accesso sanitaI giudici europei sono chiamati a pronunciarsi su una domanda proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Corte amministrativa suprema del Portogallo con decisione del 12 marzo 2014. La questione pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 9, della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi. La controversia è relativa a un diverbio in materia di imposta sul valore aggiunto scaturito nei confronti dell’amministrazione finanziaria nazionale in merito all’assoggettamento della società ricorrente all’Iva per le proprie attività in materia di programmazione e di gestione del servizio sanitario della regione autonoma delle Azzorre.

 

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

Nel marzo 2011 l’amministrazione finanziaria portoghese  proponeva alcune rettifiche con riguardo all’Iva dovuta dalla società ricorrente per le proprie attività relative agli anni dal 2007 al 2010. Nella conseguente relazione l’Erario pubblico, in particolare,  ha riscontrato che tenuto conto del suo regime giuridico, la società non poteva far valere la norma di non assoggettamento all’Iva degli enti di diritto pubblico prevista dall’articolo 2, paragrafo 2, del codice Iva. In altri termini, secondo tale amministrazione, i servizi forniti dalla Saudaçor in materia di programmazione e di gestione del servizio sanitario regionale, nell’ambito dei contratti programma riguardano settori di attività che rientrano nell’iniziativa privata, il che implica che il non assoggettamento all’Iva potrebbe dar luogo a distorsioni della concorrenza. Ecco che allora veniva proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo e fiscale contro gli avvisi di accertamento dell’Iva e degli interessi di mora emessi a suo carico. Con propria sentenza suddetto giudice ha respinto tale ricorso argomentando, che ai fini dell’interpretazione della norma di non assoggettamento all’Iva degli enti di diritto pubblico prevista dall’articolo 13, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2006/112, non occorre fare riferimento alla nozione di «ente di diritto pubblico». Secondo lo stesso giudice, detta norma di non assoggettamento all’Iva non ricomprende un ente come la società ricorrente. Secondo la giurisprudenza della Corte solo le attività di enti di diritto pubblico che agiscono in qualità di pubbliche autorità sono escluse dall’assoggettamento all’Iva. Alla luce di quanto sopra, la Corte amministrativa suprema decideva di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte talune questioni pregiudiziali.

 

Le questioni pregiudiziali

 

Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, se l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che costituisce un’attività economica, ai sensi di tale disposizione, un’attività come quella di cui trattasi nel procedimento principale. Con la prima, la seconda e la quarta questione pregiudiziale, che occorre esaminare congiuntamente e in secondo luogo, il giudice del rinvio chiede se l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 debba essere interpretato nel senso che ricade nella norma di non assoggettamento all’Iva, un’attività come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

 

Analisi delle questioni pregiudiziali

 

La possibilità di qualificare una prestazione di servizi come operazione a titolo oneroso presuppone unicamente l’esistenza di un nesso diretto tra tale prestazione e un corrispettivo effettivamente percepito dal soggetto passivo. Tenuto conto della natura dell’analisi da effettuare, e come già deciso dalla Corte, spetta al giudice nazionale qualificare le attività di cui trattasi nel procedimento principale in base ai criteri individuati dalla Corte. Nel caso di specie spetta al giudice del rinvio verificare se dagli elementi del fascicolo risulti che le attività di tale società siano effettuate a titolo oneroso e, di conseguenza, abbiano carattere economico. In considerazione della natura permanente e continuativa delle prestazioni di programmazione e di gestione di cui alla fattispecie principale, la circostanza che tale indennizzo non sia fissato in funzione di prestazioni personalizzate, ma in modo forfettario e su una base annua diretta a coprire le spese di funzionamento di tale società non è di per sé tale da compromettere il nesso diretto esistente tra la prestazione di servizi effettuata e il corrispettivo ricevuto.  Sebbene l’obiettivo di attuare un servizio sanitario nazionale universale e potenzialmente gratuito che deve essere sostanzialmente finanziato mediante risorse pubbliche sia preso in considerazione nell’ambito del sistema comune dell’Iva, è pacifico che l’attività di programmazione e di gestione del servizio sanitario regionale, di cui trattasi nel procedimento principale, non rientra in nessuna di tali esenzioni. Come risulta da una giurisprudenza costante della Corte, un’analisi dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 alla luce degli obiettivi di quest’ultima sottolinea la necessità di soddisfare congiuntamente due condizioni ai fini dell’applicabilità della norma di non assoggettamento a imposta. La prima condizione è l’esercizio di attività da parte di un ente pubblico, mentre la seconda è quella dell’esercizio di attività in veste di pubblica autorità.
 

La pronuncia della Corte

 

I giudici della quarta sezione della Corte di giustizia europea si sono pronunciati nel senso che l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema Iva, deve essere interpretato nel senso che costituisce un’attività economica, ai sensi di tale disposizione, un’attività come quella di cui trattasi nel procedimento principale. L’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/112 deve essere interpretato nel senso che ricade nella norma di non assoggettamento all’imposta sul valore aggiunto, un’attività come quella di cui trattasi nel procedimento principale, consistente, per una società, nel fornire a una regione taluni servizi in materia di programmazione e di gestione del servizio sanitario regionale conformemente ai contratti programma conclusi tra tale società e detta regione, nell’ipotesi in cui tale attività costituisca un’attività economica ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 1, di detta direttiva.