell’aumento: inflazione e meccanismi tariffari
L’adeguamento dei piani finanziari per il biennio 2024-2025 dovrà confrontarsi con l’impatto significativo della crescita dell’inflazione iniziata nel 2022. Questo aumento dei prezzi influisce in almeno tre modi sui Piani Economico Finanziari (PEF) delle municipalità.
Innanzitutto, la regola dell’anno a-2, che determina il PEF dell’anno a basandosi sui costi effettivi dell’anno a-2, utilizza i bilanci del 2022 come base per quantificare il livello massimo delle tariffe per il 2024. Tuttavia, questi bilanci registrano un aumento significativo dei costi rispetto all’anno precedente, a causa dell’inflazione (l’indice FOI di dicembre 2022 era dell’11,3%).
In secondo luogo, il meccanismo tariffario richiede la rivalutazione dei costi del secondo anno precedente mediante tassi di aggiornamento monetario. La delibera precedente (Arera 363/2021) stabiliva tassi nulli per gli anni 2023 e 2024, ma ora sono incrementati rispettivamente al 4,5% e all’8,8%, per un totale vicino al 14%.
Un terzo effetto è introdotto dalla determina ARERA 1/2023, che consente ai gestori di recuperare l’aumento dovuto all’inflazione nel 2023, non considerato dal PEF dello stesso anno. Questo avviene mediante l’inserimento di una voce specifica nella componente a conguaglio.
Aumento consentito e sfide nella gestione delle nuove componenti
La delibera Arera offre ora la possibilità di un incremento del tasso di crescita fino al 9,6%, tenendo conto di una dinamica dei costi spesso superiore al limite massimo consentito. Questo aumento è reso possibile aggiornando il tasso di inflazione programmata al 2,7% e introducendo una componente specifica per intercettare l’effetto dell’inflazione (CRI) fino al 7%, per un totale massimo del 9,6%.
Considerando questi aumenti e le vecchie regole che limitavano la crescita delle entrate tariffarie, molte realtà potrebbero dover affrontare incrementi tariffari considerevoli. È pertanto consigliabile iniziare fin da ora a valutare le possibili strategie di contenimento, sebbene le opzioni siano piuttosto limitate, dato che le componenti “a valle” del PEF, che permettono di abbattere le entrate dalla TARI, non sono state modificate.
Le nuove sfide nel 2024: componenti perequative
Nel 2024, l’applicazione della TARI dovrà anche considerare le nuove componenti perequative introdotte dalla delibera Arera n. 386/2023.
Queste includono:
- la componente UR_1, finalizzata a finanziare i costi dei rifiuti raccolti accidentalmente o volontariamente negli specchi d’acqua
- e la componente UR_2, che finanzia agevolazioni per eventi eccezionali e calamitosi.
Queste nuove componenti, pari rispettivamente a € 0,10 e € 1,5 per utenza, devono essere riscosse insieme alla TARI/tariffa corrispettiva dai gestori delle tariffe, ovvero i comuni che operano in regime di TARI.
È importante notare che queste componenti non rientrano nel calcolo delle entrate tariffarie di riferimento per il servizio integrato di gestione dei rifiuti.
Complessità e sfide nell’implementazione delle componenti perequative
L’introduzione di queste nuove componenti perequative porta con sé una serie di sfide. In primo luogo, l’applicazione pratica delle componenti perequative si scontra con questioni legate all’uso dell’unità immobiliare come criterio di addebito. Nel caso di utenti con più unità immobiliari, la componente perequativa potrebbe essere applicata più volte, sollevando interrogativi sulla sua equità. Altro nodo da sciogliere riguarda la periodicità del possesso/detenzione dell’unità immobiliare e se questa debba influenzare l’applicazione delle componenti perequative.
Inoltre, sorgono interrogativi sulla tassazione delle componenti perequative per le utenze esenti, l’assoggettamento al Tributo per l’Ecologia e la Fauna (TEFA) e all‘IVA. Sebbene, ad esempio, nel settore idrico le componenti perequative siano soggette a IVA, la natura tributaria della TARI fa sospettare che possano esserne escluse. Chiaramente, ulteriori chiarimenti ufficiali dall’Agenzia delle Entrate sarebbero necessari per dirimere tali questioni.
Un secondo livello di difficoltà emerge nella gestione amministrativa e contabile delle componenti perequative. La delibera Arera assegna ai comuni (o ai gestori delle tariffe) la responsabilità di addebitare e riscuotere queste componenti. Gli importi addebitati devono essere comunicati alla Cassa per i Servizi Energetici ed Ambientali (CSEA) entro il 31 gennaio dell’anno successivo, e le somme devono essere riversate entro il 15 marzo dello stesso anno.
La gestione della componente UR_1, relativa ai rifiuti pescati, comporta ulteriori complicazioni, richiedendo al comune di ricevere entro il 30 novembre dell’anno di addebito una comunicazione dall’Ente territorialmente competente (ETC) sugli importi dei costi validati relativi ai rifiuti raccolti o pescati nell’anno precedente.
Il gestore delle tariffe (il comune) deve poi scomputare dall’importo della componente UR_1 la somma corrispondente ai costi validati e versare la componente CSM (Costi Sostenuti dal Municipio) entro il 30 giugno dell’anno successivo.
Questo complesso processo amministrativo e contabile costringerà i comuni a fronteggiare l’onere di anticipare gli importi, anche se in molti casi modesti, tenendo conto del tasso di mancata riscossione della TARI.
Inoltre, la riscossione delle componenti deve avvenire in modo che il comune possa contabilizzarle separatamente al momento dell’incasso, richiedendo l’utilizzo di un codice tributo specifico nel modello F24 o la gestione di flussi separati nel caso di riscossione tramite PagoPA.
In conclusione, l‘aumento della TARI per il 2024 si prospetta come una sfida complessa, coinvolgendo sia gli aggiornamenti tariffari derivanti dall’inflazione che le nuove componenti perequative introdotte dalla delibera Arera n. 386/2023.
I comuni dovranno affrontare non solo la necessità di bilanciare gli aumenti tariffari con le esigenze dei cittadini, ma anche la gestione intricata delle nuove disposizioni normative. Resta da vedere come le amministrazioni locali affronteranno queste sfide e quali strategie adotteranno per garantire una gestione efficace della TARI nel 2024.
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Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it