Con la circolare n. 18/E del 28 aprile 2015, l’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti in merito agli effetti fiscali derivanti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 10 dell’11 febbraio scorso, con la quale è stata dichiarata incostituzionale l’addizionale Ires per il settore energetico (“Robin Hood tax”, Rht) e ha dato risposta ad alcuni dubbi interpretativi posti dagli operatori specializzati in relazione all’applicazione della suddetta addizionale.
La norma dichiarata incostituzionale (articolo 81, commi 16, 17 e 18 del Dl 112/2008) prevedeva, per determinate categorie di contribuenti che operano nel settore petrolifero ed energetico, l’applicazione di un’addizionale all’imposta sul reddito delle società, con un’aliquota del 5,5%, elevata dapprima al 6,5% e successivamente aumentata – per i tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010 – di 4 punti percentuali. L’addizionale era finalizzata a colpire il conseguimento di “sovra-profitti” da parte delle aziende energetiche e petrolifere, determinati dalla crescita speculativa delle quotazioni delle materie prime, con lo scopo di perseguire finalità solidaristiche. Trovava applicazione qualora, nel periodo d’imposta precedente, l’impresa avesse realizzato un volume di ricavi superiore a 3 milioni di euro e un reddito imponibile superiore a 300mila euro.
La questione di legittimità costituzionale era stata sollevata dalla Ctp di Reggio Emilia nel corso del 2011, facendo seguito al ricorso proposto da una rete di punti vendita di carburanti contro la direzione provinciale delle Entrate di Reggio Emilia.
La circolare affronta, nella prima parte, le problematiche legate alla declaratoria di incostituzionalità e alla modalità di utilizzo delle eccedenze di Rht versate negli anni precedenti alla sentenza che non trovano utilizzo nel saldo d’imposta relativo al 2014, mentre nella seconda parte risponde a quesiti relativi all’utilizzo delle perdite fiscali pregresse.
L’Agenzia delle Entrate prende spunto dalla sentenza per sintetizzare gli elementi che hanno portato la Corte costituzionale alla declaratoria di illegittimità della Robin Hood tax. Vengono evidenziati, in particolare:
la violazione dei principi di uguaglianza e della capacità contributiva (articoli 3 e 53 della Costituzione) l’assenza di una delimitazione temporale della Rht, che la rendeva di fatto “strutturale” anziché transitoria l’assenza di meccanismi di controllo atti a garantire il divieto di traslazione degli oneri sui prezzi al consumo.
Al riguardo, la Consulta definisce la Rht come una vera e propria maggiorazione dell’aliquota Ires, essendo sprovvista di un meccanismo “che consenta di tassare separatamente solo l’eventuale parte di reddito suppletivo connessa alla posizione privilegiata dell’attività esercitata dal contribuente al permanere di una data congiuntura”.
Gli effetti della dichiarazione di illegittimità costituzionale decorrono dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale, per evitare effetti distorsivi sul bilancio dello Stato tali da giustificare una ulteriore manovra finanziaria. Pertanto, la norma in oggetto dichiarata incostituzionale cessa di produrre effetti giuridici dal 12 febbraio 2015.
Con la circolare 18/2015, l’Agenzia precisa che la declaratoria di incostituzionalità della Rht non produce effetti sulle obbligazioni tributarie riguardanti adempimenti relativi ai periodi d’imposta chiusi prima del 12 febbraio 2015.
Pertanto, i soggetti con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare saranno tenuti, per il 2014, sia al versamento degli acconti dovuti nel corso dello stesso 2014 sia al versamento del saldo entro la scadenza ordinaria del 16 giugno 2015. Gli stessi soggetti, invece, non saranno assoggettati alla Rht con riferimento al periodo d’imposta 2015.
Per quanto riguarda, invece, i soggetti il cui esercizio sociale non è coincidente con l’anno solare, gli stessi non saranno assoggettati alla Rht nel caso in cui la chiusura dell’esercizio dovesse avvenire successivamente al 12 febbraio 2015.
Vengono chiarite le modalità di utilizzo delle eventuali eccedenze di Rht versate negli anni precedenti alla sentenza che non trovino utilizzo nel saldo d’imposta relativo al 2014.
Pur partendo dall’assunto che la Rht costituisce una maggiorazione dell’aliquota Ires ordinaria che colpisce la medesima base imponibile del tributo, l’Agenzia ritiene che l’addizionale mantenga, rispetto all’Ires, una specifica connotazione che non consente di qualificarne l’eventuale eccedenza di versamento come eccedenza Ires in senso proprio. Ne consegue che tra i due tributi non è possibile operare compensazioni “verticali”, cioè senza limiti quantitativi.
Pertanto, le eccedenze Rht possono essere utilizzate: richiedendole a rimborso compensandole “orizzontalmente”, entro il limite massimo annuale di 700mila euro cedendole alla consolidante ai fini della compensazione con l’Ires (articolo 7, comma 1, lettera b), del Dm 9 giugno 2004).
La circolare affronta poi alcune questioni di natura interpretativa poste all’attenzione dell’Agenzia dalle associazioni di categoria.
Poiché la Rht può essere considerata una mera maggiorazione dell’aliquota Ires che colpisce la stessa base imponibile (circolare 35/2010), l’utilizzo delle perdite pregresse a disposizione dell’impresa riduce sia la base imponibile dell’Ires sia quella dell’addizionale. In sostanza, il regime ordinario di riporto delle perdite pregresse deve trovare applicazione indistintamente tanto per l’Ires ordinaria quanto per la Robin Hood tax, a prescindere dal periodo in cui esse sono maturate.
Per quanto riguarda il reddito imponibile rilevante ai fini dell’applicazione della Rht, l’Agenzia chiarisce che occorre far riferimento alla nozione di reddito di cui all’articolo 84, comma 1, quarto periodo, del Tuir, pertanto al reddito imponibile di periodo al netto delle perdite pregresse.