accertamento societa persone sociLa norma che ha differito il termine di decadenza dai controlli ha intento antielusivo; non estenderla alle domande ancora in ballo significa disattenderne la finalità. Il differimento del termine di decadenza dall’accertamento, previsto dall’articolo 57 del Dpr 633/972 in caso di richiesta di rimborso dell’eccedenza Iva detraibile (e applicabile se tra la data di notifica della richiesta di documenti da parte dell’ufficio e quella della loro consegna intercorre un periodo superiore a quindici giorni) si applica anche retroattivamente ovvero anche a quelle annualità per le quali il termine di decadenza ordinario non sia ancora decorso al momento di entrata in vigore della disposizione, avvenuta il 1° gennaio 1998.

 

Lo ha ribadito la Cassazione con la sentenza n. 16972 dell’11 agosto 2016, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate.

 

Vicenda processuale e inquadramento normativo

 

L’Agenzia proponeva ricorso per cassazione avverso una sentenza con cui la Ctr della Liguria, in riforma della pronuncia di primo grado, aveva annullato un avviso di accertamento relativo a una dichiarazione Iva del 1994, notificato al contribuente nell’agosto 2004 in applicazione del differimento del termine ordinario per l’accertamento, previsto dall’articolo 57, comma 1, del Dpr 633/1972. Secondo i giudici di appello, nel caso concreto, il termine per l’accertamento doveva ritenersi scaduto il 31 dicembre 1999, in quanto la modifica al predetto articolo 57 decorreva solo dal 1° gennaio 1998, rendendosi applicabile solo alle dichiarazioni Iva a rimborso presentate successivamente a tale data.

 

Sul punto, ricordiamo che i rimborsi Iva vengono sottoposti a dei controlli da parte degli uffici competenti, per verificarne la spettanza. Tali controlli possono essere sia formali sia sostanziali. Usualmente, consistono nella verifica:

 

 

  • di assenza di errori materiali o di calcolo
  • di esistenza del soggetto che chiede il rimborso ovvero di effettivo svolgimento dell’attività d’impresa, in particolare se si tratta di primo rimborso chiesto dal contribuente
  • che il soggetto richiedente non sia una società non operativa
  • delle compensazioni effettuate utilizzando il modello F24 e dell’ammontare dei rimborsi erogati in conto fiscale
  • della presenza di carichi pendenti
  • della sussistenza dei presupposti per l’erogazione prioritaria
  • della sussistenza, in capo all’istante, sia dell’effettiva esistenza del credito Iva sia della presenza dei presupposti previsti dalla norma per poter chiedere il rimborso.

 

 

Per effettuare questi controlli, l’ufficio provvede alla richiesta della documentazione a supporto del credito chiesto a rimborso. La richiesta va notificata anche tramite posta raccomandata con ricevuta di ritorno. Il contribuente dovrà presentare la documentazione richiesta entro 15 giorni dalla data di notifica; ove dovesse presentarla oltre tale termine, non percepirà interessi per tutto il periodo intercorrente dalla data di notifica della richiesta della documentazione sino alla data della sua consegna. Inoltre, dal 1° gennaio 1998, l’articolo 57, primo comma, del Dpr 633/1972, prevede che, se la documentazione richiesta viene presentata oltre il termine dei 15 giorni, si ha il prolungamento del termine decadenziale per l’accertamento di un periodo pari a quello che va dal sedicesimo giorno successivo alla richiesta di documentazione sino alla data di consegna della stessa.

 

La norma ha funzione antielusiva, in quanto ha la finalità di evitare le frodi o il mancato assolvimento dell’imposta a danno dell’Erario, da parte di quei contribuenti che, non ottemperando deliberatamente alla richiesta di documentazione dell’ufficio, mirano a far decorrere i termini di decadenza, allo scopo di legittimare posizioni irregolari o debitorie. L’ufficio, infatti, si troverebbe nell’impossibilità di poter effettuare i necessari controlli.

 

Con l’unico motivo di ricorso, l’Agenzia delle Entrate denunciava la violazione dell’articolo 57 del Dpr 633/1972 poiché, a differenza di quanto ritenuto dai giudici di secondo grado, il differimento dell’ordinario termine per l’accertamento doveva applicarsi anche ai casi (come quello della fattispecie concreta) in cui, al momento dell’entrata in vigore della novità normativa, il termine in questione non fosse ancora decorso.

 

La sentenza

 

La Cassazione ha giudicato fondato il motivo di ricorso e, decidendo nel merito la controversia, ha rigettato definitivamente il ricorso introduttivo del contribuente. Secondo i giudici di legittimità, la questione di diritto intertemporale va risolta nel senso prospettato dall’Agenzia delle Entrate. Milita a favore di tale soluzione, innanzitutto, un’interpretazione letterale della norma che ha modificato l’articolo 57 (ovvero l’articolo 11, comma 8, del Dlgs 313/1997), secondo cui “le disposizioni del presente decreto legislativo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 1998”. Ritenere tale disposizione applicabile solo alle dichiarazioni presentate dal 1° gennaio 1998, significherebbe introdurre nella norma un elemento letterale (le dichiarazioni appunto) che la stessa non contempla.

 

Inoltre, da un punto di vista logico, se la norma fa riferimento al termine di decadenza dall’accertamento differendone la scadenza, è a esso che bisogna riferirsi per l’applicazione della stessa; di conseguenza, “se al 1° gennaio 1998 quel termine — come è appunto accaduto nella specie — non sia ancora decorso, è su quel termine che si rifletterà la proroga, diversamente risultandone altresì frustrate le finalità antielusive di essa in relazione a quei contribuenti che, pur essendo a quella data ancora passibili di accertamento, godrebbero dell’assurdo privilegio di poter continuare a presentare i documenti richiesti dall’ufficio quando il termine dell’accertamento sia scaduto o sia prossimo alla scadenza”.