rinuncia-eredita-impugnazioneUna recente sentenza in materia fiscale spiega meglio il meccanismo della rinuncia all’eredità e dell’impugnazione della medesima: ecco i dettagli.


La situazione affrontata dalla recente gurisprudenza coinvolge i creditori che ha agito contro un debitore ai sensi dell’articolo 481 del Codice Civile, il quale consente al cittadino che si trova ad essere in condizione di erede di dichiarare se accetta o rinuncia all’eredità entro un certo termine.

Scopriamo dunque meglio come funziona questo meccanismo.

Perché rinunciare a un’eredità?

Quando si ereditano beni, specialmente se ci sono debiti rilevanti coinvolti, è comune che si provi una certa riluttanza nell’accettare l’eredità.

La ragione principale di questa esitazione è che una volta che la successione è stata completata e questi beni entrano ufficialmente nel patrimonio dell’erede, i creditori di quest’ultimo possono perseguirli per il recupero dei debiti.

Di conseguenza, a volte si opta per la rinuncia all’eredità, almeno fino a quando i debiti non cadono in prescrizione o fino a quando i creditori non si scoraggiano e decidono di abbandonare il perseguimento dei debiti ereditari.

Perché si impugna una rinuncia?

Tuttavia la decisione di rinunciare all’eredità da parte di un potenziale erede può comportare conseguenze per i creditori di quest’ultimo, soprattutto quando il patrimonio personale dell’erede è insufficiente per coprire eventuali azioni esecutive.

In tali circostanze, i creditori del rinunciante hanno la possibilità di rivolgersi al tribunale. Attraverso una procedura legale regolare, possono ottenere l’autorizzazione del giudice per accettare l’eredità al posto del rinunciante, ma unicamente con l’obiettivo di soddisfare i loro crediti utilizzando i beni ereditari.

Rinuncia all’eredità e impugnazione

L’articolo 524 del Codice Civile solleva questioni complesse riguardo all’accettazione dell’eredità e alle eventuali azioni legali conseguenti.

In primo luogo la trascrizione dell’azione legale deve essere effettuata contro l’effettivo erede accettante o, in mancanza di questo, nei confronti dell’eredità nelle mani del curatore nominato dal Tribunale.

Ma attenzione: l’impugnazione nel merito di un atto impositivo costituisce un’ipotesi di accettazione tacita dell’eredità.

In tale prospettiva, a nulla rileva che, successivamente, intervenga la rinuncia, posto che il chiamato che accetti (anche tacitamente) l’eredità si intende definitivamente decaduto dal diritto di rinunciarvi. In altre parole: semel heres, semper heres.

Diverso è il caso in cui il chiamato che sia stato destinatario di un atto impositivo lo impugni eccependo la propria carenza di legittimazione passiva: tale comportamento, infatti, non manifesta l’intenzione di accettare l’eredità.

Inoltre, come indicato dalla Cassazione Civile con la Sentenza 25347/2023 l’azione prevista dall’articolo 524 del Codice Civile è ammissibile solo quando i creditori hanno richiesto, secondo quanto stabilito nell’articolo 481 del Codice Civile, di fissare un termine entro il quale il beneficiario deve dichiarare se accetta o rinuncia all’eredità.

Questo tuttavia vale quando non è ancora scaduto il periodo di prescrizione previsto per il diritto di accettare l’eredità e non in altri casi.

In caso contrario, si rischierebbe di confondere i creditori, comportando potenzialmente danni per coloro che intendono accettare l’eredità e che si basano sulla scadenza di un termine di prescrizione inferiore a quello ordinario per l’azione dei creditori.

 


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it