Nella sentenza n. 5148/2016, la Corte di legittimità è stata chiamata a pronunciarsi su una questione un po’ particolare. Una società contribuente, dopo l’entrata in vigore della legge n. 350/2003 – che ha esteso i benefici condonostici della legge n. 289/2002 anche al periodo d’imposta 2002 – aveva effettuato il versamento integrativo a titolo Iva e presentato in via telematica la dichiarazione integrativa relativa al 2002.
Nel modello della dichiarazione integrativa, in cui aveva richiesto il condono tombale ex articolo 9 della legge n. 289/2002 – ai fini della imposte sui redditi – e il condono previsto dall’articolo 8 della medesima legge – ai fini della maggiore Iva dovuta – la contribuente aveva errato nel riportare i dati concernenti l’Iva sia nel quadro A, relativo al condono ex articolo 8, sia nel quadro C, relativo al condono ex articolo 9.
L’Amministrazione finanziaria, ritenendo che la società avesse inteso richiedere soltanto il condono tombale anche per la maggiore Iva – liquidata in misura inferiore a quanto previsto dall’articolo 9 della legge n. 289/2002 – aveva provveduto a rideterminare gli importi dovuti, emettendo apposita cartella di pagamento per il recupero della differenza.
La società contribuente, nell’impugnare tale cartella, ha rivendicato l’esistenza di un errore materiale, sostenendo che lo stesso ben poteva essere rilevato dall’ufficio, in quanto la dichiarazione integrativa risultava presentata ai fini Iva per il solo 2002 e non per tutte le annualità.
Posto che l’articolo 2, comma 44, lettera d), della legge n. 350/2003, sanzionava con la nullità la dichiarazione integrativa presentata ai fini del condono tombale, nel caso in cui non comprendesse “tutti i periodi di imposta per i quali le relative dichiarazioni sono state presentate entro il 31 ottobre 2003” – a parere della società – l’ufficio avrebbe dovuto dichiarare la nullità della dichiarazione integrativa per l’Iva 2002 e non recuperare, come invece fatto, la differenza delle somme a titolo di condono tombale.
Ebbene il Collegio, andando di contrario avviso rispetto a quanto sostenuto dalla parte contribuente, ha ritenuto, invece, legittima la cartella con la quale l’ufficio aveva recuperato la differenza della somma dovuta ex condono tombale alla luce di quanto (erroneamente) esposto nella dichiarazione integrativa. Ciò innanzitutto per il fatto che, a suo dire, l’errore commesso dalla società non si presentava come un errore materiale oggettivamente riconoscibile, visto che, nella specie, la società aveva già definito le precedenti annualità presentando apposita dichiarazione integrativa e aveva presentato la successiva dichiarazione integrativa per estendere il condono all’anno 2002 e quindi ben poteva la dichiarazione integrativa riferirsi anche solo al 2002.
Quanto poi agli effetti dell’inefficacia del condono tombale Iva per incompatibilità con il diritto comunitario, i supremi Giudici hanno chiarito – e questo è il principio che rende la sentenza interessante per la sua portata “conservativa” – che detta inefficacia non determina l’invalidità “derivata” della cartella di pagamento emessa ex articolo 54-bis del Dpr n. 633/1972 in seguito al controllo di errori nella liquidazione di minori importi liquidati nella dichiarazione integrativa presentata dal contribuente, non rilevando tale inefficacia sull’obbligo dello Stato membro di recuperare il tributo armonizzato anche se nel minor importo dovuto ex condono.
In altre parole, se vi è una possibilità di recupero del tributo armonizzato dovuto e non versato nell’ambito di una procedura di condono ritenuta inefficace e non è possibile procedere con il recupero integrale dello stesso, per evitare che lo Stato italiano venga sanzionato per questo “danno” è bene che recuperi il recuperabile e, quindi, anche solo la differenza, minore, tra l’importo dovuto ex condono (inefficace) e quello versato nell’ambito della procedura riconosciuta incompatibile con il diritto comunitario.