cartelle esattorialiAl fine di assolvere all’obbligo motivazionale è sufficiente che nella cartella di pagamento venga richiamato l’avviso di accertamento impugnato e la pronuncia giudiziale. La suprema Corte, con sentenza n. 12661 del 17 giugno 2016, ha stabilito che lo sgravio parziale di una cartella di pagamento, con riduzione della pretesa impositiva originariamente iscritta a ruolo, conseguente a un giudicato tributario, non necessita di una motivazione particolare, in quanto non costituisce esercizio di una nuova pretesa fiscale.

 

I fatti di causa

 

L’Agenzia delle Entrate, in esecuzione di un giudicato tributario formatosi a seguito della controversia instaurata per maggiore Irpef dovuta in relazione agli avvisi di accertamento emessi, per l’anno 1991, a carico di varie società e dei soci, quanto al loro reddito di partecipazione, iscriveva a ruolo, a titolo definitivo, le somme dovute in dipendenza di tale giudicato, con il quale erano stati confermati solo gli accertamenti a carico di una delle tre società e di due soci, senza applicare le sanzioni poiché intrasmissibili agli eredi, i quali impugnavano la conseguente cartella di pagamento.

 

I giudici d’appello, nel respingere il gravame proposto dall’ente impositore, confermavano la decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso dei contribuenti, sostenendo che la motivazione, sia della cartella di pagamento sia del successivo atto di sgravio parziale, emesso in autotutela con riduzione dell’importo accertato originariamente, costituente “novazione” della pretesa impositiva, non aveva consentito agli eredi del defunto socio di conoscere “gli obblighi tributari a loro carico” e, più specificamente, le modalità di calcolo impiegate dall’ufficio per la determinazione del debito ereditario.

 

Con ricorso per cassazione, l’Agenzia delle Entrate eccepiva, in primis, che nella fattispecie in esame non sussiste alcun vizio di motivazione della cartella di pagamento, tenuto conto del fatto che è sufficiente il solo richiamo all’avviso di accertamento in precedenza impugnato e alla sentenza della Commissione tributaria passata in giudicato e, in secundis, che, qualificato lo sgravio parziale come atto emesso in sostituzione del precedente atto impositivo, non si realizza alcuna novazione dell’originaria pretesa fiscale.

 

La pronuncia

 

La suprema Corte accoglie entrambi i motivi di impugnazione dell’Agenzia, confermando la pretesa fiscale. Con riferimento al primo motivo, richiamando consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto, la Cassazione, nella sentenza in commento, afferma che “… l’iscrizione a ruolo di cui alla cartella qui impugnata, stante il richiamo espresso ad un previo accertamento impugnato ed alla pronuncia giudiziale, divenuta definitiva, che lo aveva parzialmente confermato, costituiva un semplice atto di riscossione (Cass. ord. 7666/2015), cosicché la stessa cartella di pagamento deve considerarsi adeguatamente motivata a mezzo dell’indicazione del titolo da cui la pretesa si origina, titolo che è appunto l’atto impositivo originario, come parzialmente annullato dal giudice tributario” (Cassazione, pronunce nn. 26441/2014, 6672/2012 e 11466/2011).

 

Riguardo al secondo motivo di censura, la Corte torna ancora sulla differenza tra autotutela “sostitutiva” e accertamento integrativo. In particolare, la giurisprudenza di legittimità (cfr, Cassazione nn. 3248/2016 e 4029/2015) ha riconosciuto estensivamente il potere di autotutela della Pubblica amministrazione in materia tributaria (articolo 2-quater, comma 1, Dl 564/1994) anche all’ipotesi di intervento “sostitutivo”, affermando che l’avviso di accertamento emesso in sostituzione di un altro, precedentemente annullato, non si risolve in una mera integrazione di quest’ultimo, ma costituisce esercizio dell’ordinario potere di accertamento, non consumatosi attraverso l’emanazione dell’atto annullato, anche in conformità ai principi di cui agli articoli 53 e 97 della Costituzione, nonché del generale potere di autotutela. Per la Cassazione, si tratta di “innovazioni che possono investire tutti gli elementi strutturali dell’atto, costituiti dai destinatari, dall’oggetto e dal contenuto e può condurre alla mera eliminazione dal/ mondo giuridico, del precedente o alla sua eliminazione ed alla contestuale sostituzione con un nuovo provvedimento diversamente strutturato…” (cfr, Cassazione nn. 4372/2011 e 15874/2009).

 

L’esercizio dell’autotutela “sostitutiva” va, pertanto, tenuto distinto dal potere di integrare un precedente atto, in quanto non presuppone la sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, come prescritto dall’articolo 43 del Dpr 600/1973 o dall’articolo 57 del Dpr 633/1972, ma può aver luogo anche sulla base di una diversa e più approfondita valutazione di quelli già in possesso dell’ufficio. Il potere di sostituzione dell’atto impositivo incontra i soli limiti di decadenza del termine per l’accertamento fissati dalle singole leggi d’imposta e del divieto o elusione del giudicato sostanziale formatosi sull’atto viziato (Cassazione, nn. 26420/2006 e 11114/2003).

 

Ciò posto, nella sentenza in esame, i supremi giudici affermano che “… mentre l’integrazione o la modificazione in aumento dell’accertamento originario deve necessariamente formalizzarsi nell’adozione di un nuovo avviso di accertamento – specificamente motivato a garanzia del contribuente che ne è destinatario – il quale si aggiunge a quello originario, ovvero lo sostituisce -, l’integrazione o la modificazione in diminuzione, non integrando una “nuova” pretesa tributaria, ma soltanto una pretesa “minore”, non necessita neppure di una forma o di una motivazione particolari (Cass. n. 12814/2000; Cass. 22019/2014; Cass. 22240 /2015)“. La Cassazione fa, quindi, rilevare che lo sgravio parziale, in autotutela, di una cartella di pagamento, con riduzione della pretesa impositiva originariamente iscritta a ruolo e in esecuzione di un giudicato tributario che, nel caso di specie, ha ritenuto legittimo l’accertamento originario solo con riferimento a una delle tre società partecipate dai soci, stante, peraltro, l’intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni, non necessitava di una motivazione particolare, in quanto non realizzava alcun effetto novativo-sostitutivo e non costituiva esercizio di una nuova pretesa fiscale.